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Vi racconto le sfide del pharma 4.0. Parla Scaccabarozzi (Farmindustria)

Chief digital officer. È la parola-chiave – e soprattutto figura-chiave – di cui tutte le imprese devono dotarsi se vorranno guardare al futuro con efficienza. Un ruolo, nuovo nella sua definizione ma non altrettanto nei suoi task, in grado di coordinare tutte le attività e le strategie digitali di un’azienda, governando la digital transformation. E sebbene in Italia non ancora tutte le medie e grandi imprese ne abbiano uno, sono comunque in molte quelle che si stanno dotando o si sono già dotate di questa figura, diventata ormai la terza più ricercata dalle aziende sul piano internazionale.

Lo stesso vale per il settore farmaceutico, fra i maggiori e migliori candidati per l’integrazione del chief digital officer, così come di tutte le nuove figure digital che si affacciano sul mercato del lavoro. Il comparto, infatti, rappresenta una delle aree in cui l’innovazione è in grado di produrre maggiori benefici. “Da noi l’innovazione è vita – ha dichiarato Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, l’Associazione delle imprese del farmaco,  in un’intervista a Formiche.net – perché produce vita. E per produrre vita bisogna essere sempre più innovativi. Lo dobbiamo a tutte le persone malate che stanno aspettando i risultati della nostra innovazione”.

Sono infatti molteplici gli impatti positivi che l’evoluzione tecnologica ha e potrà avere sul comparto, come spiega il report di Bain Company per Farmindustria Definizione dei nuovi profili professionali necessari ed emergenti per la gestione della digitalizzazione dell’industria farmaceutica. In primis sulla produttività lungo la catena del valore. Attraverso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, dei sistemi di apprendimento automatico e delle simulazioni digitali, ad esempio, si potrebbe efficientare di molto l’attività delle divisioni di ricerca e sviluppo. Con ricadute positive non solo sugli esiti di ricerca per le terapie mirate, ma anche sui costi di sviluppo. Ma l’innovazione risulta fondamentale non solo per il comparto ricerca e sviluppo, come ricorda Scaccabarozzi, “ma anche nella produzione e nel coinvolgimento dei medici e dei pazienti. La digitalizzazione consente di aumentare notevolmente la produttività, ma anche, per fare un esempio molto semplice, di semplificare e velocizzare il lavoro dei ricercatori e dei clinici, che oggi possono attingere a una miriade di dati con un semplice click”, spiega il presidente di Farmindustria.

Vi sono però anche importanti sfide da vincere. Nei prossimi cinque anni, infatti, sono attese innovazioni digitali che richiederanno nuove modalità di reperimento e diffusione delle competenze. Fra queste, il documento riporta le “advanced analytics” per lo studio degli effetti delle mutazioni genetiche per gli assessment dell’efficienza produttiva e per un miglioramento del go-to-market; lo “sviluppo di device di diagnostica portatile con interfaccia” e il lancio di drug delivery system sofisticati; la “digitalizzazione della comunicazione con l’esterno” e lo sviluppo di community dedicate a malati cronici.

Altro rischio legato all’adozione del digitale, in particolar modo nel settore pharma, è quello della privacy. È importante, perciò, sviluppare un piano di innovazione digitale che minimizzi eventuali effetti indesiderati del cambiamento. “Bisogna essere preparati per poter governare l’innovazione e non rimanerne vittime”, ha rimarcato il presidente dell’Associazione delle imprese del farmaco. E per farlo bisogna dotarsi di competenze e specialisti in grado di farlo. Nessun timore, dunque, in merito all’occupazione. Non solo saranno create nuove professioni, ma –  precisa Scaccabarozzi – la digitalizzazione nei laboratori non potrà mai prescindere dalla presenza umana. È l’uomo, infatti, a ottimizzarla”.

L’Italia, ad ogni modo, ha già dimostrato di aver implementato alcune applicazioni digital di grande importanza, come la produzione in continuo. “Questa – continua Scaccabarozzi – consente di raggruppare in un unico processo varie fasi di produzione, consentendo al contempo un elevato livello di produttività ma anche una qualità superiore in ogni fase del processo”.

Per questa ragione, e per cogliere appieno le opportunità di business abilitate dal digitale, “le farmaceutiche italiane – spiega il report – dovranno sviluppare nei prossimi anni dei veri e propri percorsi accelerati di sviluppo delle competenze, definendo fin da subito sia i target di lungo periodo che gli sviluppi intermedi necessari”, con l’obiettivo di avere “un ecosistema digitale funzionante, armonizzando i sistemi IT, le piattaforme di raccolta dati, la cultura aziendale e i sistemi operativi”. Come hanno già fatto su scala internazionale alcuni dei più grandi player tecnologici come Google, Samsung, Apple e Ibm Watson, che inserendosi nel settore healthcare hanno creato veri e propri spazi di mercato.

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