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Per un suicidio programmato della neonata Commissione UE

Ieri il Parlamento Europeo ha dato il via libera alla nuova Commissione proposta da Ursula von der Leyen. Una Commissione complessivamente equilibrata, competente, rappresentativa. Con un programma sufficientemente ambizioso da poter lavorare per un’intera legislatura a ricucire il rapporto fra Unione e cittadini europei, a trasformare parzialmente l’Europa delle nazioni, intrinsecamente debole sul piano globale, in un embrione di attore globale in grado, pur senza ancora una sovranità autonoma come soggetto sovranazionale, di non farsi irretire dalle altre potenze mondiali nella logica del divide et impera.

Ma non basta. La nuova Commissione, per realizzare davvero il suo mandato ed essere ricordata nei libri di storia, ha un compito ben più importante: guidare i governi verso una trasformazione delle regole dello stare e decidere insieme tali da costituire una vera e propria rivoluzione. Se è vero che gran parte del potere legislativo sta nel Parlamento Europeo e soprattutto nel Consiglio Europeo, è altrettanto vero che la Commissione è il soggetto che può determinare l’agenda del cambiamento, individuando una specifica iniziativa sulla quale far saltare l’attuale quadro decisionale confederale della UE, all’interno del quale nessuna vera decisione collettiva può essere presa in maniera legittimamente democratica perché legata ai ricatti incrociati delle diplomazie nazionali attraverso l’esercizio del diritto di veto.

Scardinare quindi il diritto di veto e le decisioni all’unanimità: questo l’obiettivo strategico. Ma una strategia non assistita da un percorso tattico preciso rimane utopia. Da qui la necessità di individuare una iniziativa specifica, realistica e rapidamente cantierabile. Che potrebbe essere la politica di difesa e sicurezza comune. E/o potrebbe essere un bilancio collettivo per una parte della UE, gestito in una logica federale e non confederale. Ossia: a) con risorse proprie, non soggette né alla discrezionalità (oltretutto oggi decisa all’unanimità) dei contributi nazionali, né legata a risorse europee raccolte però a livello nazionale (sulle quali non esiste quindi un controllo diretto delle istituzioni europee ma sempre mediato dai governi dei singoli paesi); b) con autonomia di spesa del livello sovranazionale.

Per realizzare una vera capacità fiscale di parte della UE è possibile adattare Parlamento Europeo, Consiglio e persino Corte di Giustizia a lavorare in un assetto a geometria diversa da quello della UE28, semplicemente riunendolo con i membri dei vari paesi aderenti. Ma la Commissione no. Questa Commissione composta da Commissari per ciascuno Stato membro non potrebbe più essere coerente con le nuove esigenze di attore sovranazionale. Ed è quindi l’istituzione che più di ogni altra deve cessare di esistere in questa conformazione attuale e rigenerarsi, adeguandosi ad una nuova logica, meno agganciata a quelle nazionali. Occorre insomma che la Commissione prepari il terreno per essere, dalla prossima legislatura, un soggetto completamente diverso, non solo attrezzato per rispondere alle nuove competenze che dovrebbero essere create, ma soprattutto autonomo de facto e de jure dalle logiche nazionali.

La Conferenza sul Futuro dell’Europa, voluta da Macron e confermata dalla neo-Presidente della Commissione, potrebbe essere lo strumento principe di questa trasformazione. Proprio due giorni fa un “non-paper” franco-tedesco indicava le tappe concrete per la realizzazione della Conferenza nella quale dovrebbero essere largamente coinvolti tutti gli stakeholders interessati, ad iniziare dalla società civile e volta alla creazione di un nuovo trattato (da adottare nella doppia logica che chi ratifica è dentro, chi non ratifica sta fuori, non impedendo però agli altri di creare un nuovo soggetto). È l’occasione per i cittadini europei per far emergere quella maggioranza silenziosa che, almeno in alcuni paesi, è favorevole ad un approfondimento del processo d’integrazione europea nel senso di una trasformazione delle sue istituzioni negli organi di una genuina democrazia sovranazionale, dotata degli strumenti necessari per rispondere ai bisogni dei cittadini sia sul fronte interno sia nella competizione internazionale. Alla neonata Commissione auguriamo il coraggio di intravedere in questa strada l’unico percorso praticabile per la sostenibilità nel tempo di una costruzione europea ancora estremamente fragile. In bocca al lupo!

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