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Il caso del mercantile italiano Remas e la nuova pirateria

Con l’attacco al mercantile Remas, proprietà del gruppo italiano Micoperi, battente bandiera italiana, si è ripresentato il fenomeno piratesco o della pirateria nei riguardi di imbarcazioni commerciali nell’area del Golfo del Messico, dove un gruppo di pirati hanno raggiunto, con piccoli bastimenti, la nave privata italiana per derubare l’intero equipaggio, il cosiddetto animus furandi (cioè la manifestazione di volontà di compiere l’atto di rapina), realizzando così un vantaggio economico personale. Il fenomeno della pirateria, che pareva ormai essere quasi tramontato già nel secolo scorso, ma che all’inizio del XXI secolo si presenta sempre più insistente, non va inquadrato dal punto di vista del diritto internazionale del mare. Fenomeno, tuttavia, che non è mai stato del tutto debellato, tornando a svilupparsi in modo esponenziale e preoccupante in alcune aree geografiche, come nella zona dell’America centro-meridionale.

Il gruppo piratesco di questo terzo millennio, rispetto alle classiche strumentazioni del passato, dispone di potenti cannocchiali o di visori notturni, impugna il ben noto kalashnikov – micidiale fucile mitragliatore – o altri strumenti bellici, accompagnati dall’uso di telefoni satellitari, da sistemi informatici di ultima generazione, da strumenti di rilevamento satellitare delle rotte e via discorrendo. Non va, però, dimenticato che i pirati dispongono spesso anche di un addestramento specifico di genere militare o paramilitare, tanto da far ritenere il loro coinvolgimento in movimenti criminali, anche di matrice terroristica.

La pirateria del terzo millennio è considerata una delle principali problematiche per i governi, gli armatori, gli equipaggi e i passeggeri in quanto costituisce uno dei fattori di rischio per la libertà di navigazione marittima internazionale per la ragione che essa, non solo è di turbamento per la sicurezza e la libertà dei traffici marittimi, mette in serio pericolo la vita e l’incolumità di chi vi lavora a bordo come è accaduto per i due marittimi italiani che sono stati feriti.

La repressione di atti contornati da forme violente e da armed robbery (rapina a mano armata) assume nel diritto internazionale la figura del pirata come nemico del genere umano (hosti humani generis), che può essere contrastato, se si trovasse nel mare internazionale, attraverso il controllo da parte di navi da guerra appartenenti a qualsiasi Stato, a prescindere dalla bandiera di appartenenza della nave pirata. Pertanto, le navi da guerra possono, se riscontrano che la nave – o piccole imbarcazioni – in questione stia per compiere atti di pirateria, procedere al sequestro del carico, arrestare l’equipaggio e la nave stessa.

Se invece la nave pirata si trova all’interno delle acque territoriali di uno Stato costiero, essa è soggetta alla giurisdizione del medesimo e le navi straniere non hanno nessun potere d’azione nei confronti della nave pirata se non con autorizzazione da parte dello Stato costiero stesso. Se, infine, la nave pirata, che ha commesso un illecito nel mare territoriale di uno Stato, cerca poi rifugio in mare aperto, sarà lo Stato costiero ad avere giurisdizione sulla nave pirata in questione sulla base del diritto di inseguimento.

L’azione compiuta dal gruppo di pirati ai danni dell’equipaggio del bastimento mercantile, battente bandiera del nostro Stato nel Golfo del Messico, rientra tra i delitti che ripugnano, per la loro gravità, alla coscienza civile dell’intera umanità come reato che pregiudica l’ordine pubblico interno di ogni Stato. Conseguentemente, la comunità internazionale attribuisce la facoltà a ogni Stato di attuare ogni forma punitiva con i propri strumenti giurisdizionali le persone che se ne rendono colpevoli di aver compiuti azioni piratesche. Certamente, nel caso in cui le autorità messicane dovessero riuscire a captare i pirati responsabili e, successivamente, procedere al loro fermo, tali individui, che hanno violato il diritto di transito nel mare del mercantile italiano di godere della libertà di navigazione, devono essere puniti in virtù delle leggi nazionali messicane.

Per aumentare il loro livello di sicurezza nonché ottenere la protezione delle merci e dei valori sulle navi mercantili e sulle navi da pesca battenti bandiera italiana negli spazi marittimi internazionali a rischio pirateria, le navi mercantili italiane che operano nel golfo del Messico, e non solo, dovrebbero fornirsi di uomini armati privati, denominati contractor, ossia di nuclei delle forze armate e di servizi di vigilanza privata come misura di protezione dagli attacchi dei predoni.

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