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Cosa farà da grande la Lega (nel Ppe)? Dubbi e strategie secondo Quagliariello

Matteo Salvini e il leghismo dimostrino di aver imparato la lezione berlusconiana, quanto a leadership e strategie. Questo l’auspicio del senatore di FI Gaetano Quagliariello, ex ministro e membro del Comitato Promotore di Cambiamo (Toti) che con Formiche.net ragiona sul perimetro (anche europeo e popolare) della Lega desiderosa di farsi forza di governo.

Dietro la disponibilità di Silvio Berlusconi nei confronti di Matteo Salvini vede una resa incondizionata alla ricetta sovranista?

L’epilogo della vicenda berlusconiana rimanda alle sue premesse. Berlusconi ha sempre ritenuto che la salvaguardia dei margini operativi per la sua persona fosse anche un voucher per l’intero ambito imprenditoriale e, in fondo, la garanzia di libertà fondamentali che sarebbero valse per tutti. Fondamentalmente non la pensava diversamente da Agnelli che quando il Cavaliere scese in campo affermò: se vince lui vinciamo tutti, se perde, perde solo lui. Questa eroica avventura individuale ha dato a tanti, compreso al sottoscritto, dei margini di agibilità politica che altrimenti non ci sarebbero stati. Berlusconi, però, non ha mai badato a creare una classe dirigente; non ha un reale interesse che qualcuno continui la sua opera politica, né che Forza Italia sopravviva ad essa. Pragmaticamente ritiene che il nuovo leader del centrodestra sia Salvini.

Quindi?

Contratta la sopravvivenza di un segmento della sua classe dirigente che da un canto, rappresenta la salvaguardia della sua esperienza, dall’altro è un modo di garantire interessi che lui interpreta non solo come interessi suoi, ma anche come interessi del Paese e della libera imprenditoria.

Berlusconi mediatore dell’avvicinamento di Lega e Ppe è una suggestione o un’iperbole?

È un passaggio coerente con la strada intrapresa. D’altro canto le famiglie politiche europee hanno perso gran parte della loro sostanza ideologica, diventando qualcosa che assomiglia più a dei club che a dei partiti sovranazionali. Non c’è dubbio che per il leghismo e per la sua legittimazione questo avvicinamento rappresenterebbe un passaggio importante.

Con quale perimetro?

Il leghismo italiano deve ancora dimostrare di essere in grado di esprimere un’egemonia sul centrodestra. Ciò è possibile guadagnando rapporti e dando a tutte le espressioni di questo schieramento la possibilità di esprimersi e giocare la proprie carte. Sotto questo aspetto Salvini, se vorrà essere il leader di un’area politica e non solo del suo partito, dovrà riuscire a garantire agli alleati ciò che Berlusconi ha garantito per un ventennio.

Se il Ppe riesce a convivere con il premier magiaro Viktòr Orban, potrà parimenti trovare un punto di contatto con Salvini?

Soprattutto se Salvini uscirà da una definizione meramente movimentista e solo interessata a guadagnare forza elettorale. La scorsa estate, non dimentichiamolo, è accaduto qualcosa: Salvini ha provato sulla sua pelle il fatto che non basta la forza della pubblica opinione per guadagnare il ruolo centrale nel Paese. Occorrono i giusti contatti, i legami europei e internazionali per non rischiare, alla prima mossa falsa, di finire in un vicolo cieco, nonostante il vento in poppa. Penso che da questa lezione potrebbe derivare quantomeno un dialogo tra Lega e Ppe.

Di fatto una buona parte dei popolari italiani vota ormai Lega, per cui quanto converrebbe immaginare tatarellianamente una nuova strategia di forze anche a Bruxelles?

Non direi che i popolari italiani votano Lega: può piacerci o meno, ma i popolari italiani sono una trascurabile minoranza. Molti moderati esistenziali, invece, per l’accanimento verso il ceto medio e anche per mancanza di alternative, votano partiti non centristi come Lega e Fdi. Questo stato di fatto può portare a due conseguenze: o nasce nel centrodestra una formazione a specchio rispetto al renzismo, occupando lo stesso spazio ma collocandosi decisamente nel centrodestra; oppure, in mancanza di ciò, che una delle due forze sovraniste – Lega o Fdi – si evolva strutturalmente fino a conquistare l’elettorato centrista.

Per cui Forza Italia Viva è stata solo una battuta pronunciata da Mara Carfagna?

Me lo auguro, è una cosa priva di senso e d’altra parte lei stessa la sera medesima ha detto che non si sposta dal centrodestra. Il fatto è che se ci si fa carico di criticare Salvini e di non schiacciarsi sul sovranismo, battute come quelle non puoi permettertele. Il rischio è che ti cuciano addosso un vestito per farti diventare irriconoscibile.

Sull’Ilva Berlusconi ha proposto di “entrare con nostri soldi”: una proposta atlantista per sbarrare la strada ai cinesi?

Bisognerebbe capire a quali soldi si riferisce. Non credo nella ri-statalizzazione dell’Ilva: non dimentichiamoci mai che le origini di questa storiaccia, sia sotto l’aspetto economico che ambientale, risiedono proprio in una scelta sbagliata dello Stato, quando l’Ilva nacque come Italsider. Di fronte ad una gestione pazzesca del caso Ilva – agli indiani che avevano sbagliato i conti è stata fornita di fatto una via di fuga su un piatto d’argento -, serve trovare una soluzione e non mi dispiacerebbe che una cordata italiana si faccia carico, almeno in parte, dell’operazione. Per quello che riguarda il pericolo cinese, concordo con Berlusconi.

twitter@FDepalo


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