Forte della sua affermazione in Siria, il presidente russo, Vladimir Putin, continua con la sua agenda estera, spaziando in continenti diversi. L’ultimo, solo in ordine di tempo, è stato proprio l’Europa, o meglio la parte più riottosa dell’Unione europea. Il capo del Cremlino infatti è stato ospite del premier ungherese, Victor Orban. Una due giorni densa di colloqui ad ampio raggio dove i due uomini politici hanno parlato di molti argomenti.
Il primo per importanza è stato l’energia e questa è una cosa che farà poco piacere a Bruxelles. Da mesi Budapest manifestava interesse a ricevere l’approvigionamento del gas russo, oltre a quello ucriano. Gas che dovrebbe arrivare nel vecchio continente grazie al Turkish Stream, la condotta che Mosca e Ankara hanno costruito per trasportare l’oro blu lungo il Mar nero escludendo Kiev dalle grandi rotte dell’energia.
Orban e Putin hanno parlato anche di Nato, con l’impegno, da parte di quest’ultimo, di migliorare le relazioni di Nato e Bruxelles, proprio ora che la seconda sta cercando di limitare la sfera della prima nei Balcani.
Una porta aperta per il numero uno del Cremlino, che non aspettava altro se non di oltrepassarla. La sponda ungherese, per Putin, significa soprattutto ingresso verso altri Paesi europei in deficit energetico e bypassare tutte le manovre fatte da Bruxelles per tenere fuori Mosca dalle mappe dell’energia europea.
Pochi giorni prima, il presidente russo è stato autore di un altro momento diplomatico importante. A Sochi, sul Mar nero, poche ore dopo aver ricevuto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e aver parlato di Siria, il capo del Cremlino ha incontrato i capi di Stato di 43 Paesi africani. Un summit importante ufficialmente per concludere alcuni accordi commerciali, ma ufficiosamente per allungare l’ombra di Mosca sul continente. Gli scambi commerciali fra i Paesi africani e la Russia sono arrivati a 20 miliardi di dollari all’anno. Circa un terzo, sono rappresentati dagli scambi con l’Egitto. Un valore ampiamente migliorabile per il capo del Cremlino, al quale però il commercio non basta.
Putin sa che il Paese ha perso molto terreno sul territorio africano dai tempi dell’Unione Sovietica e vuole recuperare il tempo perso conscio che adesso se la deve vedere sia con una presenza storica come quella francese, sia con la Cina, che nell’ultimo decennio ha praticato una politica di espansione molto aggressiva nel continente africano.
Una influenza praticata in chiave ampiamente anti occidentale, dove Mosca si è proposta come “partner alla pari” in netta contrapposizione alla politica coloniale storica dell’Europa e al neocolonialismo di marca cinese. La Russia ha proposto investimenti infrastrutturali importanti, condivisione di nuove tecnologie e tutte le competenze russe che possano aiutare a sviluppare nuovi settori.
Una vocazione espansionista che mira a riposizionare con forza la Russia sullo scacchiere mondiale, anche per contrastare la crisi economica che inizia a interessare il Paese sempre più direttamente e che sta causando una perdita di consensi al presidente.