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La sorpresa Mezzogiorno, altro che deserto industriale. Il commento del prof. Pirro

Ora anche il Sole 24 Ore, quotidiano della Confindustria, incomincia ad offrire una rappresentazione del Mezzogiorno alle soglie della desertificazione industriale? Oggi domenica 10 novembre sono uscite due sue pagine che francamente lasciano molto perplessi. Certo, nessuno nega l’esistenza dei casi aziendali irrisolti ricordati negli articoli, ma nessuno può affermare – se intellettualmente onesto – che essi preludano alla desertificazione industriale dell’Italia meridionale. E tutta l’altra industria di ogni dimensione che in ogni regione del Sud produce, compete, innova ed esporta non deve mai fare notizia?

Il Sole inoltre parla di pochi investimenti nel Sud, ma i suoi giornalisti sono informati degli 84 contratti di sviluppo (solo manifatturieri) cofinanziati da Invitalia fra il 2012 e il 2018 – e cui se ne sono aggiunti altri nel 2019 – e delle decine di contratti di programma della Regione Puglia utilizzati gli uni e gli altri dalle grandi imprese negli ultimi dieci anni? E sono informati degli investimenti non assistiti da incentivazioni di tante altre grandi imprese? Insomma, gli imprenditori e i dirigenti d’azienda che guidano ogni giorno le loro industrie devono essere sempre ignorati? E poi si meravigliano e si dolgono in Confindustria di perdere iscritti, o di non riuscire a farne di nuovi?

Certi articoli, è bene essere molto chiari al riguardo, finiscono purtroppo con l’ignorare il potenziale produttivo del Meridione, sottovalutando il vasto e in molti comparti imponente apparato di produzione industriale, senza i cui beni l’intero Paese sarebbe economicamente più debole e meno competitivo.

Una recentissima ricerca curata dallo scrivente per conto della Srm, società di ricerca del Gruppo Intesa San Paolo di imminente pubblicazione, ha posto in luce, ad esempio, che le tre più grandi fabbriche italiane per numero di addetti diretti sono tuttora localizzate nel Mezzogiorno. Il Siderurgico di Taranto – oggi ancora gestito da ArcelorMittal Italia, ma che potrebbe anche essere nazionalizzato con tutto il gruppo Ilva – è sempre il primo plant manifatturiero per numero di occupati diretti (8.277), oltre che il maggior impianto siderurgico a ciclo integrale d’Europa. La fabbrica di auto della Fca a S.Nicola di Melfi (PZ) è la seconda con i suoi 7.256 occupati, mentre la Sevel – joint venture fra Fiat e Peugeot ad Atessa in Val di Sangro (CH) per la costruzione di veicoli commerciali leggeri (brand Ducato) – è la 3° con 6.100 persone occupate. Ognuno di questi tre stabilimenti, a sua volta, alimenta attività indotte di rilevanti dimensioni, pari a circa 7.000 unità nel Tarantino, a 4.100 nell’indotto di 1° livello nell’area melfitana, mentre l’intero settore dell’automotive in Abruzzo – ove è in produzione anche una grande fabbrica della Honda di motocicli – occupa circa 30mila unità fra diretti e addetti alle tante aziende di subforniture.

In Italia dunque la maggiore quantità di autoveicoli – fra automobili e veicoli commerciali leggeri – si produce nel Meridione fra i tre siti di Melfi, Pomigliano d’Arco ed Atessa, mentre i grandi stabilimenti della Fpt a Foggia e di TD-Bosch, della canadese Magna e di Bridgestone, Magneti Marelli, Skf, Graziano, che esportano in tutto il mondo, e il loro indotto nell’area industriale di Bari, costituiscono uno dei distretti della componentistica automotive più dinamici del Paese. A Lecce un sito di eccellenza della Cnh costruisce macchine movimento terra vendute in vari Paesi che alimenta un indotto di apprezzabili dimensioni.

Le maggiori raffinerie italiane per capacità di lavorazione sono insediate nell’Italia meridionale, distribuite fra Sarroch (CA) in Sardegna – ove è in esercizio quella ‘supersite’ della Saras, fra le più grandi in Europa, controllata dalla famiglia Moratti – quella altrettanto imponente a Priolo (SR) in Sicilia ove è in produzione la russa Lukoil, l’altra ad Augusta sempre nel Siracusano, ove raffina l’impianto ceduto dalla Exxon agli algerini della Sonatrach, ed infine la Ram a Milazzo nel Messinese, joint- venture fra Eni e Kuwait Petroleum, cui si affianca a Taranto quella dell’Eni che tratta il greggio della Val d’Agri ed è l’unica insediata nell’Italia meridionale peninsulare.

