Il Copasir chiama, il governo risponde. Dopo il rapporto pubblicato dall’organo parlamentare di raccordo con i Servizi che consiglia all’esecutivo di prendere “seriamente in considerazione” l’esclusione delle aziende cinesi dalla rete 5G arriva la prima risposta ufficiale di Palazzo Chigi. A darla il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro. “Il Governo – ha detto l’esponente del Movimento Cinque Stelle – non potrà non tener conto della relazione del Copasir sui rischi della tecnologia 5G in tema di sicurezza nazionale”.
Nel rapporto che conclude un’indagine durata un anno sulla banda ultralarga e i rischi alla sicurezza che possono derivarne il Copasir invita “il Governo e gli organi competenti in materia” a considerare la possibilità di “limitare i rischi per le nostre infrastrutture di rete, anche attraverso provvedimenti nei confronti di operatori i cui legami, più o meno indiretti, con gli organi di governo del loro Paese appaiono evidenti”.
Il riferimento si fa più netto nel passaggio del documento che affronta il caso di Huawei, azienda cinese leader nella telefonia mobile e fra i primi fornitori al mondo della rete 5G, i cui vertici del ramo italiano sono stati a più riprese ascoltati in audizione. In merito ai rapporti fra Huawei e le altre aziende cinesi del settore, il comitato bipartisan conclude come “in Cina gli organi dello Stato e le stesse strutture di intelligence possono fare pieno affidamento sulla collaborazione di cittadini e imprese” e diffida le autorità italiane dal loro coinvolgimento nella costruzione della banda ultralarga.
Le conclusioni del Copasir non vincolano per legge il governo ad agire. L’annuncio di Fraccaro sembra tuttavia presagire una revisione della strategia sul 5G del governo Conte. Il tema era stato posto all’attenzione del primo Consiglio dei Ministri con la discussione del decreto cyber e dell’estensione del golden power anche al controllo della rete di ultima generazione. Nelle ultime settimane il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha chiarito che, per il momento, la nuova normativa è “all’avanguardia” rispetto a quella vigente negli altri Paesi europei ed è sufficiente a garantire la sicurezza della rete dalla potenziale manomissione dei dati da parte di aziende straniere. Considerazioni ribadite nell’ultimo vertice Nato a Londra di inizio dicembre durante un faccia a faccia con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Al termine dell’incontro l’inquilino della Casa Bianca ha riferito di aver ricevuto rassicurazioni sul 5G ai cinesi da parte del premier italiano (che, dal canto suo, ha negato di aver toccato l’argomento).
La palla ora è nelle mani di palazzo Chigi. Ai sensi del decreto cyber approvato questo autunno (art. 5) il presidente del Consiglio dispone infatti di incisivi poteri per bloccare l’affidamento della rete ad aziende straniere in caso si verifichi un “rischio grave e imminente per la sicurezza nazionale connesso alla vulnerabilità di reti”.
Le reazioni nella maggioranza, per il momento, non trovano una sintesi. Nonostante il rapporto del Copasir sia stato votato da una deputata pentastellata, Federica Dieni, nel Movimento prevale una linea attendista, nella convinzione, riporta La Stampa citando anche alcuni funzionari del Mise, che “in nessun Paese europeo sono state vietate aziende cinesi”. Meno frammentato il fronte Pd. In un’intervista a Formiche.net la deputata della Commissione Esteri Lia Quartapelle ha spiegato la linea: “qualsiasi ulteriore decisione deve essere presa insieme all’Europa, soprattutto se in gioco c’è la possibilità di escludere dal mercato grandi player globali”.