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Avversari leali con il Pd e alternativi a M5S. Scalfarotto spiega Italia Viva

La Lepolda più partecipata di sempre. Gli spazi, seppur ampi, della stazione fiorentina non sono bastati ad ospitare ieri i tanti curiosi e sostenitori dell’ex sindaco di Firenze. Matteo Renzi dal palco ha mandato più volte i suoi saluti e i suoi abbracci a “chi è rimasto fuori”. Le persone assiepate davanti ai maxischermi allestiti all’esterno della Leopolda sono la testimonianza in carne e ossa della consistenza della comunità alla quale si rivolge e della sua base elettorale non solo potenziale.

La Leopolda 2019, che vuole proiettarsi nei prossimi 10 anni, è la prima in cui a confrontarsi sul palco della stazione fiorentina non è l’area più liberal del Pd ma un partito con un simbolo scelto dalla base e presentato nel corso della seconda giornata della Leopolda che punta a diventare pivot del sistema partitico italiano.

Delle prospettive, le visioni e le politiche che Italia Viva vuole mettere in campo abbiamo parlato con Ivan Scalfarotto, sottosegretario al ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.

Italia Viva è un partito di sinistra?

Certo, è un partito progressista. Un partito del centro sinistra europeo.

Più voci di Italia Viva hanno fatto aperture sia al centro che al centrodestra. Non solo agli elettori ma anche agli eletti. Italia Viva guarderà più a sinistra o più al centro?

Italia Viva è un partito del centro sinistra europeo. Lo considero un partito liberal democratico, se proprio dovessi dare una definizione. Un partito di coloro che, davanti a una società chiusa, protezionista, sovranista, davanti a una prospettiva di governo che combatte la democrazia liberale e parlamentare difende, invece, tutti questi valori. Ecco siamo un partito europeista, un partito che tende a guardare a una società aperta, che non è protezionista nel commercio internazionale, che rispetto al futuro ha un atteggiamento non impaurito ma fiducioso. Un partito che pensa che l’Italia ha in sé punti di forza tali da poter provare, con quei punti di forza, a risolvere i suoi punti di debolezza. È un partito consapevole di quanto l’Italia sia rispettata nel mondo, di quanto sia capace di produrre eccellenza, qualità, e quindi che tende a puntare al futuro come una prospettiva che certo può creare inquietudini ma offrire anche delle opportunità. Se guardo la politica oggi mi accorgo che tende a polarizzarsi molto, sia a destra che a sinistra, rispetto alla protezione di un pericolo. Questo è ciò che i partiti tradizionali offrono.

E Italia Viva cosa offre?

Noi offriamo una lettura diversa che invita a guardare il futuro con fiducia, consapevoli delle difficoltà ma sicuri che ci siano delle opportunità. Noi vogliamo provare a coglierle e non a farci schiacciare dalle inquietudini.

Lei come immagina il rapporto con il Pd, soprattutto se l’alleanza con il M5S continuerà anche per le elezioni amministrative?

In una situazione ordinaria io mi considero alternativo al M5S. Per esempio io sono un forte sostenitore della democrazia parlamentare. Il progetto di riforme che ha portato avanti l’attuale sottosegretario Fraccaro, all’epoca ministro delle Riforme, è lontanissimo dalla mia visione. L’accordo con il M5S è figlio di una situazione di forza maggiore. Quindi non mi immagino alleato stabilmente con il M5S.

E con il Pd?

Con il Pd ci sono tante battaglie che si possono fare insieme. Moltissime persone del Pd sono amici, persone che stimo e alle quali sono molto affezionato ma ci sono anche molte differenze. È giusto che i due partiti sottolineino le loro differenze in una dialettica serena, non accesa ma consapevoli di rappresentare posizioni diverse. C’è chi pensa che il Jobs Act sia stato un errore e chi crede sia stata una buona legge, così come la riforma costituzionale del 2016. Avremo un rapporto tra partiti avversari ma leali, dato anche il trascorso personale di molti di noi.

