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Cosa mi convince (e cosa no) del manifesto di Zamagni. Parla Sacconi

Maurizio Sacconi, già senatore e ministro del Lavoro nel governo Berlusconi, ha letto da cima a fondo il manifesto di Politica Insieme per una forza di ispirazione cristiana sottoscritto, fra gli altri, dal presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali Stefano Zamagni. Parola di cattolico: l’impegno in politica, spiega a Formiche.net, è sempre un bene. Purché non si tratti di costruire un partito cattolico. Di questo, dice l’ex ministro accodandosi al cardinale Camillo Ruini, l’Italia oggi non ha bisogno.

Sacconi, le è piaciuto il manifesto di Politica Insieme?

Come hanno chiarito gli autori si tratta di un manifesto prepolitico. I principi sono condivisibili. Gli obiettivi anche. Soprattutto la constatazione che la rinascita italiana non possa seguire un processo top-down ma debba partire dal basso.

Perché è importante?

Un manifesto che si ispiri al cristianesimo non può che essere il contrario di qualunque progetto politico giacobino e centralista. I territori sono il luogo da cui tutto può ripartire.

Il documento rimette al centro la sussidiarietà orizzontale.

Sono d’accordo. La società viene prima dello Stato, gli preesiste, e contiene in sé una ricchezza ben superiore. Così come condivido anche il rimando alla sussidiarietà verticale. La ricchezza relazionale delle persone si traduce in famiglie, reti associative, imprese, anche perché quello italiano è un capitalismo popolare.

Che dire della proposta di una legge sulla rappresentanza dei corpi intermedi?

Qui leggo una seria contraddizione e una strana asimmetria. Così generici sui principi mentre bisognerebbe correggere la legge sul fine vita. Così precisi su una ipotesi legislativa che vuole sottoporre a regolazione pubblicistica i corpi sociali e che ha tutto l’aspetto di un progetto neo-corporativo. Vi si propone la decisione centrale degli organi legislativi attraverso la negoziazione con un oligopolio di associazioni che così divengono para-statali.

Soluzioni alternative?

Bisogna sviluppare ancor più l’idea di una società aperta. Sostenere le tante capacità di reazione dei singoli territori e non imbrigliarli attraverso la riconduzione di tutta la vitalità associativa a poche organizzazioni centrali autorizzate dallo Stato.

Nessun riferimento al federalismo. È una battaglia troppo politica?

È un tema con cui tutti oggi devono fare i conti perché è finito il tempo del fordismo e della omologazione. Si pensi all’integrazione tra istruzione, formazione e lavoro per cui le relative competenze, nel quadro di principi generali, dovrebbero tutte ricondursi alle Regioni così da costruire ecosistemi formativi coerenti con le capacità dei territori.

In un’intervista al Corriere della Sera il cardinale Camillo Ruini ha detto che non c’è bisogno di un nuovo partito cattolico. Ha ragione?

Condivido in pieno il pensiero del cardinal Ruini. Zamagni e promotori del manifesto parlano di un soggetto politico di ispirazione cristiana. Ma, da cristiano, io auspico che la cultura cristiana influenzi quanti più soggetti politici.

È ancora valida l’opzione Ruini? La diaspora dei cattolici nella politica italiana non ha aumentato la confusione?

La scelta che Ruini ha fatto quando era presidente della Cei ha consentito che la cultura cristiana fosse molto più influente rispetto ad oggi. Non è un dato irrilevante.

Insomma, oggi ha senso pubblicare questi manifesti?

I manifesti pre-politici sono utili purché siano coerenti e non si pieghino mai alla contingente convenienza politica.

L’operazione è attentamente seguita da Cei e Vaticano. Non è un rischio intervenire nella politica italiana?

Non credo vogliano farlo. Mi auguro piuttosto che, come ha fatto il cardinale Bassetti prima della sentenza della Corte costituzionale sul suicidio assistito, il pensiero cristiano sia sempre proposto con coerenza e autorevolezza ai decisori tutti.

Monsignor Mogavero è intervenuto sulla vicenda sostenendo che chi sposa la linea di Salvini sull’immigrazione non può dirsi cristiano. Condivide?

La vita, la famiglia, la libertà educativa sono principi non negoziabili per un cristiano. Le politiche sociali hanno un riferimento nella dottrina sociale della Chiesa ma nel concreto è opinabile il modo di realizzarle tenendo conto delle effettive possibilità di integrazione tra chi accoglie e chi chiede di essere accolto.



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