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Impeachment, ecco perché Trump tira in ballo il suo ministro dell’Energia

Durante una conferenza telefonica avuta con i leader repubblicani della Camera, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha detto di aver fatto l’ormai celeberrima telefonata al presidente ucraino su sollecitazione del segretario all’Energia, Rick Perry. Trump avrebbe detto ai deputati (centro del suo consenso congressuale), che lui personalmente non avrebbe voluto fare la chiamata in cui ha chiesto a Volodymyr Zelensky aiuto per aprire un’indagine con cui infangare il conto di Joe Biden, prominente democratico, concorrente in gara per le presidenziali del 2020.

La notizia è uno scoop dell’informatissimo sito Axios, che tira in ballo un altro top player dell’amministrazione (il segretario Perry) nello scandalo che ha aperto la procedura d’impeachment — scattata perché alla richiesta di aiuto contro Biden, Trump avrebbe abbinato in cambio un pacchetto di assistenza militare da inviare a Kiev; un do ut des. Secondo le fonti di Axios, Trump ha ribadito ai congressisti ciò che sta ripentendo pubblicamente per discolparsi — ossia di non aver fatto nulla di male nel chiedere l’aiuto ucraino, e di non aver promesso in cambio gli aiuti militari. Ma ha tirato in ballo a sorpresa Perry — l’ho fatto “perché Rick mi ha chiesto qualcosa su un impianto di Gnl” — in quello che sembra un chiaro tentativo di distanziarsi da ciò che è successo.

Val la pena ricordare che il nome di Perry finora non è mai stato fatto sul caso, né nei messaggi attorno alla conversazione scambiati tra i vari funzionari governativi statunitensi e ucraini pubblicati dai media, né soprattutto nella sintesi della trascrizione della telefonata resa pubblica dalla Casa Bianca.

Il ruolo dei legislatori repubblicani invece è fondamentale in questo momento, perché sono loro ad avere in mano il gioco, in quanto possono lavorare all’interno dei procedimenti di indagine congressuale avviati dai colleghi Democratici, dove approfondire i fatti attraverso testimonianza dirette. Saranno loro, poi ad avere l’ultima parola sul processo d’impeachment (che è un percorso di esclusiva natura politica).

Il nome di Perry, sebbene non incluso tra quelli direttamente connessi alla telefonata, è comunque già parte del dossier sulla messa in stato di accusa del presidente. Il segretario aveva partecipato infatti alla cerimonia inaugurale del presidente ucraino Zelensky come rappresentante del governo americano: circostanza per cui è stato richiesto un chiarimento sulle attività svolte in quell’occasione all’interno di subpoena (un mandato di comparizione in una Commissione congressuale, nel caso della Camera) che i Democratici hanno alzato contro Rudy Giuliani, avvocato personale di Trump e curatore di tutto la macchinazione anti-Biden con l’Ucraina.

Perry, in una dichiarazione pubblica al Christian Broadcasting Network, ha detto che lui a Kiev ha parlato solo di sicurezza energetica, e non ha mai fatto il nome di Joe o Hunter Biden, ossia padre e figlio che secondo l’idea che Giuliani sta spingendo dietro a Trump sarebbero coinvolti in un caso di corruzione in Ucraina — dove il primo, ai tempi in cui era vicepresidente dell’amministrazione Obama, avrebbe fatto pressioni dagli Usa per far dimettere il procuratore generale ucraino che aveva avallato indagini per corruzione contro una società del gas, Burisma, di cui il figlio era membro del Cda. Si tratta di una teoria cospirazionista che finora non ha prove, ma è molto sostenuta dagli ambienti di estrema destra americani.

Intanto la vicenda ha un maverick repubblicano al Senato, Mitt Romney, che è stato il primo membro della Camera alta a uscire apertamente contro Trump dopo aver letto la denuncia dell’agente Cia che registrava la telefonata e l’ha segnalata perché riscontrava gli estremi per un abuso di potere. Romney sostiene da giorni che se Trump ha fatto quel genere di pressioni e promesse di scambio con il presidente ucraino, allora bisogna andare fino in fondo. Ieri è tornato a parlarne pubblicamente, anche per gli sviluppi legati a un’altra conversazione del tutto simile di Trump avuta con il presidente cinese. Trump in un tweet l’ha definito un “pompous ass”, dove “ass” (termine che di solito viene usato per come ‘sedere”) qui sta per asino.

La tenuta del presidente in questa fase difficilissima  è fortemente legata alle capacità di relazionarsi con i congressisti. Se dovessero mollare la Casa Bianca, lo smottamento sarebbe quasi inevitabile.

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