Molti affari, poca politica, se non applicata agli affari. Il Presidente Usa, Donald Trump ha incontrato la sua controparte turca, Recep Tayyip Erdogan nel meeting più sereno degli ultimi due anni o meglio quello che ha visto il numero uno della Casa Bianca più ben disposto nei confronti di un alleato bizzoso per quanto strategico.
La riunione fra i due è durata quasi due ore, alla fine delle quali Trump ha definito Erdogan “un suo grande amico”. Si è parlato soprattutto del programma F-35, dal quale la Turchia è stata momentaneamente esclusa e l’aumento delle relazioni commerciali, che, secondo Trump potrebbero arrivare a 100 miliardi di dollari di interscambio.
“Siamo alleati, ci capiamo l’un l’altro con le nostre rispettive preoccupazioni” ha affermato Trump, aggiungendo che con Erdogan ha parlato sia del sistema missilistico S-400 che la Turchia ha acquistato dalla Russia, sia di un ipotetico acquisto di F-35 da parte della Mezzaluna.
I due leader si sono trovato d’accordo sulla questione terrorismo, con Trump che ha lodato a più riprese gli sforzi della Turchia per catturare esponenti chiave di Daesh.
Il sodalizio fra Turchia e Usa, dunque, sembra partire da basi nuove, anche se non si sa quanto solide o durature. Sta di fatto che il capo della Casa Bianca sembra avere favorito Ankara su tutta la linea. Erdogan si è anche potuto permettere di apostrofare un gruppo di senatori Usa, accusandoli di chiamare curdi quelli che sono a tutti gli effetti dei terroristi dello Ypg, il gruppo armato dei curdi siriani.
Quel che è certo è che Trump nei confronti della Mezzaluna si è speso molto, arrivando anche a fare appello all’Europa perché si prenda le sue responsabilità sui quasi 4 milioni di rifugiati siriani che la Turchia ospita ormai da quasi dieci anni.
Quanto questa visita sia veramente riuscita a rinsaldare le relazioni fra i due Paesi si capirà nelle prossime settimane, quando Ankara renderà noto da chi acquistare i caccia da guerra, se dalla Russia, la Cina o gli Usa.
Una cosa, però, sembra sicura. Gli Stati Uniti, almeno per il momento, non intendono mettersi di traverso e, al contrario, si stanno trasformando di nuovo in un garante del potere di Recep Tayyip Erdogan. Oltre alle promesse di maggiore interscambio commerciale, infatti, da Washington il Fondo Monetario Internazionale ha fatto sapere che la Turchia potrebbe essere in grado di uscire dalla crisi economica che vive da qualche mese in piena autonomia. Se si tratti di una posizione dettata solo dagli affari o se ci siano motivazioni ben più sostanziali, lo si capirà solo nei prossimi mesi.
Intanto, però, rappresenta una bella iniezione di fiducia per il Presidente turco, che non tornerà più ai livelli di consenso di un tempo, ma che con gli Stati Uniti non più in aperta opposizione può dormire sonni più tranquilli. Senza contare che la sua politica di doppio binario fra Mosca e Washington, fino a questo momento, si sta rivelando vincente. Occorre solo vedere se sia merito suo o di chi gliela fa mettere in pratica.