I maggiori giacimenti petroliferi europei on shore sinora scoperti sono localizzati in Basilicata, ove si estrae nell’area di Viggiano (PZ) in Val d’Agri ad opera di Eni e Shell – che gestiscono anche il locale Centro Oli per un primo trattamento di quanto viene estratto – e nella vicina Corleto Perticara dove fra breve inizierà a produrre il raggruppamento Total-Shell e Mitsui che ha costruito un altro Centro Oli, investendo in tale struttura e nel suo raccordo con i pozzi circa 2,5 miliardi di euro.

Due dei cinque distretti aeronautici italiani sono localizzati in Campania – con i grandi siti della Leonardo di Pomigliano d’Arco e Nola con le relative supply chain – e in Puglia con i due imponenti stabilimenti della stessa società a controllo pubblico di Grottaglie nel Tarantino e di Foggia. Nella fabbrica di Grottaglie (1.300 addetti) si costruiscono due sezioni della carlinga in fibre di carbonio dell’aereo passeggeri 787 Dreamliner della Boeing, imbarcate poi su giganteschi velivoli cargo che decollano dal grande aeroporto della stessa cittadina dirigendosi negli Stati Uniti. Gli altri distretti aeronautici italiani sono nel Lazio, in Piemonte e in Lombardia. Ma anche a Brindisi esiste un nucleo di fabbriche dello stesso settore facenti capo alla statunitense Avio-Aero (770 occupati), Leonardo Divisione Elicotteri (420 addetti), e alla Salver (300) per le quali lavorano altre Pmi locali nelle subforniture.

Nell’industria meccanica pesante spiccano le fabbriche della BHNuovo Pignone di Bari e Vibo Valentia, la Walter Tosto in Abruzzo, mentre nell’elettromeccanica la Getra di Caserta costruisce trasformatori venduti anche su diversi mercati esteri.

Il maggior Arsenale della Marina Militare è quello di Taranto ove lavorano 1.500 addetti fra 1.350 civili e 150 militari: un cantiere navale ora in piena attività per la manutenzione della ammiraglia della flotta italiana, la Cavour, e per gli interventi anche su navi civili. E i due grandi cantieri della Finmeccanica di Castellammare di Stabia – ove a maggio è stata varata la Trieste, nuova nave ammiraglia della nostra flotta che sostituirà la Cavour – e di Palermo sono punti di forza della grande holding pubblica, così come i Cantieri del Mediterraneo e i Cantieri Palumbo di Napoli e quello del gruppo Immsi a Messina.

Le moderne fabbriche chimiche della Versalis a Brindisi e Priolo, della statunitense LyondellBasell a Brindisi e della Sasol in Sicilia sono cardini del settore a livello nazionale. Anche l’industria farmaceutica è massicciamente presente nel Sud con gli stabilimenti della francese Sanofi nell’Aquilano e a Brindisi, della tedesca Merck a Bari, delle statunitensi Novartis a Torre Annunziata e Pfizer a Catania, e con gli impianti delle italiane Dompé, Menarini, Altergon, Sifi, Kedrion, Gnosis Bioresearch, Lachifarma.

Anche la costruzione e manutenzione di treni e di loro componenti è ben presente nel Sud nei grandi stabilimenti della Hitachi Rail Italy di Napoli e Reggio Calabria, della Titagarh Firema nell’area di Caserta e delle Officine delle FS a Foggia. Anche il settore minerometallurgico vede in esercizio la Portovesme a Portoscuso in Sardegna, che è la più grande fabbrica italiana di piombo e zinco, mentre la Eurallumina e la ex Alcoa, ora dell’elvetica Sider Alloys, nella stessa zona stanno per ripartire e costituiscono l’unica filiera dell’alluminio primario in Italia.

Nella produzione di energia da fonte eolica la Puglia con le sue wind farm è la prima regione in assoluto in Italia, così come per la generazione di energia da fonte fotovoltaica. La Puglia poi è la seconda regione del Paese per energia generata da qualunque fonte (fossile e rinnovabile) alle spalle della Lombardia, grazie anche alle grandi centrali di Enel – in via di riconversione a metano – e di Enipower, Sorgenia, Edison, En.Plus, tutte a metano. E non si dimentichi che la maggiore centrale idroelettrica del Paese per capacità (1.000 MW) non è sulle Alpi, bensì a Presenzano in Campania. A Taranto invece la multinazionale danese Vestas, unica in Italia, costruisce grandi pale per macchine eoliche di elevata potenza che esporta ormai da anni.

