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Donà dalle Rose e Spitz. Saranno le donne a salvare Venezia? Il commento di Elvira Frojo

Un disastro che ha lasciato senza fiato. Un’alluvione, pari quasi a quella del 1966, ha colpito Venezia martedì scorso. Circa 187 cm il livello dell’acqua alta e raffiche di vento da 100 km orari. Venezia indifesa. Il mondo sgomento per le immagini delle gondole sbattute dalla corrente nelle calli, per la gravità dei danni subiti da una città che è per tutti, italiani e stranieri, una leggenda, per la sua bellezza, la sua storia, il suo patrimonio artistico. E anche per la sensibilità particolare dei veneziani, custodi, con armi spuntate, di un luogo magico che da sempre cercano di proteggere.

Ora, istituzioni, intellettuali, critici d’arte, tecnici, associazioni, il mondo intero, si interrogano su quanto si sarebbe potuto fare. E su quanto, con urgenza, occorra fare. L’inventario dei danni è in corso ma le previsioni sono già terribili. E nulla potrà curare le ferite dei veneziani, deprivati dalla certezza della propria casa, dei propri beni, del futuro.

Dichiarato lo stato d’emergenza. Tutti, dopo il disastro, vogliono salvare Venezia, patrimonio dell’Italia e dell’umanità.

Una donna, ancora una volta, prende la parola con forza. Con parole toccanti e dure che vanno dritte al cuore del problema.
È Chiara Donà dalle Rose. Una donna di alto profilo e di grande impegno, culturale, sociale ed umano.

Chiara, per alcuni semplicemente “Contessa”, è avvocato, membro del consiglio di amministrazione dell’Università di Architettura di Venezia IAUV, fondatrice di Bias, Biennale Arte contemporanea delle religioni dell’umanità. È consulente per la cultura al Comune di Castelvetrano. Molti altri gli interessi poliedrici di Chiara. Impossibile elencarli tutti. Tra gli altri, opera in stretta sinergia con l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati e, nella penisola del Sinai, è capo missione umanitaria di un progetto per la creazione di un presidio ospedaliero per Wish, World International Sicilian Heritage. Chiara è una donna volitiva che fa tutto con serietà e competenza. E tutto con l’entusiasmo, la sensibilità, la generosità e la dolcezza femminile.

Ho letto la lettera che ha scritto, dopo l’alluvione, interpretando il pensiero dei veneziani, “stremati dalla paura e dalla stanchezza, ma soprattutto afflitti dalla rabbia”, e ve ne riporto alcuni brani:

“Venezia, non è una città, non è un villaggio, non è una metropoli né ha mai aspirato ad esserlo.
Venezia è una realtà unica al mondo, sospesa nel tempo tra il sogno, l’incantesimo e la storia, è la realizzazione concreta e tangibile di una sola e grande opera d’arte composta, non dimenticatelo mai voi che guardate le immagini sul media, anche da noi veneziani, uomini e donne, giovani e vecchi, del passato e del presente che la vivono giorno per giorno e la conservano e custodiscono nei fatti e nella memoria.

I veneziani sono coloro che vi sono nati, coloro che hanno scelto di viverci, coloro che hanno dovuto abbandonarla, coloro che dopo averci studiato hanno deciso di adottarla, e di tutti coloro che prima di vantarsene hanno deciso di viverla in un incredibile intreccio di spettacolari luci e complesse difficoltà”.

Chiara è una donna che porta avanti, con coraggio, proposte concrete.

Con accenti profondi di chi vive e ama la città di Venezia, tra difficoltà molto gravose. Parole che toccano il cuore.
“Come guardiano del faro, con la mia famiglia, di uno dei palazzi storici di Venezia, chiedo al governo di considerare che è assolutamente urgente ripristinare una tutela ad hoc di questi beni, un regime ad hoc superando visioni demagogiche e biecamente populiste, abbandonando lo sterile rapporto pubblico e privato che denota che questi beni sono privati solo quando si parla di gettito fiscale o di richiesta di autorizzazioni ma quando si parla di tutela del patrimonio il do ut des è solo il peso economico della salvaguardia, è puramente a senso unico, lasciandoci assolutamente soli al nostro destino, con la consapevolezza che noi non abbiamo i mezzi”.

“Siamo lasciati soli, con solo ed esclusivamente oneri e pesi, in una città in cui la parola restauro ha il peso e la stessa frequenza di un appuntamento quotidiano. Tutti vedono la parte che luccica ma pochi si rendono conto della fatica e della dedizione che c’è dietro ad ogni veneziano per la salvaguardia della sua casa, piccola o grande che sia, del 400 o dell’800 poco importa, al piano nobile, al piano terra come in piccionaia”.

Una donna anche per districarsi tra difficoltà, polemiche ed iniziative future relative alla realizzazione delle opere per il Mose, progetto avviato nel 2001 per contenere le maree, costato quasi 6 miliardi di euro e non ancora pronto. Elisabetta Spitz, già direttore dell’Agenzia del Demanio, è stata nominata supercommissario per il Mose.

Saranno le donne a salvare Venezia?

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