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La Germania in affanno, il rallentamento del Nord, il Sud in recessione. E ci si mette pure il maltempo

Anche il maltempo ha reso palese lo stato di disagio in cui versa il Paese. Il sistema infrastrutturale è obsoleto e mancano le manutenzioni necessarie per renderlo stabilmente efficiente. L’altro ieri il grido d’allarme è salito per voce della Confindustria. Il presidente degli imprenditori, dalle colonne de “La Repubblica” ha chiesto un’operazione anticiclica infrastrutturale che vale oltre 60 miliardi di risorse, tutte già stanziate. Vincenzo Boccia è stato esplicito: “Serve avviare le opere, creare occupazione, collegare territori, includere persone. È la grande priorità del Paese da affrontare con un cronoprogramma chiaro e snellendo le procedure. Basta con i tempi biblici per aprire i cantieri”. Lo chiedono le imprese, lo hanno già sollecitato i sindacati, sono della medesima opinione le tante associazioni che rappresentano i cittadini. Il presidente Boccia ha segnalato le difficoltà della Germania, il rallentamento dell’economia del Nord, il Sud in recessione. Procediamo con ordine per vedere lo stato delle cose.

L’ultimo rapporto della Bundesbank prevede in Germania una “situazione economica senza slancio” che enfatizzerà la debolezza strutturale di un paese troppo dipendente dall’export e la cui domanda interna, per quanto irrobustita, non sarà sufficiente a compensare la caduta degli scambi con l’estero. L’ufficio di statistica sul Pil ha rilevato uno -0,1% rispetto al primo trimestre dell’anno e una crescita anno su anno allo 0,4%, il livello più basso negli ultimi sei anni. Tutti gli analisti danno per scontato che anche il dato del prossimo trimestre sarà negativo.

Per quanto riguarda l’Italia, invece, i dati diffusi dallo Svimez sulle differenze tra il nord ed il centro-sud sono eloquenti. Il 2019 vede il sud entrare in “recessione”, con un Pil stimato in calo dello 0,2%, a fronte del +0,3% del centro-nord. Inoltre, dall’inizio del nuovo secolo hanno lasciato il mezzogiorno 2 milioni e 15 mila residenti, la metà giovani fino a 34 anni, quasi un quinto laureati. Poi, l’allarme sulla “trappola demografica”: in Italia nel 2018 si è raggiunto “un nuovo minimo storico delle nascite”,  al sud sono nati circa 157 mila bambini, 6 mila in meno del 2017. La novità è “che il contributo garantito dalle donne straniere non è più sufficiente a compensare la bassa propensione delle italiane a fare figli”. Si riallarga infine, il gap occupazionale tra sud e centro-nord: nell’ultimo decennio è aumentato dal 19,6% al 21,6%: ciò comporta che i posti di lavoro da creare per raggiungere i livelli del centro-nord sono circa 3 milioni.

Uno scenario preoccupante. Esiste la necessità che il Paese riprenda a correre, ampliando lo spazio tecnologico dell’industria nazionale, che è il motore della crescita effettiva. Il tempo non può più trascorrere invano senza che in Italia riprendano peso investimenti ed occupazione. Ma se alla ripresa degli investimenti verso il settore industriale si aggiungesse una spinta nell’edilizia e nei lavori pubblici, la ricchezza nazionale ne risentirebbe positivamente. Raffaele La Capria, che è un fine intellettuale di origini meridionali, ha descritto bene tanti vizi italici: “Parlare male di sé – ha osservato – come facciamo noi italiani, può avere molteplici e complicati risvolti, e può anche essere inteso come una terapia di chi sa di essere malato, ovvero anomalo, ma sa anche che alla fine ce la farà”. Speriamo che sia proprio così.

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