La Grecia, che ancora deve recuperare, economicamente e a livello di coesione sociale, i dieci anni di crisi del debito e delle politiche di austerity, è stata lasciata sola al suo destino. Almeno dall’Unione Europea. Sta di fatto che, dopo essere diventata oggetto delle brame cinesi e di quelle americane, che si contendono sempre di più il controllo dei gioielli nazionali e fanno a gara a chi conquista nuove posizioni del Paese, adesso è anche vittima delle minacce della Turchia.
A onore del vero e per amore di precisione, quelle le riceve già da tempo e sono all’ordine del giorno, insieme con gli sconfinamenti di Ankara nelle acque territoriali e nei cieli ellenici. Con l’accordo fra Libia e Turchia firmato la scorsa settimana, però, il presidente Recep Tayyip Erdogan sta venendo a creare, secondo molti fuori dai contorni del diritto internazionale, un Mediterraneo spaccato, con poli contrapposti, dove da una parte, formalmente ci sono Turchia e Libia (molta più Turchia che Libia) e dall’altra il resto del Mediterraneo, in buona dose a sua insaputa.
Certo, non Egitto e Israele, che con la Turchia hanno problemi seri nelle relazioni da anni e che hanno messo più volte in guardia sull’esuberanza diplomatica e dello scacchiere internazionale di Ankara. E nemmeno la Grecia, che continua, da mesi, a rivolgersi tanto a Washington quanto a Bruxelles per chiedere di intervenire su un vicino sempre più ingombrante e prevaricatore.
Erdogan ha messo tutti dal fatto compiuto, firmando un accordo che per molti è illegale e con gli quale sta praticamente ridisegnando in maniera autonoma la carta delle acque territoriali del Mediterraneo. L’ex Mare Nostrum, con le sue rotte commerciali ma soprattutto i giacimenti intorno all’isola di Cipro, sembra sempre di più una coperta troppo corta, che tutti vogliono tirare dalla propria parte. Finché a qualcuno non scappa il lembo e rimane a bocca asciutta.
Chi sta per perdere il lembo della coperta è l’Europa, in primis l’Italia, che non sta dando retta alle preoccupazioni fondate di Atene e nemmeno conducendo trattative separate con la Turchia sulla Libia come invece stanno facendo Germania e Francia.
Un’Europa incapace di agire in modo compatto persino quando un Paese, chiaramente sempre più ostile e pericoloso, avvia una politica capace di influire negativamente su almeno 4 dei suoi stati membri. E che agli occhi della Turchia, in sede internazionale, non rappresenta certo un problema.