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Prima il bastone poi la carota. Dopo le minacce su Wong la Cina loda l’Italia

Il governo cinese vuole aumentare gli “sforzi continui per promuovere ulteriormente una partnership strategica completa tra Cina e Italia e una cooperazione pragmatica tra i due Paesi”. A far trapelare tramite il suo ufficio questa dichiarazione di buoni intenti è il potente portavoce del ministero degli Esteri cinese Geng Shuang. Accanto alla premessa iniziale, una postilla per sottolineare il buon esito della visita del ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio al Ciie (China international import expo) di Shanghai, dove, si legge nella nota, ha tenuto con l’omologo Wang Yi incontri “molto positivi” e raggiunto “consensi molto importanti”.

LE PAROLE DI PECHINO

Sembra ci sia un’abisso dalle ultime parole pronunciate da Wang sull’Italia, in una accesa conferenza stampa al ministero dove per ben due volte gli è stato chiesto cosa ne pensasse del viaggio a Milano alla Fondazione Feltrinelli e poi a Roma di Joshua Wong, giovane leader del movimento di dissidenti a Hong Kong considerato dal governo cinese un criminale. Invece sono trascorse solo ventiquattro ore. “Non ho visto le news, ma il malvagio complotto di questa persona per la ‘indipendenza di Hong Kong’ è chiaro a tutti” aveva risposto Wang, per poi ammonire Roma: “gli affari di Hong Kong sono affari interni. Nessun governo straniero, organizzazione o individuo ha il diritto di interferire. Ci opponiamo fermamente a qualsiasi tentativo di fornire piattaforme alle forze per l’ ‘indipendenza di Hong Kong”.

SULLA VIA DELLA SETA

Non è dato sapere se le due note siano collegate. Certo il monito aveva creato qualche imbarazzo in Italia, tanto più dopo la visita cinese di Di Maio, accolto non solo dal ministro degli Esteri ma anche, con un non comune strappo al protocollo, dal presidente Xi Jinping in persona. Il riferimento alla “partnership strategica” di Wang è senz’altro diretto al piano Belt and Road Initiative (Bri), più comunemente noto come nuova Via della Seta, cui l’Italia, unico Paese fra i G7, ha formalmente aderito lo scorso marzo firmando un memorandum of understanding in occasione della visita di Xi a Roma.

LA STRATEGIA CINESE

Da quando il governo Conte 1 ha apposto la firma sul progetto, l’Italia viene continuamente chiamata in causa sulla stampa del Partito comunista cinese come esempio virtuoso di un Paese europeo che, vinte le resistenze degli Stati Uniti, si è convinto della bontà del piano di Pechino e ha aperto le porte agli investimenti del Dragone. Non si contano gli editoriali a sostegno della tesi. Uno degli ultimi è apparso di recente sul Global Times, megafono anglofono del quotidiano di partito People’s Daily, secondo cui i Paesi europei più colpiti dalla crisi finanziaria del 2008, Italia compresa, così come i Paesi in via di sviluppo come i Brics, dovrebbero “abbracciare la Cina dal momento che l’Occidente li ha abbandonati, ha chiuso i suoi confini e costruito muri tangibili e intangibili”.

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