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5G, il Pd si compatta a difesa del Copasir. E pensa a una via d’uscita

Non smette di far discutere il rapporto del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) sulla Cina e la rete 5G. Un’altra voce autorevole del governo, lato Pd, si è espressa a favore delle conclusioni del documento, che invita Palazzo Chigi a “prendere seriamente in considerazione” un bando di aziende cinesi ritenute filogovernative come Huawei dalla costruzione della rete di ultima generazione. Entrando alla Camera per il voto di fiducia sulla manovra, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha messo in chiaro che quelle del Copasir “sono indicazioni che vanno valutate con attenzione”. Gli strumenti legislativi messi in campo questo autunno, su tutti il decreto cyber, ha spiegato il ministro, sono incisivi ma in questo momento il Paese deve “affrontare la questione con ancora più determinazione e incisività perché attiene alla sicurezza nazionale”. Anche perché, è il rilievo di Guerini, il dossier è in cima all’agenda dei Paesi Nato e “credo che l’Italia non possa ignorare questo dibattito”.

L’apertura del titolare di Palazzo Baracchini giunge all’indomani di una netta presa di posizione del segretario del Pd Nicola Zingaretti, che intervistato a Mezz’ora in più su Rai 3 da Lucia Annunziata ha sentenziato come “un governo serio” abbia il dovere di “verificare quelle preoccupazioni e mettere al primo punto la sicurezza nazionale”. Altri vertici dem del governo, come il ministro degli Affari europei Enzo Amendola, sarebbero preoccupati dello scetticismo mostrato dai Cinque Stelle verso i moniti dei Servizi segreti. Hanno fatto rumore, in particolare, le parole del ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, che venerdì ha elogiato Huawei perché “offre le soluzioni migliori ai prezzi migliori” e calato il sipario sulla sua esclusione dai bandi per il 5G in Italia.

Cresce di giorno in giorno la fronda interna al Pd che ritiene la questione non secondaria ed è sempre meno propensa a una soluzione di compromesso. Nessuno nasconde che il decreto cyber, grazie al Centro di valutazione e certificazione nazionale (Cvcn) e al rafforzamento del golden power abbia notevolmente esteso il perimetro di sicurezza nazionale cibernetica. Alla luce delle conclusioni di un anno di indagine del comitato di raccordo fra Parlamento e intelligence tuttavia in molti ritengono opportuno un passo in più. Diversi parlamentari del partito hanno chiesto al segretario di convocare una riunione interna, coinvolgendo eventualmente esperti e tecnici, per concordare una linea coerente del partito. Tra i più attivi in questo senso il sottosegretario al Mise Gian Paolo Manzella, che in un’intervista a La Stampa è tornato sulla relazione del Copasir: “Non è un atto fuori contesto, merita massima attenzione”.

Fra le proposte in ballo, sempre secondo quanto riporta il quotidiano torinese, ci sarebbe al Nazareno quella di consegnare la gestione dei dati sensibili a una società italiana su cui lo Stato vanti un controllo diretto. Non è chiaro quale sia la candidata né se vi sia un piano d’azione concertato. Al momento una sola società con sede a Bologna, la Jma Teko, parte del gruppo statunitense Jma Wireless, ha sviluppato un prodotto 5G interamente italiano.

L’idea che circola all’interno della pattuglia parlamentare dem è quella di creare un mercato della security interamente italiano per le tecnologie strategiche come il 5G. Non è un’operazione facile, ma è sicuramente apprezzabile e neanche senza precedenti, spiega a Formiche.net Stefano Mele, partner di Carnelutti Studio Legale Associato e presidente della Commissione sicurezza cibernetica del Comitato atlantico italiano. Un caso eloquente è quello israeliano: “Israele ha costruito a Bersheva il Cyberspark, un grande hub che mette insieme università, multinazionali, esercito, governo, grandi aziende per creare start up nel mondo della cybersecurity sia sul lato del software che dell’hardware”. In Italia le condizioni, in teoria, ci sono: “L’area ex-Expo di Milano, ad esempio, è un enorme spazio tuttora vuoto, collegato da treni, metropolitane e interamente cablato. Basterebbe prendere esempio”.

Il dibattito sul 5G si è trasformato dunque in una nuova frontiera interna alla maggioranza. Non solo: ha permeato anche l’agenda dell’opposizione. Tant’è che il leader della Lega Matteo Salvini questo lunedì ha preso la palla al balzo: “Troppe cose non tornano nei rapporti tra Movimento 5 Stelle e Cina, a partire dal ministro Patuanelli che minimizza la relazione del Copasir sul 5G”.

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