Che l’Alleanza atlantica non abbia più senso, è noto almeno da trent’anni, da quando la “cortina di ferro” venne smantellata e si esaurì l’esigenza di tenere in piedi un patto militare di difesa, come era stato concepito, per difendersi da uno dei sodali con cui aveva condiviso la vittoria della Seconda guerra mondiale. La caduta dell’Unione Sovietica e dei suoi vassalli, autorizzava quantomeno la messa in discussione di un’alleanza strategica che si reggeva soltanto per assicurare a se stessa una coesione tale da impedire possibili crisi di legalità nel suo stesso ambito. Una sorta di organismo di autodifesa, più che di difesa da un nemico esterno.
Lo smantellamento, una decina d’anni fa, dell’Ueo, l’organismo parlamentare della Nato, segnò l’avvio del processo di dissoluzione della stessa Alleanza. Ma in questo lasso di tempo, a parte qualche timido accenno, di tutto si è discusso tranne che di fare a meno dell’obsoleto organismo a meno che non si trasformasse in “gendarme” della stessa Europa lasciando fuori gli Stati Uniti. Avrebbe significato l’avvio di una costruzione di difesa continentale della quale sempre si è discusso, ma mai con la determinazione di arrivare ad un progetto condiviso e fattibile.
Adesso, dopo l’attacco della Turchia, membro della Nato, ai curdi ed il suo coinvolgimento nella guerra siriana, coerenza vorrebbe che i partner dell’Alleanza denunciassero la tracotante iniziativa di Erdogan invocando, per analogia, lo stesso principio sancito dell’articolo 5 del Trattato, e sconfessassero l’operato dell’alleato come se lo stesso fosse stato aggredito e, dunque, gli altri Stati aderenti all’organismo di difesa sarebbero stati obbligati all’intervento.
Le cose si sono capovolte. E la Nato non sa che pesci prendere. Schierarsi contro la Turchia significherebbe denunciare l’Alleanza e porre le premesse di una sua rapida dissoluzione; appoggiarla vorrebbe dire sconfessare i curdi che hanno avuto una parte non secondaria nell’annientamento di Al Baghdadi e di Daesh, lasciando oltretutto solo Bashir Assad che, per quante responsabilità gli si possono addebitare, resta l’unico punto di riferimento istituzionalmente riconoscibile nella regione dove eserciti foraggiati da tutti i suoi nemici dell’area hanno spinto per guerra insensata e sanguinosa contro un regime costituzionalmente legittimo ancorché imputabile di metodi a dir poco discutibili.
Di fronte ad uno stato di fatto non certo incoraggiante, il presidente francese Emmanuel Macron, ha preso l’iniziativa di mettere l’Europa (e la Nato) davanti al suo stesso destino valutando gli accadimenti recenti ed il sostanziale immobilismo occidentale di fronte alla vendetta politica di Erdogan contro gli storici nemici curdi.
Macron ha definito l’Alleanza atlantica “un peso morto”, un organismo “in stato di morte cerebrale”. Nell’intervista rilasciata al settimanale britannico The Economist, il presidente francese ha lamentato la mancanza di coordinamento tra gli Stati Uniti e l’Europa, unitamente al comportamento unilaterale della Turchia nella vicenda siriana.
Entrambi i fatti, strettamente connessi, avrebbero evidenziato una volta di più come l’Alleanza atlantica sarebbe diventata una “scatola vuota”, inutile e costosa. Per di più, ha lasciato intendere, per legittimate spericolate incursioni militari e diplomatiche all’ombra di un’omertà che sta recando nocumento all’Europa stessa. “Non c’è alcun coordinamento nelle decisioni strategiche degli Stati Uniti con i partner e stiamo assistendo ad un’aggressione guidata da un altro Stato Nato, la Turchia, in un’area in cui sono in gioco i nostri interessi”, ha sottolineato Macron, aggiungendo che “quel che è successo è un problema enorme per la Nato”.
È difficile non essere d’accordo con il presidente francese al quale, per motivi che ne legittimano paradossalmente la dura presa di posizione, fanno da contrappeso le parole della Cancelliera Angela Merkel, i cui interessi filo-turchi sono noti, la quale ha detto di non condividere la visione radicale di Macron, mentre il Segretario di Stato americano Mike Pompeo ha ribadito la richiesta americana di una migliore “condivisione dell’onere finanziario della Nato”, secondo la nota posizione di Trump, sia pur ricordando – a margine di una conferenza stampa a Lipsia – come l’Alleanza atlantica sia rimasta “storicamente una delle più importanti partnership strategiche” nel mondo.
La Merkel ha poi ribadito, incontrando il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, che ” una dichiarazione del genere non fosse necessaria e il punto di vista di Macron non mi trova affatto d’accordo, anche se abbiamo problemi e la nostra alleanza è perfettibile”.
Ci si chiede che senso abbia tenere in piedi un’Alleanza litigiosa nella quale gli orientamenti sono profondamente diversificati. E mentre i turchi applaudono la Merkel, da Mosca si levano elogi inediti per Macron la cui diagnosi è definita “sincera” dalla portavoce del Cremlino Maia Zakharova che pure le ha definite “essenziali e totalmente oneste”.
Macron ha aperto il vaso di Pandora dell’Europa la cui assenza di politica di difesa e di sicurezza è il suo tallone d’Achille più vistoso (tra gli altri) che offre giustamente il destro a coloro che chiedono una sua urgente riforma. Tra i quali Macron, cui davvero, almeno in questa occasione, non si può dare torto.