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A lezione di giornalismo da Sputnik e Russia Today. A Mosca? No, in Italia

Da un lato la disinformazione diffusa dall’esterno come un’arma per portare avanti una guerra culturale profonda, studiata, secondo i servizi di intelligence americani e non solo, per rovesciare l’ordine occidentale e il suo sistema di valori. Dall’altro la notizia di una sponda prestata, proprio in Italia, a uno dei media-outlet con cui il Cremlino diffonde la sua narrativa in giro per il mondo.

Il network internazionale Sputnik, braccio propagandistico con cui il governo russo arriva in almeno 32 lingue, italiano compreso, ha tenuto l’altro ieri all’Università di Messina – ateneo istituito nel 1548 da Paolo III (il papa del Concilio di Trento e dell’approvazione alla Compagnia di Gesù) – una sessione formativa dedicata alle ultime tendenze nello sviluppo nell’ambiente globale dell’informazione e alla ricerca di nuovi canali e modalità di fornitura di contenuti ai consumatori.

Sono stati in molti, però, a rilevare come la testata in questione sia da tempo al centro di critiche internazionali, che comprendono anche quelle negli Stati Uniti in relazione al cosiddetto Russiagate. Un esempio recente che ha fatto discutere: la morte di Abu Bakr al Baghdadi. Il Califfo s’è probabilmente suicidato meno di due mesi fa, braccato dagli americani della Delta Force che gli erano piombati addosso nel compound siriano dove viveva sotto gli occhi dei lealisti russi. Il presidente statunitense ha pubblicamente ringraziato la Russia per aver fatto passare gli elicotteri delle forze speciali che hanno condotto l’operazione: ed è realmente andata così, perché Mosca controlla i cieli siriani. Non solo: cinque giorni dopo l’operazione americana erano stati quelli dello Stato islamico ad ammettere l’enorme perdita celebrando pubblicamente il martirio del Califfo. Ma per i media del Cremlino Baghdadi non è morto, anzi dicono che non c’è stata proprio nessuna operazione quella notte; fermo restando che Sputnik ne ha annunciato l’uccisione per mano russa almeno tre volte e ultimamente scriveva che si sarebbe rifugiato in Libia.

È una prassi molto comune e nota della Russia (e in passato dell’Unione sovietica), che fa lega anche sui media russi vicini o controllati da Mosca. Si chiama disinformatja, serve a rovesciare il senso delle cose, della realtà e della verità. Ha lo scopo di mandare in tilt chi ascolta, far perdere l’orientamento tra le informazioni. Mette il pubblico davanti al dubbio, rimbalzato dai social network.

Nell’ambito del progetto “SputnikPro”, a Messina c’erano la vicedirettrice capo di Russia Today, Natalya Loseva, e la vicedirettrice della divisione trasmissioni estere, Tatyana Kukhareva. Il dibattito sui media moderni è stato moderato dal presidente del più grande gruppo editoriale siciliano, Ses, Lino Morgante. Il rettore dell’Università di Messina, Salvatore Cuzzocrea, ha anche sottolineato che l’evento si è svolto all’interno delle mura dell’antica Accademia Peloritana, che è stata creata a Messina nel 1729 per diffondere i valori culturali, scientifici e umanistici. Secondo il rettore, le relazioni degli ospiti provenienti dalla Russia “rispondono” a queste tradizioni e soddisfano gli interessi di sviluppo delle relazioni internazionali dell’Università. Ma c’è chi nutre forti dubbi a riguardo.

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