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Authority e partecipate. Il governo pronto a sbrogliare il nodo delle nomine?

Quando si parla di nomine, non è mai un partita facile. Se poi il governo di turno è litigarello, allora diventa tutto più difficile. Ma il Consiglio dei ministri convocato per domani potrebbe sciogliere molti nodi. Non tutti, ma forse quelli più importanti sì. Quando la politica si “dimentica” dei board di partecipate o authority, scattano le proroghe, affinché la società o l’ente non resti senza testa. Poi, esaurite anche queste, il timone finisce direttamente al collegio sindacale. Quello che, per esempio, ha vissuto per qualche giorno una delle controllate di Stato più importanti, Invitalia, al cui vertice siede dal 2007 Domenico Arcuri, il cui ultimo rinnovo risale al 4 agosto del 2016.

Il consiglio della società controllata dal ministero dello Sviluppo Economico, che funge da agenzia per l’attrazione degli investimenti esteri, è scaduto lo scorso 14 novembre, giorno che ha conciso con il termine massimo in cui il vecchio cda avrebbe potuto continuare a gestire la spa. Decadendo il board, la società di Via Calabria è stata affidata ai sindaci, che hanno subito provveduto a fissare un’assemblea per la designazione dei nuovi vertici il 22 novembre prossimo, domani. Il premier Giuseppe Conte ha sempre caldeggiato un rinnovo di Arcuri, ma questo non ha impedito un braccio di ferro durato settimane all’interno del governo giallorosso. Il placet su Arcuri era atteso nei giorni scorsi, prima che il collegio sindacale prendesse le redini di Invitalia, ma l’assenza di Luigi Di Maio, capo del M5S, ha ritardato i lavori. A questo punto la questione Invitalia, secondo i rumors, dovrebbe essere risolta nel prossimo Cdm, previsto salvo sorprese per domani, appena in tempo per arrivare all’assemblea Invitalia con un nuovo board.

Altro capitolo, Sogin, la società al 100% del Tesoro, incaricata del decommissioning delle centrali nucleari mandate in pensione con il referendum del 1987. I vertici sono scaduti lo scorso luglio, ma solo lo scorso novembre è stata convocata l’assemblea per il rinnovo del board guidato da Luca Desiata, al timone di Sogin dal 2016. Peccato che l’assise si sia conclusa con una fumata nera, forse complice un mancato accordo politico. Anche in questo caso, toccherà molto probabilmente alla riunione dei ministri di domani, sbrogliare la matassa. Non è finita. In ballo ci sono altre due controllate, stavolta in orbita Cassa depositi e prestiti. Si tratta di Sace e Simest su cui non si riesce a trovare la quadra dalla primavera scorsa per la prima e addirittura da quella del 2018 per la seconda. Rimanendo in ottica Cdp, a breve dovrebbe vedere la luce, con relativo management, anche il Fondo Nazionale Innovazione con una dotazione di ben 1 miliardo di euro, come peraltro annunciato due giorni fa dal ceo di Cdp, Fabrizio Palermo.

Fin qui il discorso delle partecipate. Poi ci sono le authority, anch’esse legate a doppio filo agli umori della politica. Tanto per cominciare c’è Agcom, una della autorità più importanti guidata oggi da Angelo Marcello Cardani, il cui mandato è scaduto addirittura lo scorso 26 luglio. La designazione del nuovo vertice spetterebbe al Parlamento, ma la crisi di governo scoppiata in pieno agosto deve aver certamente aver avuto un peso non indifferente. Silenzio radio anche su un altro Garante, quello per la Privacy, il cui board è scaduto lo scorso 19 giugno e per questo giunto alla seconda proroga. Una terza autorità, decisamente più giovane delle altre, l’Anac, nata sotto il governo Renzi. Il presidente Raffaele Cantone si è dimesso lo scorso luglio, con effetto da settembre. Ma finora del sostituto non c’è traccia. La designazione spetta al premier, sentiti i ministri competenti. E chissà che non arrivi domani in Cdm.

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