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Stop al nucleare o ci saranno (nuove) sanzioni. Parigi avverte l’Iran

Il ministro degli Esteri francese, Yves Le Drian, ha evocato la possibilità di riattivare sanzioni in ambito Onu contro l’Iran, accusato di ripetute violazioni dell’accordo sul nucleare Jcpoa. Si tratta dell’ultimo e più diretto passaggio di una fase in cui Parigi si sta muovendo contro Teheran — finora giocate in modo indiretto su dossier come Siria e sicurezza delle rotte marittime lungo il Golfo Persico.

“Ogni due mesi c’è un’altra ammaccatura [nell’accordo con l’Iran] al punto che oggi ci chiediamo, e lo dico molto chiaramente, se procedere con l’attuazione del meccanismo di risoluzione delle controversie che esiste nell’accordo”, ha detto Le Drian durante un’audizione parlamentare.

Da quando gli Stati Uniti si sono ritirati dall’intesa stretta nel 2015 dall’Iran, dal Consiglio di Sicurezza Onu e dall’Europa, la situazione è in bilico. Washington ha reintrodotto le sanzioni, anche quelle di carattere secondario ed effetto extraterritoriale, e questo ha bloccato gli europei. Teheran li accusa di non essere in grado di mantenere in piedi il deal, e nel frattempo ha usato delle violazioni concesse dall’accordo stesso come leva per far pressione affinché i firmatari riescano a mantenerlo vivo. Il Jcpoa aveva il compito di eliminare le sanzioni a fronte del congelamento del programma atomico degli ayatollah.

Regno Unito, Francia e Germania hanno cercato di salvare il patto, ma di fatto i problemi sono enormi e ad oggi i benefici di cui l’Iran avrebbe potuto godere — e sui quali i pragmatici al governo hanno strappato il consenso ai reazionari che non volevano firmare — non sono arrivati. Anzi, la reintroduzione delle sanzioni Usa ha praticamente paralizzato il commercio di materie energetiche, principale asset economico iraniano, creando condizioni di vita in peggioramento.

La situazione, anche per ragioni connesse alle dinamiche politiche interne, ha portato l’Iran a violazioni graduali. Sulle quali però, finora, le nazioni cofirmatarie hanno evitato l’attivazione del meccanismo sanzionatorio. Funziona così: se viene formalizzata una controversia, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha 30 giorni per votare se riattivare o meno le misure collegate alle risoluzioni precedenti all’accordo. Per ora non si è mai pensato a questo step, perché ritenuto un ostacolo di carattere diplomatico.

La Francia in particolare ha cercato di gestire i rapporti con la Repubblica islamica, anche alla luce di incidenti nel Golfo che sono stati letti come la componente clandestina dei nervosismi iraniani dimostrati con le violazioni. La dichiarazione del capo della diplomazia francese arriva in un momento delicato, dunque, e con una tempistica preciso: il prossimo incontro di Vienna tra le parti è previsto per il 6 dicembre.

“Abbiamo provato diverse iniziative che stanno andando male [perché] abbiamo [cittadini] francesi imprigionati [in Iran], abbiamo stabilito che gli attacchi regionali, in particolare sull’Arabia Saudita, sono stati realizzati delle autorità iraniane”, ha detto Le Drian. Che ha aggiunto: la risposta repressiva alle proteste in corso questi giorni sembra dar ragione agli Stati Uniti nella logica della massima pressione “dato il comportamento della Guida suprema e del presidente (Hassan) Rouhani nei confronti dei manifestanti“.

Quando Donald Trump ha annunciato il ritiro dal Jcpoa ha parlato di “mancanza di spirito”, ed è un punto condiviso dall’amministrazione Usa e dal Congresso. Praticamente gli americani mettono in discussione non tanto il rispetto dei protocolli previsti dall’accordo, ma la mancanza di buone intenzioni su tutta una serie di comportamenti — la diffusione di influenza attraverso l’uso di attori accusato terrorismo, per esempio — che fanno dell’Iran un attore destabilizzante nella regione. Quello che ha detto ieri Le Drian ai parlamentari francesi.

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