E quindi la Commissione UE ha dato il via libera alla Finanziaria: un documento di programmazione ambiguo e cauto, pesantemente influenzato dalle eredità del passato (clausole di salvaguardia, quota 100, reddito di cittadinanza). Ed allo stesso tempo ha tenuto a precisare che i conti pubblici rischiano di non essere in linea con le promesse fatte e con il rispetto dei vincoli della governance economica europea. Se questi ammonimenti arrivano dalla Commissione è perché esiste uno strumento di monitoraggio delle performance macroeconomiche nazionali effettuato da Bruxelles, per verificare se vi siano scostamenti significativi da quanto previsto dalle regole Ue (e, teoricamente, per sanzionare comportamenti palesemente in contrasto con esse), per fornire dei consigli su come amministrare il paese indicando quali interventi siano ritenuti urgenti. Tale strumento/processo dura qualche mese e viene appunto denominato Semestre Europeo.
In ambito accademico, gli economisti si affannano a mettere in evidenza limiti ed opportunità offerte dal Semestre (proprio su questo tema saremo in tanti da domani a discuterne all’Università di Pisa), valutandolo essenzialmente rispetto a tre elementi: a) il grado di legittimazione; b) il rafforzamento (o meno) della Commissione come attore sovranazionale; c) la capacità dello strumento di influenzare le politiche nazionali.
Su tutti questi fattori il giudizio può anche essere (cautamente) positivo: gli elementi di legittimità sono cresciuti nel tempo, con un dialogo costante fra istituzioni europee e nazionali; la Commissione in questo ambito detiene ancora un potere non eccessivamente logorato dalle logiche intergovernative; lo strumento ha dimostrato (come nel caso dell’Italia) di riuscire ad influenzare almeno gli orientamenti ed assetti politici nazionali, se non (purtroppo) la strategia di politica economica.
Eppure, se si vanno a riguardare le Raccomandazioni del Consiglio all’Italia del giugno scorso si fa fatica a comprendere come tale documento di buon senso non sia stato adottato pari pari (per una volta avrei suggerito persino un bel taglia-incolla) dal governo italiano: potenziare le misure per l’occupabilità, innalzare la produttività del settore pubblico, migliorare la spesa nei fondi strutturali, semplificare il sistema impositivo e regolamentare, alleggerire il carico fiscale sul lavoro, evitare di aggravare ulteriormente un sistema pensionistico già gravato da indennità abusive e dinamiche demografiche con ulteriori incentivi al prepensionamento, ridurre le disparità territoriali, accrescere la spesa per educazione ricerca e innovazione, migliorare il sistema infrastrutturale e delle competenze digitali, etc, etc, etc… Insomma: il Semestre, almeno nel dare indicazioni, funziona egregiamente. Il problema è che non basta; e non è quello di cui abbiamo bisogno, perché (sempre teoricamente) quelle indicazioni le conosciamo benissimo.
Per recuperare la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni di Bruxelles e del processo d’integrazione europea serve urgentemente una dimostrazione di efficienza nell’affrontare e soddisfare alcuni dei loro bisogni condivisi, creando un bilancio in grado di finanziare beni pubblici europei: stabilizzazione macroeconomica, crescita, transizione ecologica, tutela della concorrenza ma anche creazione di ‘campioni europei’ in grado di competere a livello globale, istituzioni coese e solidali in grado di affrontare e risolvere problemi (europei e globali) di ‘azione collettiva’ (ossia come prendere decisioni insieme, senza ovviamente affidarsi al diritto di veto), etc. Per affrontare questi temi non basta migliorare il Semestre Europeo, che non è stato certo creato e congegnato a questo scopo. Servono una nuova costituzione economica e regole decisionali trasparenti, legittime ed efficaci. Insomma, serve rompere l’andamento infinitamente lento delle riforme europee e costruire un nuovo patto di convivenza civile in cui la legittimità sia espressione diretta di elettori e competenze ai vari livelli di governo.
Anche il Documento dei Quattro Presidenti del dicembre 2012 individuava, nell’ambito della legislazione esistente, nel Semestre Europeo lo strumento principe del cambiamento… ma spingeva anche a camminare spediti per la costruzione di quattro mattoni fondamentali della futura Europa: unione bancaria, unione fiscale, unione economica ed unione politica. Dopo sette anni, siamo appena alla prima parte dell’unione bancaria. Di questo passo il resto del mondo ci travolgerà con la competizione; ed i cittadini europei saranno sempre più convinti che questa Europa frammentata, divisa in anacronistici Stati-nazione che decidono all’unanimità, in grado di riformarsi solo con passi più lenti di una lumaca… non sia in grado di tutelare i loro interessi. Ed avranno perfettamente ragione.