La pubblicazione dell’indice Global Cities Index 2019 da parte della società di consulenza globale A. T. Kearney è l’occasione, anno per anno, per leggere evoluzione, ruolo e direzione di uno dei protagonisti del nostro tempo: la realtà delle città globali. Sempre più centrali nella dimensione mondiale e sempre più centrali nel rapporto con altri protagonisti a partire dai big player dell’economia tech, della cultura, degli investimenti.
Il rapporto 2019 rileva quali big cities hanno la leadership mondiale e perché. Lo studio non si limita a fotografare l’esistente ma a provare a leggere quali tra queste, rispetto al futuro, sono all’avanguardia e maggiormente “attrezzate” per affrontare sfide e cambiamenti. L’analisi considerata, definita con misuratori scientifici e con la lettura di parametri innovativi, non è infatti importante solo dal punto di vista della ricerca, ma anche (e soprattutto) come elemento di riferimento per decisioni dei protagonisti del privato che determinano scelte, investimenti, localizzazioni che impattano su comunità e regioni del mondo: il rapporto infatti è sempre più spesso utilizzato da multinazionali e organizzazioni non governative nella valutazione delle decisioni e preso in considerazione tra gli elementi di valutazione rispetto al dove e perché investire.
Per determinare l’indice, sono 27 i parametri utilizzati divisi in 5 dimensioni o categorie. A) Attività di business (dinamismo del mercato, presenza di imprese, investimenti); B) capitale umano (investimento e livelli di istruzione); C) circolazione delle informazioni (libertà delle informazioni, accesso all’utilizzo di internet); D) vita culturale (quantità ed accesso ad eventi, musei, manifestazioni sportive); E) attività politica (attività di think thank, presenza di ambasciate, eventi politici). Ne viene fuori una classifica che, in ordine, individua la conferma del podio dello scorso anno, New York, Londra, Parigi, ed a seguire le seguenti realtà: Tokyo, Hong Kong, Singapore, Los Angeles, Chicago, Pechino, Washington, Sidney (che guadagna 4 posizioni rispetto al 2018), Bruxelles, Seoul, Berlino, Madrid, Melbourne, Toronto, Mosca (che perde 4 posizioni rispetto al 2018), Shanghai, Amsterdam, Boston, San Francisco, Barcelona, Buenos Aries, Vienna (+4 rispetto al 2018). Da una prima occhiata del Global Cities Index 2019 si nota una preponderanza di città americane ed europee (15) ma ben 6 sono quelle asiatica entrate tra le prime 25 del mondo.
Accanto a questo index, A. T. Kearney determina anche un altro indice, riferito sulla prospettiva di futuro che hanno le città mondiali. Un outlook che è definito da 13 misuratori divisi in 4 macro-categorie: A) benessere personale (sicurezza, qualità della vita, prestazioni ambientali); B) economia (investimenti di lungo termine); C) innovazione (investimenti generati da brevetti, incubatori); D) governance (trasparenza, stabilità, efficenza della burocrazia). Nell’outlook viene fuori questa classifica: Londra, Singapore, San Francisco, Amsterdam, Parigi, Tokyo, Boston, Monaco, Dublino, Stoccolma, Toronto, Ginevra, Sydney, Melbourne, Zurigo, Berlino, Copenhagen, Vienna, Vancouver, Abu Dhabi, Houston, Mosca, Montreal, New York, Tapei.
Leggendo insieme i due elenchi vengono fuori diverse chiavi di lettura e informazioni, tra queste ne metto qui in evidenza alcune, con un semplice richiamo, che hanno una valenza di rilievo: la triade New York, Londra e Parigi conferma il loro dominio decennale su scala mondiale e, tra queste tre, Londra è presente in posizione apicale sia nell’index che nell’outlook. Se si incrociano questi dati con quelli relativi ai singoli Stati di appartenenza delle città, quest’ultime hanno prestazioni migliori del resto del mondo e attraggono maggiormente talenti qualificati. Se si guarda invece alle oltre 100 realtà analizzate annualmente, si nota come vi sia una crescita delle città asiatiche e che nello specifico quelle cinesi sono cresciute tre volte più velocemente di quelle nordamericane e, nella classifica outlook, anche 3, 4 volte più velocemente di quelle europee. Per fare una sola citazione che racconta più di tante analisi, Suzhou conquista 20 posizioni in gran parte grazie alla crescente popolazione di studenti stranieri.
C’è da dire che per le città europee il temuto “disastro finanziario” della Brexit non si è concretizzato e che il suo impatto – almeno al momento – è fortemente limitato: se si guarda bene, dal 2009 il Financial Times stock exchange è in costante aumento e Londra continua ad attrarre investimenti esteri. Però è da segnalare come la stessa capitale inglese insieme a Parigi, Bruxelles, Berlino e le altre europee abbiano rallentato sul versante delle attività commerciali (si investe meno a causa dell’incertezza politica dovuta all’emergere di movimenti sovranisti ed all’instabilità dei governi centrali) e sopratutto peggiorano i punteggi relativi alle voci del “capitale umano”. Questo aspetto – il capitale umano e la sua valorizzazione – si conferma quindi un elemento centrale e sempre più “pesante” nella valutazione: le persone, la loro formazione, il capitale umano, è una “merce” deperibile e che si consuma come tante altre; oggi ci si sposta con maggiore facilità e ciò determina uno dei principali fattori di differenziazione tra città.
Come racconta direttamente l’analisi che realizza la società di consulenza “mantenimento e attrazione del capitale umano rappresentano una delle sfide di maggior rilievo di gran parte delle città, tutte lottano per tenere il passo di leadership tra le altre” ed essere attrattive per singoli o gruppi istruiti e formati, è un elemento di vantaggio. Approfondendo ancora di più si vede come due città americane abbiano ruolo di rilievo grazie ad altrettanti elementi riconducibili a questo tema: New York mantiene il primato per la popolazione di origine straniera; Boston ha un punteggio elevato grazie alle proprie università. Entrambi le due comunità hanno innesti importanti di abitanti istruiti e aperti all’orizzonte ed alle sfide del mondo con un indubbio vantaggio (diretto e indiretto) per le città in cui si trovano. Se si considera infine che l’apertura dei media e della forte circolazione di notizie nelle città agevola e aumenta non solo il semplice scambio di informazioni, ma si somma all’elemento di formazione della singola persona, ci si rende conto quanto ciò contribuisca all’istruzione aperta per le persone e del perché le metropoli siano avvantaggiate rispetto ad altri livelli istituzionali.
Una ultima considerazione è da fare con riferimento al “resto del mondo”. Come già accennato, cresce lo spazio delle città asiatiche (e se si allarga lo sguardo oltre questa analisi, si intravede anche il protagonismo di quelle africane che nel futuro di medio termine avranno sempre più forza e impatto basti pensare a Lagos in Nigeria che stima di avere oltre 30 milioni di abitanti già nel 2025). Forza dell’economia cinese e asiatica in generale e le aperture della regione del Medioriente spingono le città di queste regioni verso maggiore rilevanza sulla scena globale. Le realtà cinesi hanno migliorato loro punteggi di governance e procedure di attrazione di investimenti. E non è un segreto che le grandi megalopoli orientali siano tra le meglio attrezzate per la nuova frontiera del futuro: il tech. Ciò favorisce la loro ascesa perché in un contesto regionale che le agevola. Nel rapporto 2020 si misurerà quanto e dove sono cresciute rispetto alle città occidentali e se queste hanno avuto la forza di reagire per non farsi scavalcare.