A Monopoli nel Sud Est Barese opera l’azienda leader nel mondo nella progettazione e costruzione di treni ‘diagnostici’, utili per verificare con i loro apparati informatici il perfetto allineamento dei binari, facente capo al gruppo Angel dell’ing. Vito Pertosa che controlla nella stessa zona anche una fabbrica di minisatelliti (la Sitael) ed una di aerei leggeri (la Blackshape).

Nell’industria agroalimentare big player nazionali ed esteri sono distribuiti in tutte le regioni del Sud, affiancando cluster diffusi di aziende locali: dalla Barilla alla Ferrero, dalla Coca Cola alla Birra Peroni-Asahi, dalla Heineken alla Perfetti Van Melle, dalla Unilever alla Nestlé, dalla Granarolo alla Parmalat, dalla Princes-Mitsubishi a Casillo Partecipazioni, i loro stabilimenti (pastifici, birrifici, caseifici, conservifici, molini, etc.) si affiancano a quelli di La Doria, De Cecco, Divella, Siciliani, La Molisana, Gruppo Mataluni-Olio Dante, Olearia Desantis, Pantaleo, Lucio Garofalo, Lepore mare, Rummo, Granoro, Ferrarelle, Lete, Iposea, Callipo, Nino Castiglione, Cooperativa Allevatori di Arborea, e alle decine di grandi cantine, dalla Leone De Castris, alla Mastroberardino, dalla Conti Zecca alla Duca di Salaparuta, dalla Spagnoletti Zeuli alla Tormaresca-Gruppo Antinori, dalla Rivera alla holding emiliana Giv.

I grandi stabilimenti cartotecnici del gruppo multinazionale Seda in Campania, dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato a Foggia, della Cartonpack a Rutigliano e della Ondapack ad Acquaviva delle Fonti in Puglia e della Fater di Pescara sono punti di forza del settore in Italia. E non si dimentichino le grandi vetrerie della Pilkington in Abruzzo, della O-I Owens Illinois in Puglia, Campania e Sicilia, della Veme e della Vebad nel Barese, della Sangalli a Manfredonia, rilanciata dai turchi della Sisecam. Le società nell’ICT come la Exprivia Italtell di Molfetta (BA), quotata in Borsa a Milano, e la Tiscali in Sardegna, anch’essa quotata, competono ormai da anni a livello internazionale. E nella ‘Etna Valley’, dominata a Catania dalla presenza della multinazionale STMicroelectronics con i suoi 4.116 addetti, ha visto quest’ultima lanciare la produzione di dispositivi in carburo di silicio.

Le cementerie dei gruppi Italcementi, Buzzi Unicem, Colacem e Calme sono note agli addetti ai lavori, mentre la Natuzzi, leader mondiale nei divani in pelle, ha il suo quartier generale a Santeramo nel Barese, affiancata nel settore del mobilio dal Gruppo Turi di Bari, produttore di cucine come la Inden a Monteroni nel Leccese.

Il settore del tessile-abbigliamento-calzaturiero – insieme ai noti brand della Campania – vede ormai affermarsi anche all’estero quelli della Puglia, in particolare nel settore dei capispalla di Martina Franca con i marchi di Lerario (Tagliatore), Nardelli, Tagliente, mentre nel calzaturiero spiccano la Cofra di Barletta, leader in Italia nelle safety shoes, e la Leo Shoes di Casarano affermata nel ‘contoterzismo di altissima qualità’ per i grandi marchi fra cui Gucci e Ferragamo.

Gran parte di questi stabilimenti in ogni regione – e questo è un aspetto che è emerso con grande evidenza nella ricerca – negli ultimi anni è stata interessata o si accinge ad esserlo da innovazioni di processo, di prodotti e di organizzazione che rendono evidente la capacità competitiva di questo apparato industriale localizzato nell’Italia meridionale, trainato dalle grandi imprese.

Il Mezzogiorno, dunque, è dotato di un apparato di produzione manifatturiera di rilevanti dimensioni – nel quale sono presenti anche moltissimi cluster, presenti in tutte le regioni, di Pmi in vari comparti – che costituisce una sezione integrante di quello nazionale, che ad esso offre anche semilavorati, beni finiti e servizi. Difendere e valorizzare in logiche di mercato tale apparato significa pertanto concorrere alla difesa di un segmento portante dell’industria nazionale.

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