Perché mai bisognerebbe contrapporre i diritti sociali ai diritti civili? E addirittura anteporre i diritti sociali ai diritti civili? Più chiaramente, qualcuno, mi sembra di avere capito che è, fra gli altri, la posizione di Romano Prodi, ritiene che il Partito democratico ha sbagliato a perseguire e garantire i diritti civili degli omosessuali e dei trans gender prima e a scapito del diritto al lavoro. Questa posizione ha subito trovato conforto, più o meno opportunistico, da un lato, in Di Maio che ha dichiarato il suo essere “sconcertato” dalla proposta di Zingaretti di formulare leggi in materia di ius soli e di ius culturae, dall’altro, nel presidente dell’Emilia-Romagna il Pd Stefano Bonaccini per il quale la revisione della plastic tax viene molto prima dell’estensione del diritto di cittadinanza. Se interpreto correttamente questa posizione, il timore è che se il Parlamento, già oberato dalla finanziaria, s’impegnasse ad analizzare e valutare i disegni di legge in materia di cittadinanza, non troverebbe il tempo per rivedere la plastic tax e altro. Questo timore sembra essere condiviso da Forza Italia e cavalcato da Salvini e Meloni.
Nella storia della conquista e dell’espansione dei diritti, splendidamente scritta dal sociologo inglese T.H. Marshall, sono venuti prima i diritti civili, quelli del cittadino, libertà di espressione, associazione, culto, proprietà; poi quelli politici, votare ed essere eletti, creare partiti, fare propaganda; infine, ma non dappertutto, i diritti sociali, salute, istruzione, lavoro, assistenza, pensione. La sequenza ha richiesto più o meno tempo, in qualche sistema politico, pure democratico, non è ancora stata completata (v. la salute negli Usa). Inoltre, con il governo della signora Thatcher, molti studiosi (ma anche il regista Ken Loach!) hanno notato e fatto rilevare che il taglio dei diritti sociali, lavoro e salute, finiva per incidere negativamente sui diritti politici e persino su quelli civili. Privati del lavoro, molti cittadini non avevano più le risorse per utilizzare i loro diritti civili e politici.
Non elaboro il punto che un Parlamento bicamerale organizzato in Commissioni non avrebbe il tempo di procedere in un suo ramo alla discussione, emendamento e approvazione della finanziaria, rivedendone aspetti delicati, come la plastic tax (sic), mentre l’altro ramo si dedica ai pure molto delicati ed eventualmente, ma non inevitabilmente, complicati disegni di legge in materia di ius soli e ius culturae. Non è così. Infatti, il pregio del bicameralismo è che rende possibile esperire una pluralità di compiti grazie ad un’accurata divisione del lavoro a condizione che la maggioranza sia coesa e intelligente. Mi preme, invece, sottolineare che coloro che cittadini non sono rischiano in questo paese di trovarsi esposti allo sfruttamento. In maniera leggermente diversa, ma compatibile, sia lo ius soli sia lo ius culturae costituiscono due strade percorribili affinché i migranti nati in questo paese da genitori stranieri ottengano la cittadinanza su loro richiesta in base a chiari requisiti di tempo e di completamento di un ciclo educativo. Divenuti italiani, potranno anche godere dei diritti sociali fra i quali quello al lavoro. Oggi in troppe situazioni i migranti privi di cittadinanza vedono i loro diritti sociali elusi e spesso calpestati. I diritti civili sono la precondizione cruciale per godere dei diritti sociali. Insieme i due grappoli di diritti si rafforzano. Quando mancano i diritti civili, l’accesso ai diritti sociali dipende dall’arbitrarietà, è raro, episodico oppure tristemente negato. L’esito è una società ingiusta.