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L’industria perde, lo zucchero resta. La sugar tax vista da Mannheimer (Ibl)

Se c’è qualcuno che si deve mettere a dieta non è certo il cittadino italiano, ma lo Stato. Anche quest’anno, in occasione della prima manovra giallorosso, è tornata in auge la famigerata sugar tax, la tassa sulle bevande zuccherate, rilanciata proprio pochi giorni fa dal viceministro dell’Economia in quota Movimento Cinque Stelle, Laura Castelli. Una misura che sembra cozzare e non poco con il concetto di libero mercato e di concorrenza. Formiche.net ha chiesto il parere di Giacomo Lev Mannheimer, ricercatore presso l’Istituto Bruno Leoni.

LO STATO A DIETA

“Si tratta di una misura che ha per obiettivo dichiarato quello di far dimagrire i cittadini. Ma alla fine farà ingrassare solo lo Stato che invece è colui che si dovrebbe mettere sul serio a dieta”, spiega Mannheimer. “Noi ci occupiamo di sugar tax dal 2012 quando era ministro della Salute Balduzzi. Il fatto è che questa tassa è il classico esempio di misura che va tanto di moda e che puntano a incentivare comportamenti migliori, senza vietare nulla. Peccato che si tratti di un cattivo esempio e questo per una ragione molto semplice: si tratta di un’imposta regressiva, che colpisce le fasce meno abbienti della popolazione, che consumano di più le bibite zuccherate. Inoltre si tratta di un’imposta che affronta il problema dell’obesità criminalizzando una singola componente. Banalmente si va a colpire la bottiglia di Coca cola senza colpire il bombolone alla crema. Pretendere di risolvere un problema di tale gravità in questo modo è quanto meno ingenuo”.

MAZZATA SUI CONSUMI

La questione si può leggere anche da un altro punto di vista. Nelle settimane in cui il governo si affanna a cercare le risorse per lo stop all’Iva (23 miliardi), promesso nel Def, una tassa su beni di consumo nazional-popolari rischi di trasformarsi nell’ennesima mazzata ai consumi, visto che il costo di una lattina o bottiglietta aumenterà sugli scaffali per effetto della tassa. “Si tratta di una misura regressiva che di più non si può che peraltro colpisce le fasce che più amano questo bene. Onestamente vedo anche tanta demagogia, sembra una specie di caccia alla streghe. Facile così fare un titolo su un giornale, ma una sugar tax non risolve un bel niente, l’hanno sperimentata anche nel Regno Unito e non ha certo sconfitto l’obesità”.

Facciamo l’esempio del fumo, il cui prezzo è aumentato nel tempo ma la proporzione di fumatori tra le fasce medio basse è aumentato. Non basta aumentare le tasse per scoraggiare comportamenti dannosi alla salute, serve una consapevolezza culturale e una giusta informazione. Altro esempio: le tasse colpiscono solo l’industria mentre le classi sociali non capiranno il messaggio che si vuole dare. Semmai, piuttosto che comprasi la Coca Cola si compreranno un bombolone alla crema che costa meno, ma sempre cibo zuccherato sarà. L’industria perde, lo zucchero resta”.

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