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Terrorismo, perché serve più scambio di informazioni (e occhio al Sahel). Parla Gennaro Migliore

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Migliora lo scambio di informazioni tra agenzie di intelligence e autorità di polizia nel mondo per contrastare sempre di più il fenomeno del terrorismo islamista che, nel frattempo, sta reclutando in maniera massiccia nuovi adepti nel Sahel. Sono i punti principali emersi nel convegno organizzato dall’Assemblea parlamentare del Mediterraneo e in particolare da Gennaro Migliore, deputato di Italia Viva e presidente della commissione di controterrorismo dell’Assemblea. Un convegno al massimo livello: con i vertici italiani dell’intelligence (il prefetto Gennaro Vecchione) e dell’antiterrorismo (il prefetto Lamberto Giannini e i generali Pasquale Angelosanto e Cosimo Di Gesù), tra gli altri erano presenti il procuratore antimafia e antiterrorismo, Federico Cafiero de Raho, il generale Igor Sirotkin, vicedirettore del Fsb russo (erede del Kgb), e numerosi altri rappresentanti stranieri.

Onorevole Migliore, sul tema dei rimpatri dei foreign fighter e su come perseguirli penalmente sono emersi spunti nuovi?

Sono emerse posizioni che definisco positivamente contrapposte: da un lato i Paesi europei, a cominciare da Francia e Belgio, che sostengono di non potersi fare carico dell’esecuzione della pena e che si debba procedere in Siria e Iraq. Invece l’Onu e gli Stati della sponda sud, compresa la Turchia, segnalano le responsabilità di lungo periodo di cui si farebbero carico tenendo i combattenti.

Anche in Italia si discute sul fatto che è difficile individuare i reati da contestare.

Nel convegno i vertici delle nostre autorità di Polizia hanno spiegato proprio questo, non solo per i combattenti, ma a maggior ragione per le donne e i bambini che sul lungo periodo potrebbero rappresentare una minaccia ancora più pericolosa. Aggiungo che non possiamo dimenticare il tema dei diritti umani in un fenomeno tanto complesso.

In Occidente, in Italia, abbiamo un approccio ai diritti e alla giustizia del tutto diverso da certi Stati coinvolti in una guerra.

Basta vedere Alvin, il bambino albanese riportato in Italia all’inizio di novembre dopo essere stato rapito dalla madre, o i tanti bambini nati in quei campi: come si può accettare che queste persone vivano in un limbo?

Sul fronte dello scambio di informazioni, altro tema del convegno, ci sono buone notizie?

Lo scambio migliora anche perché c’è la volontà degli uffici competenti dell’Onu di accelerare le procedure obbligatorie di conferma dei dati. Tutti hanno detto che c’è la massima collaborazione su Pnr (Passenger Name Record) e Api (Advance Passenger Information). Perfino i rappresentanti siriani hanno spiegato che è loro intenzione collaborare allo scambio di informazioni. Inoltre, Dan Stigall, della National Security Division del Dipartimento di Giustizia americano, ha detto che è stato trovato un vero e proprio registro di reclutamento degli aderenti all’Isis: un “burocrate” scriveva i dati anagrafici di chi decideva di aderire alle milizie dell’Isis, una vera novità.

Un altro rischio è l’uso della tecnologia da parte delle organizzazioni terroriste. Come vi siete confrontati su questo?

Sul fronte tecnologico c’è un alto livello di attenzione sui finanziamenti online e sulle telecomunicazioni anche se si escludono attentati su larga scala, considerati molto difficili in questo momento, al contrario di attacchi sui cosiddetti “soft target” come il recente caso di Londra dimostra. Piuttosto è stato sottolineato il reclutamento massiccio che si sta facendo nel Sahel dove il giuramento di fedeltà all’Isis rappresenta un elemento molto rilevante. Qualche mese fa ho partecipato in Niger alla conferenza regionale sul contrasto al terrorismo organizzata da alcune agenzie delle Nazioni Unite che danno particolare attenzione a Paesi come Burkina Faso o Mali, senza considerare che Boko Haram è ormai del tutto assoggettato all’Isis.

Sono già fissati altri appuntamenti dell’Assemblea parlamentare del Mediterraneo?

Il prossimo a febbraio e poi a marzo, insieme con l’Unoct (United Nations Office of Counter-Terrorism) e con l’Unione interparlamentare, organizzeremo una sessione in preparazione a quella che l’Onu dedicherà alle vittime del terrorismo.


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