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Tutti i passi verso un’Università europea comune

Di Giuseppe Novelli

È un momento difficile per l’Europa, colpita da drammatici cambiamenti socio-economici: l’innovazione tecnologica, la globalizzazione, la crisi finanziaria ed economica che mettono in discussione la natura stessa dell’Unione. Forse ha pensato a questo, il presidente francese Emmanuel Macron, quando due anni fa, nel corso di una conferenza alla Sorbonne, lanciò l’idea di iniziare a costruire l’Università Europea. Ebbene, dopo un biennio di intenso lavoro le Università europee sono una realtà! Il 7 Novembre a Bruxelles, è stata posta la prima pietra culturale di un modello che cambierà il modo di studiare, di insegnare, di lavorare, di essere cittadini: il lancio ufficiale delle prime Alleanze di Università Europee. In questa prima edizione, sono stati 54 i progetti presentati, 17 quelli selezionati, 85 milioni di euro investiti dalla Commissione, 114 università europee e più di 3 milioni di studenti coinvolti nei progetti vincitori. L’Italia ha ben figurato, diciamolo subito. Le Università Italiane hanno contribuito ad elaborare 31 proposte di alleanze (43 le università francesi, 34 quelle tedesche e spagnole), e sono presenti oggi in ben 12 alleanze approvate, seconde solo alla Germania con 15 approvate. È un bel risultato dell’accademia italiana, la riprova del credito che il nostro sistema di alta formazione riscuote all’estero. Le alleanze selezionate, che costituiranno il primo nucleo pilota per la costruzione delle future Università europee, hanno raggiunto il successo proponendo formule innovative di strategie didattiche, di ricerca e di interazione con la società e soprattutto una visione: quella dell’ambizione di voler contribuire alla formazione europea per competere con i sistemi americani e cinesi. Proprio da questa visione è emerso in modo chiaro il profilo del “laureato europeo”: ciò che gli sarà offerto è una formazione transdisciplinare, una cultura inclusiva e cooperativa per rilanciare il dialogo, la cultura e la scienza.

Sono le università, infatti, e in maniera preponderante, a contribuire alla nuova conoscenza: sono incubatori di innovazione sociale. Questo nuovo concetto, che sta prendendo sempre più piede, include l’attenzione ai bisogni sociali nel promuovere la sostenibilità, servizi e attività innovativi per le persone, per il territorio, per la comunità. L’obiettivo è quello di generare una conoscenza aperta e interdisciplinare, al fine di promuovere cambiamenti sociali e culturali positivi. Un approccio che, inoltre, rappresenta un modo per rispondere alle sfide e ai principali problemi internazionali. Flessibilità, competenza, innovatività, mobilità e creatività sono solo alcune delle parole chiave emerse durante la presentazione dei progetti approvati. Parole che disegnano un futuro possibile, realizzabile mediante la creazione di programmi di studio focalizzati sull’acquisizione delle competenze, sui curricula personalizzati, sulla mobilità degli studenti, dei professori senza barriere tra una Università e un’altra. Grande elemento di novità anche gli scambi per lunghi periodi del personale tecnico ed amministrativo.

Una rivoluzione totale che ha il suo seme nella nascita stessa dell’Università, che ci riporta alle figure dei clerici vagantes, gli studenti girovaghi che nel basso Medioevo solevano spostarsi in tutta Europa per poter seguire le lezioni che ritenevano più opportune (la cosiddetta peregrinatio academica). La rete delle alleanze ha posto proprio gli studenti al centro del progetto. In alcune, come l’alleanza Yufe, risultata la prima della selezione con 97/100 di punteggio, gli studenti hanno un loro rappresentante nel board, con diritto di volto identico ai Rettori presenti. Gli studenti non hanno semplicemente partecipato ad elaborare la proposta, ma sono strettamente coinvolti in tutte le decisioni e nel perfezionamento delle idee.

E le idee, anche le più impensabili, sono la linfa di un progetto che guarda oltre, immaginando, ad esempio, come sarebbe bello se gli studenti europei non pagassero l’affitto dell’appartamento dove studiano ma solo le utenze, e se con lo stesso tesserino universitario rilasciato a Roma potessero entrare e accedere a tutti i servizi di altre 7-8 Università Europee, scegliere di laurearsi a Brema dopo aver trascorso semestri a Roma, a Maastricht o a Madrid.

Nel corso della presentazione odierna a Bruxelles, la Coordinatrice di Yufe Daniela Trani ha esordito con la frase: “Be bold, dare to dream”. Jean Chambaz, Rettore della Sorbonne, ha dichiarato: “Questo è soltanto il primo step, le Università europee dovranno essere agili, e camminare su quattro gambe: formazione, ricerca, innovazione e servizi alla società. Non c’è futuro per le Università a livello nazionale. Il futuro è l’Europa!”.

È grande, la responsabilità che si sono assunte le università. A loro, il compito fondamentale di contribuire alla formazione dei giovani e allo sviluppo della Società attraverso la divulgazione e la valorizzazione della conoscenza. Spetta alle Università di formare individui capaci di “imparare ad imparare”. La velocità dei cambiamenti, assieme all’obsolescenza delle conoscenze, rendono indispensabile questa missione, per scongiurare il rischio di formare lavoratori che vengono poi espulsi dal mondo del lavoro. I nostri studenti attuali, una volta laureati, si troveranno a svolgere entro pochi anni, un lavoro che oggi nemmeno esiste: è per questo che abbiamo bisogno di prepararli ad affrontare un mondo in evoluzione, che richiede nuove competenze e impone di essere innovativi. L’Università europea è il posto migliore per fare questo. “L’intelligenza è l’abilità di adattarsi ai cambiamenti”, ha affermato una volta il grande fisico Stephen Hawking. Il cambiamento si ottiene anche e soprattutto con la mobilità – non solo virtuale, ma anche fisica – dei nostri giovani nelle diverse città europee, respirando aria diversa, mangiando cibi differenti, divenendo multilingua, guardando la diversa architettura. Solo cosi possiamo ricostruire la fiducia e contribuire alla sicurezza del nostro continente.

La Commissione Europea sembra crederci molto. Entro il 2020 investirà 120 milioni di Euro per creare altre 24 alleanze. È un’occasione che non possiamo perdere. È l’occasione per tessere legami, comunanza di valori, similitudini e gioco di squadra fra cittadini europei che oggi sembra mancare. È l’occasione per rendere un olandese e un italiano molto più simili fra loro di quanto non dichiari la moneta utilizzata: ugualmente cittadini, ugualmente responsabili, ugualmente europei.

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