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“Mamma, è pronta la cena”? A tavola, insieme, al tempo dei social

Gli italiani sempre più “connessi” per le statistiche, ma ancora troppo poco formati alle nuove tecnologie. Solo il 44 per cento possiede competenze digitali di base, rispetto ad una media europea di tredici punti più alta negli altri Paesi. Così l’ultimo rapporto Desi della Commissione Ue, ed il Commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda digitale, Luca Attias, parla di “emergenza digitale”. Anche uno studio Ocse conferma che “la popolazione italiana non possiede le competenze di base necessarie per prosperare in un mondo digitale. Solo il 36% degli individui, il livello più basso tra i Paesi Ocse, è in grado di utilizzare Internet in maniera complessa e “diversificata”. Eppure, siamo un popolo molto “connesso”: sempre per il rapporto Desi, gli utenti Internet sono il 72% della popolazione e, come rilevato dal rapporto Digital 2019 di We Are Social, ogni italiano possiede, in media, più di uno smartphone (86 milioni in totale). Si è connessi circa sei ore al giorno, due delle quali sui social media.

Nel nostro Paese manca, insomma, da un lato un’adeguata e specifica formazione, un’alfabetizzazione digitale per gestire correttamente un mondo che, se non conosciuto, può stravolgere le capacità cognitive e condizionare pensieri ed emozioni, oltre che la salute. Mentre per altro verso, non possiamo fare a meno di essere connessi. La domanda è, quindi se si tratti di una connessione “consapevole”. Gli strumenti tecnologici sono certamente oggi essenziali compagni di lavoro e di vita, ma l’uso ne richiede disciplina. L’utilizzo improprio può avere, infatti, effetti negativi sulla salute e sulla vita sociale, professionale, familiare e di relazione. Nel mondo del lavoro, forme specifiche da tecnostress sono registrate sempre più frequentemente. Di recente, il Capo della Polizia Franco Gabrielli, ha emanato una circolare per un uso responsabile dei social. In Francia, nell’ambito di una normativa sul lavoro, è stato approvato il “diritto di disconnessione” da negoziare con le aziende per “staccare la spina” da contatti telefonici e mail, al di fuori dell’orario di lavoro. Ma come sono cambiate le nostre abitudini nella vita privata e familiare al tempo dei social? Anche a tavola il cellulare è inseparabile. Ci condiziona e ci tiene sotto scacco, controlla la velocità tra un boccone e l’altro, ed  impone spesso la sua presenza non solo durante i pranzi di lavoro ma persino nelle cene “a lume di candela”, nonostante il bon ton lo vieti durante i pasti.

La “nomofobia”, l’ansia causata dalla dipendenza da cellulare, è una realtà molto diffusa in ogni contesto. Interessante, tuttavia, una recente ricerca del Department of Psychology dell’Università di Toronto, pubblicata sulla rivista Stress and Health, che ha considerato se sia l’uso dello strumento a causare lo stress, o se l’uso ossessivo non dipenda invece da disagi della persona alla ricerca di risposte per colmare vuoti, solitudine, ansie. Lo sappiamo tutti, “Siamo quello che mangiamo” diceva Feuerbach. Da come mangia e da quello che mangia, possiamo riconoscere un uomo, e secondo recenti studi, anche dall’ora in cui mangia. Il cibo influenza non solo il corpo ma anche la nostra coscienza e il modo di pensare. La nostra predisposizione alla vita, per un’esistenza in buona salute, fisica e mentale. Secondo la nutrigenomica, persino il funzionamento del nostro Dna sarebbe modificato dalle sostanze nutritive che ingeriamo. Recenti studi dimostrano che consumare i pasti velocemente dinanzi al pc o al cellulare ne amplifica il bisogno quantitativo, annullando in breve la memoria di ciò che si è consumato. Non un semplice mezzo per nutrirci, il cibo è anche cultura, socialità, identità. Nutrimento del corpo e dell’anima, è la nostra storia, i sapori di casa, i ricordi d’infanzia, quei frammenti di vita che ritornano alla memoria, a volte con nostalgia.

Il cibo che diventa ricordo, un’arte di seduzione per le nostre nonne. Oggi, quanti riescono a conservare l’attesa e il gusto della cena? Per molte donne, condizionate da una preparazione rapida ma garantita, il momento della cena diventa una “caccia al tesoro” per recuperare l’attenzione di figli e compagni impegnati in una costante “connessione”. Eppure, anche ora, il cibo può sedurre. Il cibo è condivisione, amore. Dedicarsi a cucinare un piatto buono non è difficile e non richiede molto tempo. Proviamo a preparare la cena insieme, in famiglia, con le persone care. Cibo per guardarsi negli occhi, almeno una volta al giorno. È ancora bello sentire “mamma, è pronta la cena”? Un dono per una madre, casalinga o manager non fa differenza, è il desiderio di un figlio di voler stare intorno ad una tavola ben apparecchiata. Un momento prezioso, per una pausa, una riflessione, uno stacco da frenetici messaggi di smartphone, da selfie e nevrosi della giornata, diverse per ognuno di noi. Ciascuno nel proprio piccolo, grande mondo può farlo.

La tecnologia non può cambiare le relazioni interpersonali se c’è l’impegno quotidiano a custodire valori che diano un senso positivo alla vita. Ogni donna è capace di creare atmosfere giuste per favorire il dialogo, mettere insieme posizioni, allentando tensioni e ricucendo affetti, e desidera accogliere con il sorriso anche il momento della cena. In famiglia rivediamo la divisione dei compiti, e non solo per una concreta parità di genere. Può rappresentare un’invisibile grande rivoluzione che parte dalle donne e che coinvolge anche gli uomini. Proviamo ad abbattere, partendo dalle piccole cose, gli stereotipi che vedono la donna oppressa dalla logorante quotidianità. Non costringiamo la femminilità nei limiti dei parametri che ogni cultura attribuisce alla donna. Diamo all’impegno in casa una dignità pari al lavoro. Prepariamo la cena insieme, con entusiasmo.

Fermiamoci tutti, almeno mezz’ora, ogni sera! È il momento in cui possiamo ascoltare racconti, incontri, ansie, inadeguatezze, disagi e condividere anche gioie e successi. In una conversazione che ha delle sfumature forse più complicate e delicate del linguaggio immediato dei social, ma senza solitudine. Recuperiamo le nostre emozioni: sono la vera chiave di qualsiasi cambiamento. La stessa tecnologia fa leva in realtà sull’emotività. Accogliamo e viviamo il senso pieno dell’esistenza, possiamo provarlo a tavola, con i nostri amici, con le persone più care. Quando ci incontriamo con autentica gioia, non per colmare vuoti. Condividere il buon cibo, con amore, avvicina da sempre. Lontano dal richiamo ossessivo degli smartphone o  dalla ripetitività di foto fatte ai piatti che consumiamo, al solo scopo di trasferire ad altri, spesso sconosciuti, un’immagine della nostra condizione personale e sociale. E non per un’autentica condivisione di emozioni.

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