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Perché Trump chiede aiuto alla Cina contro Biden?

Ieri, urlando per farsi sentire sopra al rumore del Marine One in rollio, il presidente statunitense, Donald Trump, ha detto ai giornalisti presenti sul giardino a sud della Casa Bianca che anche la Cina dovrebbe indagare sul conto del contender democratico Joe Biden. È un’uscita strana, che richiede una spiegazione. Partiamo dall’inizio per arrivare poi a considerazioni più attinenti alla politica internazionale e infine alle elezioni. 

Trump sta chiedendo un aiuto a diversi governi stranieri (tra cui l’Italia) per due cose. Primo, indagare a fondo sul Russiagate. L’inchiesta sul coinvolgimento della Russia nelle presidenziali del 2016, operazione di interferenza che fa parte già di un’inchiesta depositata e condotta dal procuratore speciale Robert Mueller che ha concluso che Mosca attivò un piano complesso per influenzare il corso elettorale. Muller, la Cia e l’Fbi dicono che questa interferenza c’è stata, Trump non ci sta e insiste che in realtà si è trattato di un piano segreto orchestrato dal Deep State per evitare, o successivamente screditare, la sua vittoria. Secondo: il presidente statunitense vorrebbe che si indagasse sul conto dei Biden (Joe e suo figlio Hunter) per dimostrare che mentre il padre era vicepresidente sotto l’amministrazione Obama ha favorito la rimozione di un (opaco) ministro della Giustizia ucraino perché stava indagando per corruzione la società del gas di cui il figlio era consigliere di amministrazione. Tutto senza prove.

I piani su cui viaggiano le due questioni sembrano separati, ma in realtà il più grosso dei fatti su questo argomento, la telefonata tra Trump e il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky attorno a cui ruota la procedura d’impeachment, dimostra come ci sia sovrapposizione. Trump chiede a Zelensky sia di aprire un’indagine su Biden, sia di cercare un fantomatico server di proprietà di Hillary Clinton che conterrebbe tutte le informazioni per chiarire a fondo il Russiagate e che per questo i Democratici, il Deep State e una società specializzata che si chiama CrownStrike avrebbero nascosto in Ucraina. Attenzione: va ricordato di nuovo che quest’ultima frase contiene una ricostruzione che per ora non trova nessuna prova, ma fa parte di uno dei complotti molto spinti da siti di estrema destra negli Stati Uniti per scagionare Trump e soprattutto la Russia.

I giornali americani sono chiaramente a ciclo continuo sulla questione – che incrocia la vicenda della telefonata e dell’impeachment con i viaggi segreti del procuratore generale William Barr, fedelissimo di Trump, in Paesi come l’Italia e l’Australia per tirar su notizie contro il Russiagate. Mano a mano che passano i giorni si scoprono più informazioni, arrivano attraverso gli insider che ritengono la via presa dal presidente troppo fuori dalla linea normale delle cose e per questo passano spifferate ai giornali. Per esempio si è scoperto che a monte di tutta l’attività di Trump – i contatti delicatissimi con i leader stranieri per chiedere certe cose (qui siamo già in zona politica estera, chiaramente) e le dichiarazioni pubbliche in cui si mostra convinto di quello che sta facendo – c’è Rudy Giuliani, l’ex sindaco di New York che fa da avvocato personale del presidente. Giuliani crede profondamente che l’interferenza russa sia fasulla e crede fermamente che i Biden siano stati disonesti, crede che Hillary e gli apparati abbiano cercato di non far vincere Trump e per questo abbiano costruito l’enorme messa in scena che coinvolge Mosca. E su ciò sta cercando di convincere il presidente.

Se c’è una cosa chiara tra le poche che caratterizzano l’azione governativa estrosa di Trump, quella è la reciprocità. Ed è allora che quando chiede pubblicamente alla Cina di indagare sui Biden il pensiero va direttamente ai colloqui sul commercio che ripartiranno la prossima settimana. È come se stesse dicendo a Pechino: aiutatemi, perché abbiamo interessi in ballo e io potrei essere più morbido su altre faccende. È chiaro che questo rischia di creare un’eccessiva esposizione e di alterare la politica estera strategica degli Usa: ragion per cui i Democratici hanno chiesto l’impeachment e vari Repubblicani storcono il naso. È proprio quello che avrebbe fatto con l’Ucraina, quando ha chiesto a Zelensky “un favore”, l’indagine su Biden e la ricerca del server misterioso, in cambio (pare) dello sblocco di un finanziamento militare che per Kiev è vitale: missili anti-carro per fermare gli attacchi dei ribelli filo-russi del Donbass.

Dare quelle armi agli ucraini ha un significato molto ampio, perché rappresenta prendere una posizione molto dura con la Russia, che è accusata di aiutare a sua volta i separatisti. La fornitura era parte di una linea strategica, il rapporto con Mosca. “La Cina non interferirà negli affari interni degli Stati Uniti e confidiamo che il popolo americano sarà in grado di risolvere i propri problemi”, ha detto il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, rispondendo alla richiesta trumpiana con un messaggio dall’aspetto asettico che però in realtà colpisce gli Usa secondo la narrazione con cui sono spesso incolpati dai cinesi di interferire su tanti dossier e allo stesso tempo mette un perimetro attorno ad argomenti su cui Pechino non permette intromissioni, come Hong Kong per dirne uno.

La strategia su questioni così ampie può essere modificata perché il presidente si intestardisce nell’approfondire una teoria complottista o perché vuole assicurarsi argomenti a sostegno della rielezione? Può il presidente mettere i suoi interessi personali prima dell’interesse nazionale? Tutto ruota attorno a questo, a meno che la Casa Bianca non sia in possesso di informazioni che stravolgono i fatti fin qui conosciuti. Quel che sappiamo intanto è che Trump non è nuovo a questo genere di uscite pubbliche come quella di ieri su Cina e Ucraina, e forse le utilizza per calmare le acque: è come se parlarne lavasse tutto con un bagno pubblico e potrebbe far passare un abuso di potere – chiedere aiuti contro un avversario politico interno a interlocutori degli Stati Uniti in cambio di azioni di politica internazionale – sotto impunità.

Quando tutta la vicenda della Russia stava venendo fuori e contemporaneamente era in corso la questione legata alle mail scomparse che Hillary aveva fatto passare per il suo server di lavoro mentre era segretario di Stato, che l’Fbi richiedeva indietro in quanto atti governativi – era il luglio 2016 – durante una delle conferenze stampa che trasforma in comizi disse: “Russia, se mi stai ascoltando spero che tu riesca a trovare le trentamila mail di Hillary che sono sparite”. Le mail di Hillary e dei Democratici furono trafugate in quei periodi da una campagna di hacking che secondo la Cia e l’Fbi è stata ordinata dal governo russo, che poi ha provveduto a diffonderle attraverso vari canali e su cui poi si sono costruite molte storie inventate che sono via via diventate parte di teorie del complotto a cui molti americani tutt’ora credono. Teorie costruite su un contesto circostanziale falsato e creato a pennello, che sono finite per alterare il clima del dibattito pubblico – e dunque anche elettorale – negli Usa. Ora i voti di quelle persone servono di nuovo.

 

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