Il generale Yasar Buyukanit è morto questa mattina a 79 anni. Era malato da tempo, ma secondo chi lo conosce bene, dentro era già morto da un pezzo.
Con lui se ne va quella generazione di militari turchi che potevano davvero influenzare la politica interna del Paese, anche perché autorizzati dalla vecchia costituzione. In particolare, il generale quattro stelle, vi è appartenuto anagraficamente, ma ha operato in una Turchia che nelle Forze Armate non vedeva più un garante, anche a causa delle violenze dopo il golpe del 1980, ma che soprattutto era stata stregata dalle promesse di libertà di un giovane Recep Tayyip Erdogan, che, a quei tempi parlava di Europa e svolta democratica e al quale anche a Bruxelles hanno creduto in molti.
In un certo senso, il suo destino era racchiuso nel suo nome. Buyuk – anit, significa letteralmente ‘grande monumento’. Il destino della sua vita è stato difendere dall’avanzata dell’Islam politico di Erdogan e del Milli Gorus il monumento più importante di tutti: la Turchia laica e moderna fondata da Mustafa Kemal Ataturk.
Le leggi gli consentivano di farlo, gli ampi poteri di cui godevano i militari pure. Quello di cui Buyukanit non si è reso conto, è che il Paese intorno era cambiato, un po’ per l’incapacità del Chp, il Partito espressione della borghesia laica, di dare vita a un programma politico che andasse al di là del vetero kemalismo, un po’ perché l’ascesa di Erdogan era ormai incontrastabile. Soprattutto per chi, come Buyukanit, non ha mai voluto vedere in faccia la realtà, ossia che quella Turchia, che lui considerava laica e tutta d’un pezzo, laica e kemalista lo era solo in minima parte e che Erdogan, con il suo Akp, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, aveva definitivamente sdoganato l’Islam politico nel Paese, facendolo passare, anche a Bruxelles, per un partito riformatore. Cosa che, in principio in parte era, ma solo negli intenti. Una volta fatti fuori gli apparati laici dello Stato, fra cui le Forze Armate a cui faceva capo Buyukanit, l’attuale presidente ha tirato fuori la sua vera natura e abbiamo visto cosa sia successo.
Purtroppo, già nel 2006, fermarlo non era più possibile, o almeno non con la ‘vecchia maniera’. Buyukanit questo non lo ha capito e appena assunta la carica di Capo Di Stato Maggiore, la Turchia ha iniziato a vederne delle belle. Il generale a quattro stelle non perdeva occasione per ribadire che la Mezzaluna era uno Stato laico e tale sarebbe rimasta. Ai ricevimenti alla sede dello Stato Maggiore, Erdogan e Gul dovevano andare senza le loro mogli, perché nei palazzi del Paese laico le donne velate non potevano entrare. Oggi la maggior parte delle donne dell’Akp in parlamento è velata. Sono cambiate le leggi ma soprattutto è stato sdoganato il velo islamico ovunque, nella sede delle istituzioni, come nelle scuole, complice anche una riforma dell’istruzione che ha come obiettivo quello di islamizzare l’istruzione il più possibile.
Ma nel 2006, ossia appena 13 anni fa, per fare capire quanto in fretta possa involvere un Paese, tutto questo era ancora lontano. Per Buyukanit, addirittura inconcepibile. La distanza con quello che in Italia chiameremmo il ‘Paese reale’, lo portò a compiere l’errore che segnò la sua fine e, paradossalmente, aiutò, e non poco, Erdogan a conquistare la sua prima, importante vittoria. La notte del 27 aprile 2007, in un momento particolarmente nevralgico nella vita politica interna, comparve un memorandum sul sito delle Forze Armate nel quale si faceva intuire, senza troppi problemi, che i militari erano pronti a ricorrere agli estremi rimedi, leggi alla voce golpe, se avessero visto messo in pericolo lo Stato fondato da Ataturk.
Con loro immensa sorpresa, il popolo, a differenza di quanto fatto in passato, si ribellò all’idea che i carri armati invadessero nuovamente le strade delle città. Per Erdogan fu segnale che doveva agire. Anticipò le elezioni politiche al 22 luglio 2007, dove riportò il primo dei risultati plebiscitari: 46,6%. In molti concordano nel dire che uno dei principali fautori di quel trionfò fu proprio Buyukanit. Va però sottolineato che Erdogan durante la campagna elettorale recitò la parte della vittima tutto il tempo, aiutato da una stampa schierata, in gran parte di proprietà di Fethullah Gulen, a capo dell’altra ala della destra islamica turca e che, come Erdogan voleva Buyukanit fuori dai giochi.
Tredici anni dopo, almeno secondo la versione ufficiale, il golpe lo ha fatto Gulen contro Erdogan, a dimostrare come i due capi delle sue grandi fazioni della destra islamica turca siano stati alleati solo il tempo necessario per rendere inoffensivo esercito e magistratura.
Buyukanit terminò il suo mandato nel 2008 e si chiuse nel silenzio. Sul suo conto circolarono molte voci, ossia che l’assenza dalle scene mediatiche fosse anche dovuta a personaggi ricattabili all’interno della sua famiglia. Di certo, assistette impotente all’accentramento del potere da parte di Erdogan e alla scomparsa di quella Turchia a cui lui aveva sacrificato la vita.
Pensare al buono che soccombe davanti al cattivo sarebbe errato. Per prima cosa Buyukanit era tutto, ma non buono, al contrario, era un vero mastino. In secondo luogo, pur trattandosi di un militare di alto profilo, fedele alla Nato, non perdeva occasione per bacchettare l’Unione Europea, che accusava di aiutare il Pkk. Una vera e propria ossessione, la sua, quella anti curda, così tanto, che, quando voleva tenerlo lontano da Ankara Erdogan lo mandava oltre confine, in nord Iraq, a fare qualche operazione armata.
Era il figlio di una Turchia che oggi non esiste più. Una Turchia con un laicismo impresso a forza e con passi avanti da fare verso la strada della democrazia. Il problema, è che, per levarsi di torno i vetero kemalisti, l’Europa ha creduto ciecamente in Erdogan e lo ha lasciato fare mentre portava indietro il suo Paese dal punto di vista dei diritti e destabilizzava la regione mediterranea. Senza capire, o senza voler capire, che la Turchia una democrazia autentica e autonoma non è mai stata, e probabilmente non lo diventerà nemmeno in un futuro prossimo. E quindi al carisma e al potere di Erdogan, andava necessariamente posto un contrappeso.
Buyukanit non era un santo, e non era nemmeno un sincero europeo, come Erdogan, del resto. Ma di sicuro, se lui e quelli come lui non fossero stai considerati da alcuni il male assoluto, in molti oggi sarebbero fuori dal carcere, la Turchia non avrebbe reso la situazione in Siria ancora più difficile da risolvere e non sarebbe diventata alleata della Russia e una spina nel fianco della Nato.
Che il generale, dopo anni di battaglie riposi in pace, quella cosa che, anche a causa di Erdogan nel Mediterraneo per il momento ci possiamo scordare.