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Giusto ritirare i soldati dalla Siria. Ma poi? La versione del gen. Tricarico

Una “puntura di spillo”. Così il generale Leonardo Tricarico, presidente della fondazione Icsa (Intelligence culture and strategic analysis), già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare, definisce la mozione presentata dalla Lega e votata all’unanimità dalle Commissioni Esteri di Camera e Senato che impegna il governo italiano a ritirare i 130 soldati della batteria SAMP-T schierati al confine turco-siriano a difesa dei cieli di Ankara. Giusto calare il sipario sull’operazione, confida il generale a Formiche.net, ma per mettere Erdogan alle strette serve un piano di lungo periodo di cui, al momento, non c’è traccia.

Generale, sottoscrive la mozione?

Credo non faccia altro che prendere atto di un processo in corso. Questa batteria doveva comunque essere ritirata. La presenza italiana al confine turco-siriano era stata già prorogata su richiesta della Turchia, che la considerava uno scudo dalle minacce missilistiche dalla Siria. Oggi naturalmente le condizioni per restare sono venute meno. E infatti l’operazione, che rientra in una missione Nato, sarebbe terminata a breve.

Insomma, è servita o no?

Diciamo che la nostra presenza è stata molto proficua per i turchi e poco per noi. Come non bastasse hanno girato lo sguardo dall’altra parte. Abbiamo portato sul territorio i SAMP-T mostrando la loro efficienza e loro si sono attrezzati con i missili russi S-400.

Una mossa non solo commerciale…

Ambedue i sistemi sono performanti. Certo, ci si aspettava che la Turchia, Paese membro della Nato, scegliesse di rifornirsi da un altro Paese membro, l’Italia, che ha dimostrato solidarietà irrobustendo la sua difesa aerea. E invece ha scelto l’arsenale russo. Poi ha massacrato i curdi, violando tutti i principi della Nato cui sarebbe vincolata.

Torniamo alla mozione. Quindi la richiesta è legittima?

Sì, ma non è altro che una puntura di spillo. Dovremmo mettere a punto una visione di medio-lungo periodo dei rapporti fra Italia e Turchia, metterli in discussione.

Come?

Il governo italiano dovrebbe farsi promotore di una revisione della membership turca nella Nato, riflettere se ha ancora senso lasciare aperta la porta dell’Ue e accendere i riflettori sul doppio filo che lega Roma e Ankara nella gestione del fenomeno migratorio.

Continui…

Non basta intervenire di volta in volta, serve un approccio onnicomprensivo. Invece il governo come al solito non va oltre la quotidianità, si limita a gestire la cronaca e magari qualche zuffa tra diverse forze politiche. Insomma, si mette sempre mano al software e mai all’hardware.

Di Maio ha detto che l’Italia “reagirà a provocazioni” in Siria.

Meglio lasciar perdere. Sono affermazioni incommentabili. Sono sicuro che ad Ankara non stiano tremando di paura.

Torniamo alla Nato. Il problema turco è uno dei sintomi della “morte cerebrale” di cui parla Emmanuel Macron?

La Nato non è in morte cerebrale ma sicuramente vive uno stallo e la membership turca ne è la principale ragione. L’unico modo per uscirne è tirare una linea rossa e capire se si possono continuare a tollerare certi comportamenti.

Il problema turco non nasce oggi…

La Turchia è sempre stata un partner della Nato difficile, ostico, ribelle. Quando ero un giovane capitano ricordo i turchi entrare nelle riunioni e azzuffarsi con il resto dei presenti con qualsiasi pretesto. Poi le liti sono diventate reali, abbiamo assistito inermi per lustri a uno scontro armato fra due Paesi membri, la Grecia e la Turchia. Non possiamo mettere la polvere sotto il tappeto ancora a lungo.

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