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Perché Alitalia ricorda Ilva. La versione di Giuricin

Alitalia, anno zero. Il salvataggio della compagnia sembra essere tornato improvvisamente all’età della pietra, dopo che ieri Ferrovie ha ufficializzato lo stop all’operazione, logica conseguenza del dietrofront di Atlantia. Impossibile far nascere la newco, nuova Alitalia coi conti risanati, senza un partner industriale del calibro della holding dei Benetton. Senza Atlantia e con Lufhansa in bilico, sul tavolo rimangono solo Fs, il Mef e Delta (che proprio oggi, giorno in cui doveva arrivare l’offerta vincolante, ha confermato l’impegno di 100 milioni nel consorzio). Manca però quel socio industriale necessario a completare il puzzle.

E pensare che dal 2008, anno della chiamata dei capitani coraggiosi ad opera di Silvio Berlusconi, fra aumenti di capitale, prestiti, contributi e garanzie prestate, il conto per i contribuenti è arrivato a 10 miliardi. Il premier Giuseppe Conte continua a dire che una soluzione per Alitalia va trovata al più presto, ma lo spettro di un ennesimo prestito (la cassa langue) senza la ragionevole certezza di un salvataggio, si rafforza. Formiche.net ha sentito il parere di Andrea Giuricin, economista e docente di Economia dei trasporti alla Bicocca.

Giuricin, tutto da rifare per Alitalia?

Più o meno. Diciamo che negli ultimi mesi qualche passo avanti è stato fatto, ma se poi si fa un passo avanti e due indietro allora non ha molto senso, si fa come i gamberi. Nei fatti la situazione è sempre più difficile perché il tempo passa e Alitalia continua a perdere soldi ogni giorno. Dove andremo a finire?

La compagnia sembra avere poca cassa…altro prestito in vista?

Con ogni probabilità sì, possono andare avanti forse un mese o poco più, magari tirare un po’ avanti con i biglietti venduti a Natale, ma poi? A gennaio, febbraio e marzo saranno dolori, sono anche i mesi più difficili per una compagnia aerea.

Ferrovie ha ammesso l’impossibilità di proseguire con l’operazione, perché non ci sono le condizioni…

Fs non sa semplicemente dove andare, perché da sola non può andare da nessuna parte, questo è chiaro. Fs non ha colpe, doveva trovare dei partner che alla fine non sono arrivati, oppure sono arrivati e poi ci hanno ripensato e alla fine non è riuscita a trovare la quadra. La colpa è semmai del governo, che non è riuscito a portare a termine l’operazione. Francamente però non mi stupisce che molti potenziali partner si siano tirati indietro.

Colpa dei conti, pessimi, di Alitalia immagino…

Ma certo. Nessuno investe in una compagnia che brucia cassa in questo modo. Chiaramente è una situazione difficile. Perché oltre ai conti c’è anche un discorso politico. Nessuno vorrebbe investire in una società dove interviene sempre un governo che ti dice cosa puoi fare e cosa non puoi fare. C’è troppa ingerenza, un po’ lo stesso che abbiamo visto con l’Ilva. Questo spaventa gli investitori.

Lei in più occasioni ha parlato di bad company, qualora nasca la newco, si intende. Come funzionerebbe?

Si prende la parte cattiva, quella nata dal fallimento precedente, la quale sarà a carico per tre miliardi dei contribuenti ma anche dei creditori. Anche per questo la situazione è critica, ci sarà checché non se ne parli, una bad company a carico della collettività.

Diciamo la verità, lo spettro di una chiusura c’è?

Mi pare più forte lo spettro di una nazionalizzazione. Ma non prima di una chiusura. In altre parole si creerebbe una compagnia al 100% pubblica nata sulle ceneri di questa. Ma francamente questa idea non mi convince.

Delta oggi ha confermato il suo impegno nel salvataggio…

Sì, ma il problema è sempre quello, mancano i tasselli. Perché non si sa dove si vuole andare con questa compagnia. Dove si vuole andare a parare.

Come finirà la vicenda Alitalia? Se finirà…

Davvero difficile dirlo. La partita è politica, io non escludo affatto una nazionalizzazione. Qualcosa che fino a pochi mesi fa sembrava lontana, ora sembra più vicina. E non credo che l’Europa avrebbe troppo da ridire su questo, se si mettesse in campo una nazionalizzazione a condizioni di mercato. Semmai avrebbero da ridire i contribuenti italiani. Non credo che abbiano ancora voglia di mantenere una compagnia in queste condizioni e per l’eternità.

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