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In Emilia-Romagna c’è in palio il Nord (e il governo). Parla Pregliasco (YouTrend)

Elezioni regionali, sì, nella forma. Nella sostanza, il voto in Emilia-Romagna di gennaio è ormai un test decisivo per il governo nazionale, spiega a Formiche.net Lorenzo Pregliasco, direttore di Quorum e YouTrend. Il plebiscito degli attivisti del Movimento Cinque Stelle su Rousseau ha dissipato ogni dubbio. E ha chiarito una volta per tutte la posta in palio.

Pregliasco, per Bonaccini si mette male?

Tutto dipende da quanto sono vicini l’elettorato dem e Cinque Stelle in Emilia-Romagna. Se una contingenza esiste, significa che gli elettori Cinque Stelle in assenza di un candidato avrebbero votato Bonaccini.

Secondo lei esiste?

Le rilevazioni emerse finora dicono di sì. Non è un caso che la Lega abbia accolto positivamente il voto di Rousseau. Il sondaggio di Noto mostrato a Porta a Porta spiega che con un candidato dei Cinque Stelle in campo la partita è più aperta.

Quanto è aperta?

Salvo Ixè, tutti gli altri sondaggi segnalano una forbice tra uno e tre punti fra centrodestra e centrosinistra.

Ma anche più di venti punti fra i due candidati.

Attenzione, in quel caso parliamo di apprezzamento del leader, che è diverso dalle intenzioni di voto. Il primo parametro riflette la fiducia nel candidato, e credo sia condivisibile che Bonaccini, al momento, sia più forte della Borgonzoni. Sulle intenzioni di voto pesano invece altri fattori.

Ad esempio?

Il vento politico nazionale, per dirne uno. In Umbria ha fatto la differenza, ma anche in Sardegna, dove Christian Solinas non godeva di buoni pronostici, o in Piemonte, dove Sergio Chiamparino non è riuscito a recuperare.

Bonaccini ha parlato chiaro: il voto di Rousseau è un regalo alla destra. Si può arginare il danno?

Ormai i Cinque Stelle devono giocarsi la partita, Di Maio lo ha detto senza mezzi termini. È comprensibile. I candidati sul territorio che, a quanto si legge sulla stampa, sembra abbiano avuto un ruolo sul voto degli attivisti, vorranno conquistare il posto in Consiglio regionale. C’è un intero sistema politico locale che dipende da queste elezioni.

Quindi addio desistenza.

Non vedo alternative. Di qui a maggio si andrà al voto in otto regioni. Per i Cinque Stelle ci sono in palio 10-15 seggi, non è poco.

In palio c’è anche il governo, o no?

Sicuramente le elezioni in Emilia-Romagna sono diventate una questione nazionale, la copertura mediatica che stanno ricevendo ne è la prova. Il voto umbro ha già avuto ripercussioni sull’assetto nazionale, ma quello di gennaio può avere effetti molto più dirompenti. Tant’è che, secondo le stime, l’affluenza sarà molto più alta del 37,7% di quando è stato eletto Bonaccini cinque anni fa. E ci sarà un maggiore investimento dei leader nazionali sul territorio.

E pensare che Bonaccini aveva pregato il Pd di non trasformare le elezioni in un test nazionale.

Dopo il voto di Rousseau questa è un’ipotesi scartata. Come in Sardegna e Piemonte, dove il centrosinistra ha presentato un candidato forte, anche in Emilia-Romagna il trend nazionale potrebbe avere un impatto sull’esito del voto.

Scenario: il centrodestra vince e tutto il Nord Italia si colora di blu. È mai successo?

Nel 2000 il centrodestra aveva il Friuli-Venezia Giulia ma non il Trentino-Alto Adige e tantomeno l’Emilia-Romagna, che è sempre stata in mano al centrosinistra. Nel 2020 andranno al voto anche grandi regioni del Sud come Puglia e Campania. È chiaro che una cartina geografica colorata di blu, specialmente al Nord, che è il cuore produttivo della manifattura e dell’export del Paese, darebbe un netto segnale, e in senso opposto rispetto al governo nazionale.

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