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Non chiamatelo partito cattolico. Zamagni racconta la sfida di Politica Insieme

Rimane prudente Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Il progetto di Politica Insieme, che ha appena pubblicato un manifesto programmatico per la costruzione di una forza politica “d’ispirazione cristiana e popolare” e ha innescato un vivace dibattito, non solo nella Chiesa, “non è un partito, e tantomeno un partito cattolico”. Per ora. L’economista vicino a papa Francesco, tra i primi firmatari del documento, spiega a Formiche.net perché è arrivato il momento di porre fine alla diaspora degli elettori cattolici.

Dunque ci risiamo: un nuovo partito cattolico?

Voi giornalisti distorcete sempre le cose (ride, ndr). Non c’è ancora nessun partito, tantomeno cattolico. Politica Insieme è un’associazione di formazione sociale nata un anno e mezzo fa a Roma con la partecipazione di persone da ogni parte d’Italia. Dopo una lunga preparazione ha pubblicato il suo manifesto, che auspica la nascita di una forza politica che si qualifichi di centro e si ispiri a principi e valori della civiltà cristiana.

Il partito ci sarà o no?

Arriverà, in caso, alla fine. Al momento i firmatari del manifesto sono 500, per gran parte associazioni. Quando avremo chiuso le sottoscrizioni convocheremo un’assemblea che deciderà se far nascere una nuova forza politica.

Ritorna la vecchia Dc?

Niente affatto. La storia della Dc ha fatto il suo corso e non è più proponibile. Questo manifesto è semplicemente ispirato ai principi del personalismo cristiano, al pensiero di figure come Maritain, Ricoeur, Sturzo. In Italia se un politico dice di ispirarsi al liberalismo o al socialismo nessuno ha da ridire. Se invece vengono citati i principi fondanti del cristianesimo tutti si stracciano le vesti.

I firmatari dicono che il progetto è alternativo alla sinistra. E alla Lega?

Anche. La politica, che papa Giovanni Paolo II definiva la più alta forma di carità, non può ridursi a questioni come immigrazione, tasse, autonomia regionale. Un progetto politico di medio-lungo termine deve avere alle spalle un pensiero forte, altrimenti si riduce a un mero calcolo di interessi.

E il vostro pensiero qual è?

Moderatismo, inteso non come puro istinto all’autoconservazione ma come preservamento equilibrato dei propri valori. Transumanesimo, sussidiarietà circolare, riforma del vecchio welfare state, ritorno della famiglia al centro della società sono altri punti fondanti del nostro programma.

Quindi non si tratta di un progetto anti-Salvini?

Assolutamente no. Noi aborriamo la cosiddetta negative politics. Cioè un’idea di politica che si basa sugli errori degli altri.

Il governo attuale nasce anche su questi presupposti.

Certo, e infatti la gente non ne può più. È il momento di passare a una positive politics. Difendi una tua identità, presenti obiettivi concreti da raggiungere e il cittadino sceglie da che parte stare.

Numeri alla mano, a quanto puntate?

Se vedrà la luce, un progetto del genere può aspirare al 25-26%.

Zamagni, sono cifre importanti…

All’estero sarebbero più alte. Non lo dico io, ma i sondaggisti. I dati sull’astensione delle ultime tornate elettorali parlano chiaro. Oggi c’è una fetta di cittadinanza che non va a votare perché vuole sottrarsi alla scelta forzata fra destra e sinistra. Persone che non guardano solo allo stomaco, che vogliono vedere soddisfatti i loro bisogni fondamentali.

Si può dire a distanza di anni che l’opzione Ruini non ha funzionato? Ovvero che la dispersione in tanti partiti ha creato spaesamento fra i cattolici?

Ruini prese quella decisione in un contesto particolare, credo non avesse altra scelta. Oggi la tesi della diaspora non ha più fondamento. In un regime democratico vale il principio di maggioranza. Se i cattolici si spargono in tante formazioni politiche che non superano il 5% rimarranno sempre minoranza. In politica bisogna rimboccarsi le maniche, non basta fare rete. I pescatori usano le reti per pescare.

C’è il bollino della Cei?

Si tratta di un’iniziativa aconfessionale, che parte dal basso. È normale che la Cei segua attentamente, ma non avrà alcun ruolo diretto.

Il Vaticano è al corrente, giusto?

Ovviamente si interessa, perché è fatto di persone in carne ed ossa che vanno a votare. Non interverrà, perché riconosce la piena autonomia del laicato e non ha alcuna intenzione di indirizzare il consenso.


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