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Cina, Iran, Stati Uniti. Da che parte sta oggi l’Italia? Il commento di Capozzi

Mentre la politica italiana si accapiglia su argomenti “attualissimi” come l’antifascismo, e la massima proiezione internazionale del dibattito è rappresentata dalla contrattazione con la Commissione europea in merito alla legge di Bilancio, il mondo ribolle, e le linee di conflitto nei nuovi assetti del potere internazionale si ridefiniscono.

Due casi emergono attualmente su tutti: le violente repressioni operate dal regime cinese a Hong Kong e da quello iraniano contro la nuova insurrezione promossa dai suoi dissidenti. Segni, entrambi, di debolezza ma anche di crescente spavalderia di due poteri impegnati in grandi disegni di espansione verso l’esterno. Rispetto a questi dossier, e alle scelte di schieramento che essi implicano, il quadro offerto dalla coalizione Pd-M5S-Leu-Renzi è a dir poco desolante.

Il precedente governo gialloverde in politica estera aveva offerto un’immagine piuttosto confusa: diviso come era tra le evidenti simpatie filo-cinesi dei 5 Stelle e la simpatia trumpiana/atlantica della Lega, complicata da spinte verso la Russia di Putin. La disputa sulla “Nuova via della seta” e sulle reti 5G Huawei era stata una chiara avvisaglia dei rischi a cui il Paese stava andando incontro con la sua condotta ambigua. Ma con il “Giuseppi 2” la nostra posizione nel mondo è diventata ben più problematica.

Da che parte sta l’Italia di fronte alla linea severa tenuta verso Cina e Iran dall’amministrazione Trump? Da che parte sta nell’incombente nuovo dualismo di potenza tra Stati Uniti e Cina, e nello scenario africano-mediorientale, in cui oltre a Iran e Cina giocano spregiudicatamente le loro carte Russia e Turchia?

Riguardo ai rapporti con cinesi e iraniani le uniche risposte governative, non certo confortanti, sono state la visita del ministro Di Maio a Shangai per motivi commerciali – in cui non si è udita da parte sua (come pure in altre sedi) alcuna voce critica verso il governo cinese; e dall’altro lato l’incontro cordiale tra il sottosegretario pentastellato agli Esteri Manlio Di Stefano con l’ambasciatore iraniano, in cui, tra promesse di rafforzamento dei rapporti commerciali tra i due Paesi, neanche una sillaba è stata detta sulla repressione delle proteste e la censura in quel Paese.

D’altra parte, sono ben note le posizioni filo-iraniane espresse già in tempi non sospetti dal M5S. E va ricordato come il principale partner governativo dei pentastellati, il Partito democratico, tuttora controbilanci una pallida tendenza atlantista (versione Hillary/Deep State) con una storica, pronunciata curvatura anti-israeliana, convergente con la linea di appeasement al ribasso verso l’Iran portata avanti dalla Ue, e rappresentata al massimo grado della sua politica estera proprio dalla piddina Federica Mogherini.

Insomma, con il Conte bis la politica estera italiana appare sempre più istradata su una deriva di fatto anti-occidentale, sia pur non ufficialmente dichiarata. Sotto la coltre sottile del dirigismo Ue ancora a trazione franco-tedesca il nostro esecutivo configura il Paese come un disordinato terreno di conquista per interessi cinesi e di varia provenienza mediorientale. Pregiudicando l’unica soluzione strategica che proteggerebbe efficacemente gli interessi nazionali ed europei: il rinnovo di un solido patto transatlantico, da estendere se possibile in prospettiva alla Russia.

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