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Perché il Mose di Venezia fa acqua da tutte le parti. Parla Mario Tozzi

Ventimila per gli esercenti e cinquemila per i privati. Questi gli euro che il governo stanzierà per i veneziani colpiti dal maltempo e dall’acqua alta record di questi ultimi giorni. Lo ha detto Giuseppe Conte che questa mattina ha visitato i danni della città martoriata dall’acqua. Lo stivale colpito da un unico fenomeno meteorologico, un ciclone come spiegato all’Agi dal meteorologo Claudio Cassardo, che ha interessato Venezia appunto, Matera e Licata in Sicilia.

Questi eventi hanno costi umani, economici e culturali. E proprio in riferimento alla nostra cultura, non solo riferita alle opere d’arte messe in grave pericolo, ma proprio a una mentalità che nel nostro Paese dovrebbe cambiare, Formiche.net ha sentito Mario Tozzi, geologo, divulgatore scientifico e saggista, autore ieri su La Stampa di un articolo molto eloquente: La grande bellezza ferita da maltempo e incuria.

L’Italia ora è più ricca, ma dimentica che con la natura non c’è partita se la dimentichiamo nei nostri progetti…

Sì, non si capisce che per vivere in certi posti è necessario fare un patto. Il patto è fare manutenzione ed averne cura. Alcuni luoghi sono difficili e ti presentano il conto. Ed è quello che sta succedendo.

Manutenzione e incuria hanno prodotto questi risultati…

Sì, ma anche l’impatto col mondo moderno. Noi abbiamo costruito e abbiamo costruzioni che facevano e fanno riferimento a un mondo antico. La modernità ci vede impreparati perché le nostre città sono più complicate e soprattutto perché ci sono cambiamenti come quelli climatici che impattano maggiormente che in passato. Non esistono più le identità di quelle città, come Matera, considerate solo per i turisti e dove nessuno si preoccupa più di chi ci vive. Se non sono vissute decadono e c’è poco da fare.

Lei sostiene quindi che il nostro patto con l’ambiente si è rotto con la modernità. In passato Matera, come lei dice, è stata la prima vera smart-city…

Sì nel passato per la sua storia. Adesso però smart city è quella città, ad esempio, dove si trova parcheggio. In realtà ciò che è importante oggi è che la città sia in equilibrio col territorio.

A proposito di equilibrio con il territorio, il Mose non funziona e non ha mai funzionato. E in molti, fra cui lei, sono d’accordo nel sostenere che la sua costruzione ha avuto un impatto negativo sull’ecosistema della città.

Sì, ma non solo. Ha peggiorato anche la marea perché le bocche di porto sagomate col cemento sono diventate più profonde, perché le hanno scavate, in più il passaggio dell’acqua è più rapido perché non c’è più il terreno e quindi l’acqua arriva più velocemente. Si vede anche che oggi l’acqua arriva a livelli record più velocemente di un tempo. Il tutto perciò è stato peggiorato da questa opera.

Da dove bisognerebbe ripartire?

Da un aspetto di tipo culturale. Dobbiamo essere consapevoli di essere un Paese a rischio e il rischio come tale va incorporato nei nostri orizzonti e prospettive. Non si può fare finta di niente e che tutto dipenda dal fato. In Italia sarà sempre così e dunque dovremmo pensare a una risposta culturale di incorporazione del rischio, invece di una risposta tecnologica che serve tutto sommato molto poco.

La manovra prevede risorse pari a 4,5 miliardi per ambiente e dissesto idrogeologico. Sembra una buona notizia, ma lo è solo in parte, spiegava ieri Erasmo D’Angelis sentito da Formiche.net sempre su questi temi. Il vero problema, sostiene D’Angelis, non sono le risorse, che ci sono, ma la mancanza di progettazione. Cosa ne pensa?

Penso proprio che abbia ragione. Non vengono messe in pratica le idee che esistono per risolvere i problemi. Per cui sono stati recuperati alcuni miliardi di euro che però non vengono destinati perché mancano i progetti, o se ci sono, non sono adeguati. Ma il vero problema a monte di questo che vorrei sottolineare è che non sono necessarie le grandi opere, ma le piccole opere.

(Foto: Account Twitter Comune di Venezia)



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