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Come cambia l’intelligence (e perché serve studiarla)

Quali sono le sfide per chi si occupa di intelligence? E come analizzarle con un approccio accademico? A questi quesiti proverà a dare risposta la neonata Società Italiana di Intelligence, abbreviata in SocInt, presentata nella sede parlamentare di Palazzo San Macuto, luogo simbolico, sede del Copasir, la commissione bicamerale di vigilanza sui servizi segreti.

L’OBIETTIVO

Obiettivo: promuovere in Italia la cultura e lo studio dell’intelligence, facendola riconoscere come disciplina accademica, in analogia con quanto accade in altre nazioni. La realtà è costituita da una serie di docenti universitari e presieduta da Mario Caligiuri (nella foto), professore ordinario di Pedagogia della comunicazione presso l’Università della Calabria e direttore del primo Master in Intelligence delle università pubbliche italiane, promosso nel 2007 con il supporto di Francesco Cossiga.

CHI C’ERA

I primi passi della SocInt sono arrivati in un convegno i cui lavori sono stati introdotti dallo stesso presidente Caligiuri. Diversi gli interventi, di speaker provenienti dal mondo accademico, istituzionale e culturale, tra i quali il presidente della Link Campus University Vincenzo Scotti, Paolo Messa del Centro Studi Americani, il prefetto e presidente del Laboratorio sull’Intelligence dell’Università della Calabria Carlo Mosca, il prefetto Marco Valentini, il componente della Commissione Difesa della Camera dei Deputati Alberto Pagani, il professore dell’Università della Calabria Domenico Talia, il presidente della Fondazione Crui e rettore dell’Università di Udine Alberto Felice De Toni, il componente dell’Anvur e già rettore dell’Università di Bari Antonio Felice Uricchio.

PERCHÉ NASCE

“La società italiana di intelligence”, ha spiegato Caligiuri, “nasce per evidenziare nel dibattito politico e culturale italiano la necessità e l’importanza dello studio scientifico dell’intelligence, per decifrare i segni – citando Umberto Eco ne Il nome della rosa – in una società in cui tutto sembra possibile”.

A CHI SI RIVOLGE

La nuova realtà, ha proseguito il docente, è aperta a libere adesioni attraverso il suo sito web; è orientata in modo particolare verso i docenti universitari, ma “vista la caratteristica interdisciplinare e intersettoriale è aperta agli studiosi, agli operatori del settore, agli appassionati, ai giovani.” L’intento, ha aggiunto, “è diffondere nelle università e nella società la cultura dell’intelligence”, che “rappresenta una necessità sociale del ventunesimo secolo, perché deve affrontare molti temi”, uno dei quali è “la disinformazione, emergenza democratica ed educativa di questo tempo”.

UN CAMPO IN ESPANSIONE

Allargando il punto di vista alle moderne minacce, ha detto Alberto De Toni, presidente della Fondazione Conferenza dei Rettori delle Università italiane (Crui), parlare di intelligence vuol dire anche comprendere quanto siano importanti i temi della protezione del know-how e delle informazioni all’interno delle imprese e, in generale, nel mondo della ricerca. Ma anche riflettere sulla manipolazione informativa, sui rischi per la privacy di noi utenti della Rete e altro ancora. In sintesi, ha rimarcato il rettore dell’Università di Udine. il tema dell’intelligence è partito da uno stretto perimetro di sicurezza e si è via via ampliato a tutta la società civile.

L’IMPORTANZA DELLA RICERCA

Iniziative come quelle promosse da Caligiuri, ha commentato Vincenzo Scotti, presidente della Link Campus University, sono rilevanti perché offrono agli studiosi possibilità di sperimentare che spesso mancano in ambiente universitario. Oggi, ha evidenziato, c’è uno sviluppo tecnologico che rende cruciale aprire lo studio dell’intelligence, materia multidisciplinare per eccellenza, a quanti più mondi possibili. Anche il mondo della ricerca si sta evolvendo e bisogna stare al passo, mettendosi sempre in discussione.

UN CAMBIAMENTO CULTURALE

Sia il prefetto Carlo Mosca, già vice direttore del Sisde, oggi presidente del Laboratorio di Intelligence dell’Università della Calabria, sia il prefetto Marco Valentini, hanno sottolineato che sarebbe stato impossibile parlare in questo luogo e a tante persone di una Società italiana di Intelligence. Molto è cambiato in questi anni e soprattutto è mutata la percezione dell’intelligence. Il passaggio della riforma del 2007 è notevole, tanto dal punto di vista legislativo quanto da quello culturale. Ma tanto resta ancora da fare per accreditare questa importante materia di studio anche dove ancora non lo è. E la SocInt si propone di fare questo.

UN MONDO VELOCE (E COMPLESSO)

“In un mondo che cambia continuamente come quello di oggi”, ha concluso il componente della Commissione Difesa della Camera dei Deputati Alberto Pagani, “la sfida dell’intelligence è comprendere la complessità. Si tratta di un esercizio più difficile che in passato, proprio in virtù di questi alti ritmi di cambiamento. “La semplificazione sulla base dell’esperienza precedente è pericolosissima. La sfida di oggi non è tanto la burocrazia del conoscere le informazioni, ma di metterle assieme e comprenderle per prevedere l’imprevedibile”.

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