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Che cosa collega Putin all’abbattimento del volo Mh17 in Ucraina

La squadra di procuratori internazionali che indaga dal 2014 sull’abbattimento del volo MH17 sopra la regione orientale dell’Ucraina ha diffuso al pubblico un audio che proverebbe che l’unità militare indipendentista filo-russa che ha lanciato il missile che ha abbattuto l’aereo fosse in contatto quotidiano con quadri del Cremlino.

La Russia nega da sempre ogni coinvolgimento, ma le indagini del team guidato da legali olandesi hanno scoperto che Mosca è parte in causa. L’equipe legale si chiama Joint Investigation Team, Jit, ed è coordinata dall’Olanda, il Paese che ha avuto il maggior numero di vittime, il volo era un Amsterdam-Kuala Lumpur. La Russia ha fornito ai ribelli ucraini il sistema missilistico Buk, schierato dalla 53esima brigata antiaerea, che aveva sede nella città russa occidentale di Kursk (lì tornò appena dopo il disastro).

Poi l’unità ha sparato contro il Boeing 777 della Malaysia Airlines provocando la morte delle 298 persone a bordo. Il recupero delle vittime fu una scena atroce, che durò giorni interi. Non è ancora stato chiarito se i separatisti credessero che di aver di fronte un aereo militare ucraino e abbiano per questo lanciato il Buk.

Secondo le indagini del Jit, le chiamate diffuse ieri intercettano alcuni colloqui che coinvolgono quattro persone di primo piano. Alexander Borodai, il primo ministro dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk (Dpr), una delle due repubbliche separatiste e filorusse che si sono costituite nel Donbas; Igor Girkin, russo poi diventato ministro della difesa della Dpr; due funzionari del Cremlino, Sergei Aksyonov e Vladislav Surkov. Il primo è stato messo dalla Russia a capo della Crimea dopo l’annessione; l’altro è un consigliere dello strettissimo giro dell’ufficio presidenziale di Mosca, un tempo anche vice-premier.

“Sto eseguendo gli ordini e proteggendo gli interessi di un solo Stato: la Federazione Russa – si sente dire Borodai – “Questa è la linea di fondo”. Una dichiarazione registrata nelle telefonate che lascia poco spazio alle interpretazioni: i separatisti sono elementi che lavorano con – o meglio per – la Russia. “C’era un contatto telefonico quasi quotidiano tra la leadership della Dpr e i loro contatti nella Federazione Russa”, dicono i procuratori del Jit. In una conversazione Borodai garantì che gli ucraini che fino a quel momento avevano guidato le linee ribelli sarebbero stati messi da parte se, come aveva promesso Surkov, fossero arrivati dei russi a gestire le operazioni.

Il 9 marzo 2020 all’Aia inizierà il processo contro quattro persone incriminate per la strage dal team legale (le registrazioni sono state prodotte all’interno odi questo ambito procedurale). Tre di questi sono agenti dei servizi segreti russi (uno dell’Fsb, l’intelligence esterna, due del Gru, il dipartimento militare). Uno di loro è proprio Girkin, incriminato non come “ministro” della Dpr, ma come ex colonnello dei servizi segreti di Mosca. Questa osmosi è prova che tra Russia e separatisti ucraino ci sono contatti. Il quarto è un comandante separatista ucraino che gestiva la zona da cui è partito il razzo; sebbene non è chiaro chi sia stato a pigiare il bottone che ha lanciato il missile letale, loro sono considerati come apici della catena di comando.

La Russia nel frattempo avrebbe cercato di coprire tutto con una cortina fumogena. La disinformazione del Cremlino avrebbe costruito sulla vicenda almeno tre versioni. Prima ha detto che era stato un jet da guerra ucraino ad abbattere l’MH17 per accusare i russi. Poi che è stato abbattuto perché Kiev voleva colpire l’aereo in cui viaggiava Vladimir Putin. Poi ancora che l’aereo era stato riempito di cadaveri e che gli era stato sparato conto un missile terra-aria, che non era russo, per incolpare Mosca dell’accaduto.

Grazie a questa campagna di disinformatja la Russia sarebbe riuscita non solo a non subire conseguenze per il crimine dell’MH17 – nonostante le indagini sembrino dimostrarne il netto concorso di colpa mano a mano che procedono – ma avrebbe anche continuato a sostenere ininterrottamente la lotta dei separatisti contro il governo di Kiev. Con armi e appoggio logistico e di intelligence, senza i quali l’esercito ucraino li avrebbe già sconfitti.

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