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Promemoria a Conte sull’Ilva. Firmato Corrado Clini

Prima di tutto consiglio di verificare che fine hanno fatto gli interventi per il risanamento ambientale del territorio, a cominciare dal quartiere Tamburi, che erano stati previsti e finanziati con 336 milioni di euro dal Protocollo di Intesa che ho firmato il 26 luglio 2012 con il presidente della Regione Puglia Niki Vendola insieme a Fabrizio Barca e Claudio De Vincenti, rispettivamente allora ministro del Mezzogiorno e sottosegretario del Mise. In secondo luogo sarebbe utile ricostruire le ragioni per le quali nel 2012 è stato impedito all’allora proprietà dell’Ilva di avviare il piano di risanamento ambientale che Riva si era impegnato a realizzare con un investimento di circa 3 miliardi entro il 31 dicembre 2015. A questo proposito voglio ricordare che se fosse stata data attuazione al piano di risanamento oggi Ilva sarebbe uno degli stabilimenti siderurgici più avanzati e “sostenibili “ in Europa.

La ricostruzione è importante perché Arcelor Mittal è entrata in una spirale simile a quella che 7 anni fa fu magistralmente tessuta per commissariare l’azienda. Arcelor Mittal era stata appena scelta dal governo italiano, e già era pronta la trappola dell’immunità che ha generato incertezza in merito alla affidabilità e fattibilità del piano industriale. Incertezza aggravata dalla conflittualità sociale e ambientale alimentata da una forza politica al governo del paese, e spesso sostenuta dagli interventi della magistratura. Tutto questo nel pieno della crisi europea dell’acciaio.

Suppongo che Arcelor Mittal fosse consapevole della complessità della situazione, ma forse non poteva immaginare di dover affrontare difficoltà e ostacoli da parte dello stesso governo che gli aveva affidato l’Ilva. In queste condizioni è comprensibile il timore dell’azienda a confermare un importante piano di investimenti a Taranto in un quadro di crisi europea del settore, forse a discapito di altri stabilimenti del gruppo in Europa. Certamente la più grande impresa siderurgica del mondo avrebbe potuto avere un atteggiamento più pro-attivo, magari aprendo un dialogo con il Governo, la Regione Puglia e i sindacati per trasferire a Taranto alcune delle soluzioni innovative già sperimentate con successo in altri suoi stabilimenti. Ma questo richiedeva altrettanta apertura e disponibilità. Se si vuole evitare la chiusura dell’Ilva è necessario ripartire da un dialogo costruttivo nel merito di tutte le questioni aperte, sia quelle legali legate all’immunità, sia quelle tecnologiche e occupazionali.

Suggerisco poi di fare un bilancio trasparente del commissariamento, perché i costi pubblici sostenuti non sono stati ripagati né dal risanamento ambientale, rinviato di 8 anni rispetto ai termini che avevo fissato con l’Aia rilasciata nell’ottobre del 2012, né da una ripresa della competitività dell’Ilva che invece ha continuato a perdere posizioni e ad accumulare perdite. Perché un nuovo commissariamento dovrebbe avere risultati migliori? Infine sarebbe ora che il tema della eventuale dismissione e della bonifica dell’Ilva venisse affrontato in modo puntuale e con numeri affidabili, sia dal punto di vista tecnico che da quello economico. Quando nel 2012 fu chiesto al Governo Monti di trovare una soluzione alla emergente crisi dell’Ilva, avevamo valutato l’ipotesi della chiusura e concluso che le modalità, i tempi e i costi sarebbero stati non sostenibili in mancanza di alternative disponibili per nuovi insediamenti nell’area. Bagnoli docet.

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