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Così la Nato si attrezza per le Guerre stellari. Il vertice a Bruxelles

Altro che “in morte cerebrale” come l’ha definita Emmanuel Macron. La Nato è pronta a rilanciarsi e lo fa guardando oltre le stelle. Domani andrà in scena a Bruxelles la riunione dei ministri degli Esteri dell’Alleanza, l’ultimo vertice prima del summit che a inizio dicembre riunirà a Londra i capi di Stato e di governo. L’attesa maggiore riguarda lo Spazio, che i capi delle diplomazie alleate potrebbero dichiarare già domani dominio operativo, suscettibile cioè di attivazione dell’articolo 5 del Patto atlantico, quello della difesa collettiva in caso di aggressione a un membro”.

L’ANNUNCIO DI STOLTENBERG

“Faremo passo importante”, ha detto il segretario Jens Stoltenberg nella conferenza stampa di anticipazione del vertice. “Mi aspetto che i ministri accetteranno di riconoscere lo Spazio come un dominio operativo, insieme ad aria, terra, mare e cyber”. D’altra parte, ha rimarcato, “lo Spazio è essenziale per la difesa e la deterrenza dell’Alleanza, per l’allerta precoce, la comunicazione e la navigazione”, considerando che attualmente orbitano intorno al nostro Paese “circa duemila satelliti, oltre la metà di proprietà della Nato”. Già lo scorso giugno, quando si incontrarono i ministri della Difesa, l’Alleanza presentò la sua prima Space policy, considerata il naturale risultato di un trend ormai assodato: la militarizzazione dello Spazio.

LA MILITARIZZAZIONE

Nonostante si citino soprattutto la Space Force di Donald Trump e il Comando spaziale di Emmanuel Macron, il maggiore attivismo nel campo è da attribuire alla Cina. Solo qualche giorno fa, l’ultimo report della US-China Commission del Congresso americano esprimeva la preoccupazione per l’avanzato programma extra-atmosferico di Pechino, definito una Via della Seta spaziale. Stoltenberg ha cercato di rassicurare: “Il nostro approccio rimarrà difensivo e pienamente in linea con il diritto internazionale; la Nato non ha intenzione di mettere le armi nello spazio, ma dobbiamo garantire che le nostre missioni e operazioni abbiano il giusto sostegno”. Il messaggio è rivolto ai competitor: “Riconoscere lo spazio come dominio operativo sarà un chiaro segno che continuiamo a rafforzare la nostra deterrenza e difesa in tutti i settori”. Non è un caso che, raccontando l’agenda dell’incontro a Bruxelles, Stoltenberg abbia citato anche “altre questioni strategiche, tra cui la Russia e le implicazioni dell’ascesa della Cina”.

GLI SFORZI NEL CAMPO

In ogni caso, il riconoscimento dello Spazio quale dominio operativo chiama inevitabilmente in causa il ruolo di tutti gli alleati. Come spiega l’ingegnere ed esperto aerospaziale Marcello Spagnulo, “al di là dell’effetto mediatico, il punto è che se la Nato avverte l’esigenza di uscire allo scoperto nel considerare lo Spazio una potenziale zona di guerra, la diretta conseguenza è che essa, e quindi i suoi Stati partecipanti (insieme o separatamente) dovranno dotarsi di armi spaziali in grado di contrastare satelliti o missili che mettano in pericolo gli assetti orbitali anche di un singolo Paese”.

LO SPAZIO PER L’ITALIA

Ciò riguarda anche l’Italia. Un primo passo di consapevolezza è già stato compiuto con l’istituzione dell’Ufficio generale Spazio dello Stato maggiore della Difesa, embrione di un futuro Comando spaziale. In estate era stato il Comitato interministeriale di palazzo Chigi a presentare la Strategia nazionale di sicurezza spaziale, certificando la crescente competizione eso-atmosferica. Ora che anche la Nato si appresta a fare il grande passo, tale consapevolezza nazionale si dovrà inserire nel contesto dell’Alleanza. Per quest’ultima lo Spazio può essere il segnale del rilancio dopo le critiche di Macron, in vista di un summit a Londra che si preannuncia bollente, tra le attese strigliate di Trump sul fronte della spesa e il complesso nodo turco.

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