La Leopolda ha aperto la sua seconda giornata di lavori con un intervento della ministra Elena Bonetti sulla denatalità. Quali sono le politiche che Italia Viva vuole mettere in campo?

Crediamo che chi fa figli non ne debba pagare il prezzo, non solo economico ma anche rispetto alla partecipazione alla vita sociale del Paese. Penso alle difficoltà delle donne di coniugare lavoro e maternità. Questo si tramuta in un danno economico per il Paese, è accertato dagli economisti che uno dei nostri gap rispetto a Francia e Germania è legato alla minore partecipazione delle donne al mondo del lavoro. Ma fintanto che il carico di assistenza e di cura sarà tutto sulle spalle delle donne è evidente che ci saranno delle ripercussioni. Detto in altre parole sto parlando di asili nido, aiuti economici, ma anche di qualcosa che si era già fatto in passato come il bonus baby sitter. Agevolare la natalità è un modo per sostenere le famiglie.

Dal palco Marina Pizziolo, storica e critica d’arte internazionale che ha partecipato al tavolo della ministra Bonetti, ha legato la denatalità del nostro Paese all’immigrazione, suggerendo una politica migratoria più morbida rispetto a quella che c’è ora. Secondo lei, in tema di immigrazione, qual è la strada che dovrebbe seguire Italia Viva per non perdere consenso elettorale?

Io non credo che si dovrebbe parlare di apertura indiscriminata dei confini, non esiste in nessuna parte del mondo. Quello che bisogna fare è controllare i propri confini in modo che chi non ha diritto non può transitare o risiedere nel Paese, ma anche fare in modo che ci siano dei canali di immigrazione, regolare quando il Paese ne ha bisogno. Conosciamo i grossi problemi di denatalità e sappiamo che esistono delle posizioni lavorative per le quali gli italiani vogliono assumere stranieri, debbono assumere stranieri che poi, tra l’altro, pagano i contributi, pagano le tasse. Quello che bisogna fare, in modo laico, è capire quanto questo fabbisogno è esteso, stabilire queste quantità e stabilire con quali criteri è possibile accedere legalmente nel Paese. Oggi è molto complicato entrare legalmente in Italia. La legge Bossi-Fini non dà alternative all’ingresso attraverso visti umanitari. Io innanzitutto comincerei ad abbassare i toni del dibattito perché fino ad ora sono stati troppo accesi, esacerbati e parossistici. Un dibattito pubblico urlato è stato un po’ il marchio di fabbrica del governo precedente. Se cominciassimo a ragionare sui dati, sui fabbisogni, sul contributo degli immigrati regolari al sistema pensionistico italiano, dati che anche Tito Boeri, quando era presidente dell’Inps, ci ha spiegato molto bene, potremmo approcciare la questione in maniera razionale e trovare, magari, una soluzione.

Italia Viva si definisce europeista. Alla luce dell’attacco della Turchia ai curdi, secondo lei è ancora pensabile un futuro ingresso della Turchia nell’Ue.

I negoziati con la Turchia sono di fatto congelati, c’è una preoccupazione vivissima per la democrazia, la libertà di stampa, per i diritti dei cittadini. Fintanto che questi parametri non sono rispettati, non possono esserci nuovi ingressi nell’Ue. Dopo di che sbaglia chi, come la destra italiana, ritiene che la Turchia non sia ontologicamente idonea a entrare in Europa. Io credo che ci sia una Turchia democratica con la quale i canali vanno tenuti aperti, penso per esempio alla recente elezione del sindaco di Istanbul. Dobbiamo sempre pensare che quando abbandoniamo un Paese a se stesso perché retto da un governo poco democratico, sicuramente portiamo un danno a quel governo ma anche alla sua popolazione che non necessariamente è compatta dietro quella leadership. Al momento non si può pensare di allargare l’Ue alla Turchia ma nemmeno si può pensare che la Turchia per sua stessa natura non possa entrare in Ue.



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