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Le ingiustizie dell’oggi spiegate da Papa Francesco. L’analisi di Cristiano

Bergoglio e la giustizia, un tema appassionante e rilevante dall’inizio del suo pontificato. È tutto chiaro da tempo, la sua decisione di ricevere i penalisti dell’associazione internazionale di diritto penale non sorprende chi sa che in tanti viaggi non ha mancato di voler visitare un penitenziario, o chi ricorda che alla chiusura del Giubileo della Misericordia ebbe il coraggio di dire ai detenuti, che volle in Piazza San Pietro per il loro Giubileo, che ogni volta che entra in un penitenziario si chiede “perché loro e non io”. La sua attenzione per il garantismo e per il detenuto come persona urta con la sensibilità di un tempo in cui si confonde il penitenziario con una discarica umana a cielo chiuso. Per lui i penitenziari sono parte integrante del tessuto cittadino, tanto è vero che una volta, dopo pranzo, volle fermarsi a riposare lì, in un penitenziario. Non credo che non potesse tornare in nunziatura, voleva dare un messaggio di inclusione non solo spirituale ma anche cittadina.

Ma c’è una frase che Bergoglio ha pronunciato ieri che deve farci riflettere, anche chi lo conosce deve considerarla bene: “Le persecuzioni contro gli ebrei, gli zingari, le persone di orientamento omosessuale, rappresentano il modello negativo per eccellenza di cultura dello scarto e dell’odio”. Dal Concilio Vaticano II i papi non si stancano di denunciare la malattia dell’anitsemitismo, che ha riguardato anche la Chiesa, e oggi riguarda ancora qualche parte del cattolicesimo. Meno ribadito ma chiaro sin dal tempo del Concilio è anche il rifiuto dell’antigitanismo. Ma gli omosessuali citati dal Papa come vittime di discriminazione… Sappiamo bene che in alcuni paesi africani questo arriva a forme odiose di autentica barbarie, con detenzione e condanna a morte addirittura. Ma questo passaggio, con tutto ciò che ancora alberga in termini di omofobia nelle nostre società, è veramente la riprova che se si ha la capacità di rimanere spiriti liberi anche quando si arriva così in alto vuol dire che ci sono delle forze che sono possibili anche per noi, o che sarebbero possibili anche per noi, ma che noi non sappiamo conoscere o riconoscere.

Nel suo discorso Francesco ha esordito sottolineando che il diritto penale non è riuscito a preservarci dalle minacce che, ai nostri giorni, incombono sulle democrazie. I grandi problemi, ha scandito, sono due: l’”idolatria del mercato” e i “rischi dell’idealismo penale”.

L’idolatria del mercato dimostra tutto il suo devastante potenziale e le diffuse connivenze di cui gode anche in questi giorni, anche qui in Italia, con la tragedia di Venezia, sulla quale si tace che per consentire l’accesso alla città delle grandi navi da crociera si è modificata la profondità della laguna. Ne ha scritto con grande competenza a me non accessibile Paolo Cacciari, e come lui vi hanno fatto alcuni altri. Ma poco. Insomma, si sono scavati metri e metri in profondità per consentire alle grandi navi, una media di due al giorno, di arrivare nel canale della Giudecca. Per renderlo possibile si è dovuto scavare fino almeno a dieci metri di profondità, mentre in alcuni punti la laguna arriva solo a due metri di profondità. È così che la laguna ha perso il suo equilibrio, le sue barriere naturali: quella di questi giorni non è acqua alta, sono invasioni idriche che senza l’equilibrio lagunare diventano incontenibili. Come non pensare a tutto questo leggendo che per Bergoglio non devono rimanere impunite tutte le condotte che richiamano il nuovo peccato che il catechismo dovrebbe recepire, l’ecocidio: “La contaminazione massiva dell’aria, delle risorse della terra e dell’acqua, la distruzione su larga scala di flora e fauna, e qualunque azione capace di produrre un disastro ecologico o distruggere un ecosistema”. Il Papa ha infatti soggiunto che  durante il sinodo per la Regione Panamazzonica i padri sinodali hanno proposto di definire “il peccato ecologico come azione oppure omissione contro Dio, contro il prossimo, la comunità e l’ambiente”.

