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A febbraio nuovo accordo con la Libia, ma nessuno vuole i corridoi umanitari. Parla Quartapelle (Pd)

Il testo del nuovo memorandum tra Italia e Libia dovrebbe essere pronto a febbraio 2020 quando scadrà quello triennale attuale. Lia Quartapelle, capogruppo del Pd nella commissione Esteri della Camera, è convinta che gli sforzi italiani debbano concentrarsi su un maggiore ruolo dell’Onu per gestire i campi controllati dal governo di Tripoli. Sui corridoi umanitari, invece, “il problema è la mancata disponibilità dei Paesi ad accogliere i migranti”.

Quando si parla di un maggiore ruolo dell’Onu, significa che dovrebbero essere le Nazioni unite a gestire le strutture?

Già c’è un campo gestito da loro mentre sono 19 i campi gestiti dal governo e decine quelli illegali dove vengono commesse le maggiori atrocità. L’obiettivo è di arrivare a un gestione Onu completa dei campi governativi e di sostenere le loro iniziative per i corridoi umanitari e per i rimpatri volontari assistiti arrivando a un’evacuazione dalla Libia.

I corridoi umanitari riguardano poche centinaia di unità ognuno: un lavoro gigantesco.

I campi gestiti dal governo libico ospitano massimo 10mila persone, quindi un piano straordinario è fattibile: nel 2011, durante la primavera araba in Libia, furono evacuate centinaia di migliaia di persone.

Era una situazione di emergenza.

È vero, ma anche la Libia di oggi non è quella di allora. È fattibile con un impegno collettivo che non sia solo italiano.

L’inviato dell’Onu in Libia, Ghassan Salamé, garantirebbe un maggiore impegno delle Nazioni unite su questo progetto?

Il problema è la mancata disponibilità dei Paesi ad accogliere. Soltanto l’Italia ha accolto 908 migranti dalla Libia con corridoi umanitari. Non parliamo esclusivamente di nazioni europee, pensiamo anche al Canada, alla Nuova Zelanda, al Montenegro, all’Albania e a qualcuna del Sud America.

Quali tempi prevede per la modifica del memorandum e, poi, per realizzare questi obiettivi?

Riguardo al memorandum, credo che si possa avere un testo nuovo per l’entrata in vigore a febbraio 2020 quando scadrà quello triennale attuale. Sul resto, è lo stesso governo di Tripoli a essere disponibilissimo e anzi a chiederci una mano per chiudere i campi. Purtroppo, in questo momento la situazione in Libia è di conflitto aperto.

Qual è il vostro giudizio sulla Guardia costiera libica?

Ci sono sicuramente delle zone d’ombra e bisogna capire come porre rimedio. Matteo Salvini l’ha caricata di troppi compiti: oltre alla responsabilità della propria area Sar, ha dovuto monitorare un’area enorme senza avere uomini e mezzi adeguati e quindi con un incarico troppo superiore alle effettive capacità. In precedenza, si era pensato di accompagnare le istituzioni libiche perché imparassero a controllare le frontiere: fino a metà del 2018 c’era un coordinamento italiano di tutte le attività in mare che è venuto meno. Ma un conto è accompagnarle, un altro è incaricarle di compiti che l’Italia non voleva più assolvere come il coordinamento in mare e quindi lasciare da soli i libici. Si tratta di istituzioni molto fragili, che ci siano stati abusi è possibile e dobbiamo essere rigorosi sui controlli. La discussione che ci sarà nel comitato misto italo-libico sul memorandum deve riguardare anche i problemi senza mettere la polvere sotto il tappeto.

Si ha l’impressione che molti a sinistra considerino sbagliato il lavoro fatto da Marco Minniti.

Dopo 14 mesi di inattività del governo italiano e del ministro Enzo Moavero, che è andato in Libia una volta, e di propaganda criminale di Salvini che è andato in Libia una volta facendo foto su un campo di calcio, siamo ancora a chiederci se Minniti avesse ragione o torto? Penso che si sia caricato sulle spalle la responsabilità di invertire la rotta di una mancata gestione del fenomeno migratorio durante il mandato del ministro Angelino Alfano e i nostri cittadini hanno avuto l’impressione che nessuno avesse a cuore il problema dell’immigrazione. Minniti ha agito con un senso dello Stato e del compito di ministro veramente lodevole, impostando rapporti con le autorità libiche pur essendo consapevole di chi si trattasse e non possiamo ancora chiederci se abbia fatto bene o male. Nella consapevolezza collettiva ha pesato di più l’inattività di Alfano che il gran lavoro di Minniti. Quando l’abbiamo difeso le persone ci dicevano: “Però è arrivato troppo tardi”.

Quali sono i punti di contatto e quali le diversità sull’immigrazione tra il Pd e il M5S?

Entrambi vogliamo uscire dall’idea che si possa fare propaganda sull’immigrazione e che il fenomeno possa essere gestito solo quando le barche sono partite. Siamo consapevoli che serva un investimento sulla cooperazione internazionale per affrontare le cause strutturali dell’immigrazione. Credo però che da parte del governo serva un po’ di coraggio non solo per riparare i danni fatti da Salvini, ma anche per un’iniziativa ambiziosa in Libia e in Italia.

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