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Perché non c’è bisogno di un ritorno di Berlusconi in politica. Il commento di Reina

Tutti oggi sono a stracciarsi le vesti per la spinosa situazione dell’Ilva di Taranto; per l’acqua alta a Venezia e per il Mose che non funziona; per una manovra economica da portare in Parlamento, ma che il governo non riesce a varare definitivamente. Tutti a dare addosso all’esecutivo di Conte, che l’opposizione e la stampa che la sostiene vorrebbero vedere infilzato come San Sebastiano. Eventi nefasti che fanno andare indietro nel tempo e riportano ai fittizi conflitti tra maggioranza e opposizione. Per intenderci tra Berlusconi e la sinistra di Occhetto, D’Alema, Veltroni, Fassino, Renzi, Gentiloni.

È vero che la realtà dice di andare avanti e non girarsi all’indietro, ma la storia è sempre esperienza di vita per evitare che nel futuro si facciano gli stessi errori del passato. L’attualità indirizza e fa riflettere. Il ritorno a pieno titolo sulla scena politica di Berlusconi, sia pure notevolmente ridimensionato, pone interrogativi, imbarazzi, stupore. Qualcuno si chiede il perché, data l’età? La politica però quando si arricchisce di tante voci è sempre un fatto positivo, se non altro perché la democrazia si alimenta di un vivace pluralismo. L’attivismo dell’ex cavaliere dona brio al palcoscenico in questo tempo statico, grigio, cupo. E poi può partorire sempre qualche pensiero illuminato e fecondo per amici ed avversari. C’è però anche chi contrasta con vigore il suo impegno come nel passato, visti gli insoddisfacenti risultati ottenuti dai suoi governi e la discutibile eredità politica (Salvini è un palese esempio, che ha lasciato ai suoi rampolli).

Berlusconi nel 1994 ebbe la capacità, per ostacolare la famosa “gioiosa macchina da guerra” di Occhetto, in nome di una “grande rivoluzione liberale”, di raccogliere gli orfani del pentapartito, dai democristiani ai socialisti, ai liberali. Riuscì ad innestare su quel ceppo gli ex fascisti del Msi e i secessionisti della Lega di Bossi, si percepirono già da questo tempo i germi dell’attuale situazione politica. L’insieme di tutte queste espressioni mise in condizione l’alleanza che presiedeva di sconfiggere la sinistra comunista dalle Alpi al Lilibeo. Una vittoria che il cosiddetto centrodestra auspicava, dopo i tristi e luttuosi fatti della rivoluzione giudiziaria del 1992/93 fiancheggiata da comunisti e fascisti. Si sperava che dopo quella vittoria il sistema politico italiano, nato dall’era maggioritaria e dal bipolarismo (farlocco), si avviasse verso un nuovo equilibrio, politico e istituzionale, che consentisse governabilità e stabilità all’Italia. Così non fu, iniziarono i contrasti, gli scontri, le contrapposizioni tra i vari soggetti della coalizione di destra che Berlusconi non volle dirimere. Lasciò che lo stagno diventasse palude senza mai prendere partito. Aveva già allora forse l’idea che la Lega Nord potesse ereditare i suoi consensi. Giorno dopo giorno le cose peggiorarono, dal punto di vista politico, giudiziario, morale. Arrivò il tempo della impensabile sconfitta, ma più per gli altri. Egli, invece, continuò ad esercitare il potere politico di interdizione, molto redditizio, anche per la presenza dei media di sua proprietà. All’opposizione non c’è mai stato nel concreto, cambiava i soggetti in campo nel partito, in Parlamento, in Europa ma abilmente a tirare i fili era sempre lui. Non poteva essere diversamente, visto che era il padrone di Forza Italia, in tutti i sensi.

Il potere del capo ad un certo punto però diventò opprimente e ossessivo, ipertrofico e prima Casini e poi Fini lasciarono il sodalizio. Iniziò in tal modo lo smottamento poi trasformatosi in frana rovinosa. Non è utile parlare delle sue preferenze ludiche e di relax, non serve. È interessante però constatare che il quarto di secolo berlusconiano, come quello della sinistra, si è caratterizzato per ambiguità, per opportunismo, per trasformismo selvaggio e incontrastato.

Oggi la gente non ne può più di questa fiction, definita politica politicante, becera, da operetta, caratterizzata da vaniloquio, inconcludente e affaristica, che lui insieme ad altri ha contribuito a far crescere. Non si spiegherebbero altrimenti gli eserciti di astenuti alle ultime tornate elettorali. E allora, Berlusconi, continui pure a frequentare simpaticamente le sue amicizie politiche dall’estrema destra all’estrema sinistra, a coltivare inciuci e trasversalismi ma lasci perdere la politica attiva, non è cosa per lui, il tempo trascorso lo ha dimostrato, non a caso ha regalato agli italiani un Salvini, fomentatore di odio, di divisioni, di violenze.

L’Italia ha bisogno oggi di ricominciare, di trasformarsi, di pacificare gli italiani partendo proprio dalle macerie che sono state lasciate sul campo dalle due fasulle coalizioni alternatesi al governo del Paese dal 1994 ai nostri giorni. Altri, magari volontari della politica, di cui l’Italia ha tanto bisogno, si cimenteranno per tirare il Paese fuori da questa preoccupante crisi, non solo economica, ma culturale, politica, morale.


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