Disarmare Erdogan? Impossibile! La frase è buona per un bel titolone ad effetto ottico, ma non può avere alcun seguito pratico. Se non far sorridere chi conosce davvero i turchi, la Turchia e le sue forze armate. Resta il fatto che, da quando c’è al potere il nuovo califfo, da fedele paese bene inserito nell’Alleanza atlantica con il secondo esercito nella Nato dopo quello degli Stati Uniti, la Turchia è diventata un problema. Ora, isolata da tutti, ma supportata da chi ha interesse ad espandersi a est, rappresenta anche una pericolosa mina vagante. Cogliendo il momento si accinge a schiacciare i curdi siriani del nord-est, dopo aver già messo in fuga quelli di Afrin, in tutt’altro settore. In palese stato di inferiorità militare rispetto ai turchi, i curdi tuttavia sono ideologicamente forti e molto determinati. Sarà dura, venderanno cara la pelle ed il territorio resterà a lungo bagnato di sangue.
La Turchia non ha mai combattuto veramente il Califfato islamico, ha solo finto di farlo. Anzi, secondo alcuni commentatori in questi giorni sta addirittura utilizzando frange arabe di estremisti islamici per attaccare i curdi con metodi non ortodossi. Il suo vero obiettivo è stato sempre impedire la nascita di uno Stato curdo ed ora che Ponzio Pilato se ne sta lavando le mani e si chiama fuori dall’impresa, trae vantaggio da un propizio momento di vuoto.
Momento non casuale, ma privatamente concordato con quella porzione di Occidente che si identifica negli Stati Uniti (la Ue ha sempre cercato di non entrare nel merito) e con quella potenza da secoli protesa verso i mari caldi che, dopo gli Zar e l’Urss, oggi è la Russia di Putin. Non è nemmeno irrealistico pensare che la Turchia, con il tacito assenso degli Usa, abbia già un accordo con Putin per transitare sotto il suo stabilizzante controllo la larga fascia nordorientale della Siria ora presidiata dai curdi, rientrando bellamente nei propri confini e ricucendo sulla spalla destra delle mimetiche l’emblema della Nato, come se nulla fosse accaduto. Un bel regalo per tutti, al-Assad compreso, che con questa mossa si affrancherebbe da numerosi problemi.
Ma siamo nell’epoca dei social e delle Tv, per cui le notizie (specie quelle più nefande) non tardano a circolare. Dopo un paio di giorni, le immagini di distruzioni, morti e feriti hanno cominciato a circolare, mettendo a disagio più di qualcuno. L’Occidente, Europa compresa, si è improvvisamente accorto che sta perdendo nei confronti di tutto il resto del mondo un’altra bella fetta della propria credibilità. Ed ecco che, con il cinismo che giustamente deve sempre contraddistinguere gli uomini d’affari con folto pelo sulla stomaco da ogni persona normale, Donald Trump si mette a sbraitare conto la Turchia e a minacciarla in caso di crimini contro l’umanità. Fintamente inorriditi, nella Ue Macron e la Merkel cominciano ad agitarsi, minacciando Erdogan di pesanti sanzioni (che non applicheranno mai) nel settore degli armamenti.
Dalle piazze di Napoli (ma non dalla Farnesina) il nostro nuovo ministro degli Esteri, facendosi mosca cocchiera della pariglia franco-tedesca si associa ad un’idea così brillante, strappando applausi partenopei e incitando tutta l’Ue a fare altrettanto. Ma il premier Conte, che in questo governo ama fare la parte del responsabile saggio e riflessivo (ci riesce con facilità), finge di non raccogliere e giustamente si ripropone di portare la questione in sede europea, perchè una decisione grave come l’embargo sugli armamenti da applicare nei confronti di un alleato nella Nato va giustamente concordata e successivamente emanata da tutta l’Unione, dalla sede di Bruxelles. Dove c’è anche la sede della Nato, per cui certamente sarà più facile e semplice colloquiare. Però ci vorrà del tempo, è noto che Ue e Nato non hanno mai brillato per velocità decisionale.
In conclusione, ormai abbiamo ben compreso che questo embargo non si farà. E non soltanto perché non si può, ma anche perché non serve. Abbiamo visto che Erdogan non ha molte remore a muoversi come gli pare: sa benissimo che la posizione strategica della Turchia, anche in termini geopolitici, fa gola a molti. Non mi date i Patriot? Compro dai russi gli S-400. Detto fatto. L’Unione stringe i cordoni della borsa per il mantenimento dei profughi sul territorio Turco? Apro i campi e li lascio andare. Mi cancellate dal programma F-35? Mi faccio dare dai russi i Su-57, che sono anche meglio e costano meno. Non mi volete più vendere bombe, cannoni controcarro e munizioni intelligenti? Prendetevi un po’ di tempo, aprite il Sipri Yearbook 2019 e guardate qual è il potenziale della mia industria bellica. Non volete che i miei cittadini vengano in Europa senza visto? Attenti, perché da voi ne h già più di tre milioni. Mi volete isolare? Russia, Cina e India sono i miei corteggiatori più assidui.
E l’embargo? Se vogliamo tacitare la nostra cattiva coscienza, rimanere i portabandiera di quei principi universali dell’Onu che nessuno applica davvero, far contento il Santo Padre e strappare gli applausi delle anime candide, se ci riusciamo facciamolo pure. Ma non serve, perché i curdi continueranno a morire.