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Chi è il senatore americano anti Erdogan che preme su Trump (e sul Pentagono)

Non ci sono solo i tweet del presidente americano Donald Trump a tenere alta l’attenzione sui maggiori dossier che vertono la politica Usa. Il senatore democratico Chris Van Hollen, del Maryland, ha cinguettato che “il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan sta deridendo gli Stati Uniti e attraversando una linea rossa mentre la Turchia inizia i test per i sistemi di difesa antimissile S-400”. Di fatto una mossa che va in direzione opposta alle strette di mano immortalate in occasione del recente incontro tra i due capi di Stato alla Casa Bianca del 13 novembre scorso.

IL DISEGNO DI LEGGE DI VAN HOLLEN E E GRAHAM

La diatriba sui missili russi acquistati da Ankara è lontana dall’essere risolta. È la ragione per cui Van Hollen assieme al senatore Lindsey Graham ha presentato un disegno di legge per imporre sanzioni alla Turchia a seguito dell’incursione nel nord della Siria. Anche perché se i test turchi sul sistema russo dovessero essere positivi, il tutto sarebbe operativo già dal prossimo aprile.

Due settimane dopo la sua visita a Washington, ha aggiunto Van Hollen, Erdogan si sta rivoltando contro Trump, gli Stati Uniti e la Nato. Ma la legge attualmente in vigore prevede che Trump imponga sanzioni. E Pompeo, questo il succo del suo intervento, deve anche affrontare la Turchia riguardo alle sue ultime violazioni della “zona sicura” e agli attacchi contro i curdi.

LA POSIZIONE DEGLI USA

Anche prima dell’annuncio dei test, il senatore repubblicano Jim Risch, ex-governatore dell’Idaho, ha affermato che la Commissione Esteri avrebbe adottato un provvedimento legislativo all’inizio di dicembre contro la Turchia, la sua industria energetica e il sistema finanziario come conseguenza dell’azione militare in Siria. La Camera dei rappresentanti ha approvato il disegno di legge sulle sanzioni con un voto di 403 a 16 e ci sono due proposte al Senato per imporre ulteriori sanzioni simili. “Non ho scelta a questo punto – ha detto Risch – Vogliamo daro lor un incentivo a riflettere più chiaramente sulla questione”. Ma dopo l’incontro con Erdogan alla Casa Bianca, Risch aveva precisato che il Senato potrebbe sospendere le sue sanzioni solo se la Turchia avesse accettato di eliminare il sistema S-400 dal suo arsenale.

QUI ANKARA

Il nodo verte anche su una comunicazione in parte alterata da presunte promesse che però si discostano dalla realtà dei fatti. A seguito dei colloqui a Washington con Erdogan, Trump ha dichiarato che le parti hanno incaricato i loro funzionari di lavorare per risolvere i problemi esistenti intorno ai sistemi S-400. Però in Turchia i test sui missili si stanno svolgendo anche con il supporto in volo dei caccia F-16 turchi. Ovvero si trovano in una fase assolutamente avanzata.

Una contingenza che si lega a doppia mandata ai numeri dell’intervento in Siria: secondo le Nazioni Unite l’operazione turca avviata il 9 ottobre scorso contro le forze curde ha provocato lo sfollamento di almeno 180.000 civili e la morte di oltre 200. Il governo turco annuncia inoltre l’intenzione di reinsediare fino a due milioni di rifugiati siriani nella zona sicura, una striscia di terra profonda 30 km lungo il confine turco secondo l’accordo attualmente in vigore tra Turchia e Russia.

UNO SCHEMA COMPLICATO

La partita non è semplice, perché tocca inevitabilmente anche altri aspetti. Il segretario al Tesoro statunitense Steven Mnuchin ha incontrato i massimi funzionari turchi: il tema è come le sanzioni statunitensi sull’Iran possano impattare sulla Halkbank di proprietà statale turca. La questione è stata oggetto di un’interrogazione avanzata dal senatore Ron Wyden a cui ha risposto il Tesoro citando i sette incontri svolti tra aprile 2017 e il novembre 2019, in cui il segretario Mnuchin ha incontrato l’allora vice primo ministro turco Mehmet Şimşek, l’attuale ministro delle finanze Berat Albayrak e il presidente Recep Tayyip Erdoğan.

Una corte federale ha incriminato Halkbank, accusandola di aver elaborato un piano su larga scala per eludere le sanzioni statunitensi sull’Iran. Fino a quel momento, la Turchia aveva esercitato una serie di pressioni sugli Stati Uniti affinché ritirassero le accuse. Secondo l’accusa, l’uomo d’affari turco-iraniano Reza Zarrab (arrestato nel 2016 e testimone contro l’ex direttore di Halkbank Hakan Atilla) avrebbe corrotto funzionari di alto rango, anche nel Parlamento turco, per condurre operazioni fittizie per aiutare a deviare le entrate petrolifere iraniane attraverso Halkbank.

twitter@FDepalo

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