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Della crisi di Forza Italia, e della politica. Il commento di Reina

Il convegno sul futuro del Sud, organizzato da Forza Italia a Napoli, si è rivelato un flop per Berlusconi e la sua squadra di fedelissimi, non solo per l’inadeguato tema scelto e per i personaggi che ne hanno parlato, ma soprattutto per i risvolti che ci sono stati sul piano interno. FI viene a Napoli a parlare di Sud quando non ha mai mostrato interesse per le politiche per il Mezzogiorno, avendo invece convinta attenzione per l’autonomia fiscale di Lombardia e Veneto, tanto sbandierata dai leghisti di Salvini. E poi chi è venuto a Napoli a parlare di questione meridionale? La ultralombarda Gelmini. Sarà arrivata forse solo per fare da apripista al capo della Lega Nord in Campania.

La impietosa crisi che sta travolgendo dall’interno Forza Italia è stata, quindi, confermata anche a Napoli. Essa è sintomatica di una profonda frattura che sta coinvolgendo singoli esponenti vicini a Berlusconi. Non è in discussione la cultura che sostiene il partito né la linea politica e neppure la forma organizzativa, ma si tratta semplicemente di forti contrasti sull’assegnazione di nicchie di potere da occupare. Problemi che non riguardano solo il partito dell’ex Cav., ma tutti i cosiddetti partiti.

I turbamenti, le angosce, le ansie, le paure che vive la politica non sono per niente rassicuranti per il futuro dell’Italia. I partiti, i movimenti politici e quelli spontanei sono tutti attraversati da diffidenza, da profonde divisioni se non da vere e proprie lacerazioni. Ci si fa la guerra tra compagni di sodalizio per una meschina lotta di potere, piuttosto che contrastare gli avversari sulla domanda di governo che sale dalla società, dalla gente comune. Non c’è una sola entità politica che sia in modo convinto e compiuto davvero rappresentativa della volontà dei propri elettori. Un profondo iato tra cittadini e istituzioni. I cosiddetti partiti oggi non sono altro che circoli, club, comitati elettorali utili a raccogliere il consenso solo per legittimare il potere e niente più.

Una forma moderna e più studiata forse di praticare il trasformismo, vecchia e deprecata condizione per ottenere potere, che permise alla sinistra storica di Depretis e al liberalismo di Giolitti di governare indisturbati per decenni tra il XIX e XX secolo l’Italia, da poco unita e dove la democrazia borghese era espressione del suffragio censitario. Se dopo oltre sette decenni di democrazia repubblicana bisogna riavvolgere il nastro e tornare agli anni prefascisti, dimenticando il tempo della lotta alla dittatura e a quello della “resistenza” qualcosa non funziona. È urgente perciò guardare ai partiti veri, dotati di regole democratiche interne chiare e condivise, in modo che ogni iscritto sia in grado di esercitare la propria volontà politica, partecipando con convinzione alla vita del proprio partito.

L’urlo della piazza, partito dalle “sardine” in queste ultime settimane non è forse, vista la sterile partecipazione anonima, neutra attraverso la rete, una richiesta di partecipazione fisica e attiva alla vita politica del Paese? E non è forse manifestazione di un disagio che giovani e adulti lanciano da tempo senza essere ascoltati? È auspicabile pertanto che la democrazia ritorni nei partiti, ripristinando processi partecipativi funzionali alla crescita e alla scelta di una classe dirigente capace e competente; al confronto continuo tra iscritti e elettori per elaborare iniziative e proposte finalizzate alla formazione della volontà politica, che nelle sedi istituzionali dovrà poi diventare volontà e atto legislativo. Non c’è organizzazione politica oggi che presenti tali caratteristiche, a cominciare proprio da Forza Italia, organismo elettorale privato senza cultura, senza linea politica, senza organizzazione.

Fondamentale, per arricchire una sana vita politica è necessario agevolare la partecipazione. J. K. Galbraith ci ha lasciato una bellissima testimonianza sulla partecipazione dei cittadini alla vita pubblica negli Usa con un famoso e essenziale testo: “La buona società”. In esso sono spigate le ragioni per cui la partecipazione aiuta a realizzare il buon governo per la comunità e a rafforzare la democrazia.

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