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Così l’Air Force Usa reagisce ai giochi nucleari dell’Iran

Sarà magari una coincidenza, ma ieri mentre l’Iran annunciava di essere pronto a nuovi step per implementare il proprio programma atomico, l’Air Force americana faceva sapere pubblicamente l’intenzione di aumentare e migliorare la scorta di GBU57. Ossia le super bombe a penetrazione profonda bunker busters che con un acronimo vengono definite Mop (Massive Ordnance Penetrator), progettate per penetrare nelle fortificazioni di cemento sepolte sotto la superficie, per poi esplodere nei bunker. Ordigni lanciati dai bombardieri strategici B-2 Stealth e che servono esattamente per colpire obiettivi come Fordo, la struttura nucleare che gli iraniani hanno sotterrato a 200 chilometri da Teheran. Lì da stamattina la Repubblica islamica ha ricominciato a iniettare gas esafluoridico di uranio nelle centrifughe IR-1 (il gas serve per produrre l’isotopo 235 a decadimento nucleare).

La decisione iraniana rientra in un piano pensato per mettere pressione alle controparti del Jcpoa, l’accordo del 2015 che sarebbe servito a congelare il programma atomico degli ayatollah e teoricamente a creare un’architettura di sicurezza nella regione mediorientale. Se la prima parte ha funzionato, almeno fino a qualche mese fa, la seconda è stata molto contestata e anche per questa ragione il presidente statunitense, Donald Trump, ha spinto per ritirare il suo paese dall’intesa (che chiama “la peggiore della storia”) con l’intenzione di essere il dealer di un’altra più ampia e funzionale.

Da quel momento Washington ha avviato la cosiddetta strategia della “massima pressione”: azioni economiche (sanzioni) e posture militaresche (per esempio le notizie sulla super-bomba). I risultati sono carenti, l’Iran dimostra resilienza e risponde con violazioni controllate all’accordo sul nucleare; li chiamano “disimpegni”, sono iniziati l’8 maggio 2019 (un anno esatto dopo il ritiro trumpiano dall’accordo). Secondo questi oggi è stata comunicato di aver riaperto le centrifughe a gas che l’accordo deciso quattro anni fa a Vienna aveva vietato. Trump vorrebbe avviare un dialogo, ma le circostanze non lo permettono. Hassan Rouhani, il presidente iraniano, annunciando ieri in televisione di aver già raddoppiato l’arricchimento e la decisione di riattivare le oltre mille centrifughe di Fordo, ha dato due mesi di tempo alle controparti del Jcpoa per l’implementazione dell’accordo, prima di spingere ulteriormente sul disimpegno.

L’intesa è a forte rischio, perché le sanzioni statunitensi pesano e riducono la capacità degli altri firmatari di fare affari con l’Iran. È questo che Teheran intende per implementazione: la riapertura di canali economici, finanziari e commerciali che il Jcpoa aveva sbloccato permettendo alla Repubblica islamica di tornare a essere un business player internazionale. Dimensione che adesso, con le reintroduzione delle panoplia sanzionatoria statunitense, comprese le misure di carattere extra-territoriale, diventa praticamente impossibile. Tutti i paesi temono che fare affari con l’Iran possa portarsi dietro come contrappasso ritorsioni sul mercato americano e diventa complicato creare un meccanismo di compensazione come richiesto da Rouhani.

Chiaramente non ci sono indicazioni di alcun genere su collegamenti tra la crisi del Jcpoa e i nuovi contratti decisi dall’Air Force per un update alle GBU57. L’Iran è uno dei potenziali obiettivi di questo genere di ordigni, ma val la pena ricordare che le potenziali minacce per cui sono stati sviluppati i MOP coprono per esempio la Corea del Nord. Pyongyang si mostra molto nervosa per la mancanza di progressi nei negoziati per la denuclearizzazione concordata con Trump, e sta eseguendo test a ripetizione da questa primavera. Anche il Nord ha reti sotterranee tra le strutture del proprio programma atomico. In generale, queste super bombe trasportate da bombardieri invisibili ai radar possono anche essere una tecnologia di valore strategico davanti ad avversari come la Cina o la Russia.



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