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Meloni, Salvini e le minacce a Segre. Differenze a destra con vista sull’elettorato

La vicenda delle minacce alla senatrice a vita Liliana Segre e l’immediata decisione di assegnarle una scorta dei Carabinieri, a conferma che al Viminale le hanno prese sul serio, anche a distanza di giorni sta facendo emergere differenze nella destra italiana forse in modo inaspettato o forse come evoluzione di dettagli sottovalutati in passato.

Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia ed erede della storia del Movimento sociale italiano tramite Alleanza nazionale, sta scavalcando a sinistra Matteo Salvini (o quest’ultimo la scavalca a destra, fate voi) costruendo giorno dopo giorno un’ipotesi di destra moderna che, nel caso Segre, le fa guadagnare punti nel giudizio generale e in prospettiva anche voti nel costante cannibalismo elettorale dell’area di centrodestra, dove i moderati sono molto appetiti.

Meloni si pone senza alcun dubbio al fianco della senatrice Segre, pur con alcuni dissensi sulla commissione contro l’odio e l’antisemitismo, in un modo che a Salvini proprio non riesce. A 48 ore dalla notizia dell’assegnazione della scorta il leader leghista non ha cambiato di una virgola la sua posizione e, smentendo l’incontro con la senatrice che era stato dato per certo venerdì pomeriggio, ha ripetuto: “A me è appena arrivato un altro proiettile, non piango. In un Paese civile non dovremmo rischiare né io né la Segre”.

Due giorni prima aveva detto: “Anche io ricevo minacce ogni giorno. Le minacce contro la Segre, contro Salvini, contro chiunque sono gravissime”. Piaccia o meno, significa mettere sullo stesso piano le deprecabili minacce a un esponente delle istituzioni, che ci sono sempre state e sempre ci saranno, con quelle a una persona di 89 anni presa a simbolo degli ebrei da cancellare a più di 70 anni dalla fine del nazismo e del fascismo.

Maurizio Gasparri, che viene dal Movimento sociale, è stato parlamentare del Msi e di An e ha scelto Forza Italia dopo la fine del Pdl, non a caso si esprime più correttamente: anche lui continua a ricevere minacce di morte e quindi “le campagne di odio vanno stroncate, tutte, senza distinzioni”, ma, nell’esprimere totale solidarietà e stima a Liliana Segre, le scrive che “mi è ben chiara la differenza tra i messaggi di odio che colpiscono la sua persona e altri fatti. Non si può fare nessun accostamento”.

Salvini ha spiegato che quando ci sarà l’incontro l’avrà chiesto lui e che ha voglia di ascoltare e di imparare da una “donna estremamente intelligente”. Ha anche detto chiaramente che nel 2019 “negare l’Olocausto e dirsi antisemiti è da ricovero urgente”, però quell’accostamento lo fa e (questo è il punto) non riesce a smarcarsi dagli estremisti di CasaPound e di Forza Nuova: ha ragione quando risponde ai giornalisti dicendo che, se quei movimenti si presentano alle elezioni, rispettano la Costituzione e che gli fanno tenerezza i gruppi ultrà che allo stadio inneggiano al fascismo o vanno con falce e martello. Forse, però, CasaPound e Forza Nuova sull’Olocausto e Liliana Segre non la pensano così: non sarebbe più semplice prenderne le distanze una volta per tutte, vista anche la nuova “moda politica” della giacca al posto della felpa? Perché è così difficile?

Queste differenze a destra stanno causando confusione anche a livello locale, con scatti in avanti e repentine marce indietro di quei politici di provincia che cercano di ingraziarsi il capo senza capire quando è meglio stare fermi. Carlo Masci (sindaco di Pescara per il centrodestra) ha detto no alla proposta di cittadinanza onoraria per la Segre insieme con il capogruppo leghista, Vincenzo D’Incecco, e ha preso una sberla dalla Meloni che ha rivendicato sulla Repubblica una scelta opposta fatta a Latina.

Proprio a Pescara, però, Fratelli d’Italia non ha le idee chiare se il consigliere comunale Marco Aurelio Forconi, ex leader regionale di Forza Nuova, la pensa come Masci. Subito si è precipitato il sindaco leghista di Ferrara a proporre una cittadinanza onoraria e Salvini ha confermato che anche i sindaci del suo partito saranno presenti alla manifestazione del 10 dicembre in sostegno della senatrice.

Se dunque Meloni deve dare “sberle” anche al suo interno, la linea ufficiale di Fratelli d’Italia appare netta: Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera, ha auspicato una mozione bipartisan contro antisemitismo e razzismo e la stessa leader, nel rivelare di aver parlato con la senatrice Segre nei giorni scorsi, ha ribadito un impegno contro l’antisemitismo “soprattutto in rapporto al fondamentalismo islamico”. Va bene il “soprattutto” purché si continui a fare pulizia in casa propria.

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