Ricordo bene che quando Francesco denunciò che questa “economia uccide” parlava di sfruttamento, nuove schiavitù, riduzione di fasce intere di popolazione alla fame: ma forse vedeva già allora  l’ecocidio.

Di qui ha preso ad allargare il suo discorso per ritornare sulla verità odierna: “La persona fragile, vulnerabile, si trova indifesa davanti agli interessi del mercato”. Capito? Ripensiamo a quella storia di cui tutti abbiamo letto, l’edicolante veneziano che mentre chiudeva ha visto la sua edicola portata via dall’acqua. Ripensiamo agli scavi nella laguna in favore delle Grandi Navi alte anche dieci piani che devono  arrivare fin lì, a due passi dalla sua edicola. Non vediamo che persona fragile, vulnerabile, si trova indifesa davanti agli interessi del mercato?

“Oggi,- ha proseguito-  alcuni settori economici esercitano più potere che gli stessi Stati”. Per capire ci vuole poco, basta ricordarsi lo scandalo noto col nome Panama Papers.

Questa, ha soggiunto, è una minaccia per la democrazia e l’umanità! Come si vede è già tanto, ma Francesco non si è fermato qui, ha denunciato anche un altro dramma del tempo presente. “Una delle maggiori sfide attuali della scienza penale è il superamento della visione idealistica. L’imposizione di una sanzione non può giustificarsi moralmente con la pretesa capacità di rafforzare la fiducia nel sistema normativo e nella aspettativa che ogni individuo assuma un ruolo nella società e si comporti secondo ciò che da lui ci si attende”. Eh già… Che fine fa così l’uomo da una parte e la macro-delinquenza delle corporazioni dall’altra?

“Il diritto penale non può rimanere estraneo a condotte in cui, approfittando di situazioni asimmetriche, si sfrutta una posizione dominante a scapito del benessere collettivo. Questo succede, per esempio, quando si provoca la diminuzione artificiale dei prezzi dei titoli di debito pubblico, tramite la speculazione, senza preoccuparsi che ciò influenzi o aggravi la situazione economica di intere nazioni”.

Basta? No, non basta. Francesco si è soffermato anche sull’uso improprio della custodia cautelare e sulla detenzione di massa come soluzione irrazionalmente punitiva. Sulla detenzione preventiva ha fatto in modo che anche noi sapessimo che in molti paesi di questo nostro mondo  “la situazione  si è aggravata in diverse nazioni e regioni, dove il numero di detenuti senza condanna già supera ampiamente il cinquanta per cento della popolazione carceraria”.

Così non poteva mancare l’altra drammatica emergenza del nostro tempo, che il Papa non poteva non sottolineare: “In diversi Paesi sono state attuate riforme dell’istituto della legittima difesa e si è preteso di giustificare crimini commessi da agenti delle forze di sicurezza come forme legittime del compimento del dovere”. Quel che lui ne ha desunto è evidente a tutti: si tratta di  “condotte inammissibili in uno Stato di diritto” che “accompagnano i pregiudizi razzisti e il disprezzo verso le fasce sociali di emarginazione”. La sicurezza sostituita alla legalità può produrre esiti del genere. Ecco perché bisogna pensarci bene leggendo le parole con cui il Papa ha concluso il suo discorso. “La cultura dello scarto sta manifestando la grave tendenza a degenerare in cultura dell’odio. Non è un caso che a volte ricompaiano emblemi e azioni tipiche del nazismo. Io vi confesso che quando sento qualche discorso, qualche responsabile dell’ordine o del governo, mi vengono in mente i discorsi di Hitler nel ’34 e nel ’36”.

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