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Ecco la lezione da apprendere dal caso Mes

Non vorrei si fosse tentati a considerare la vicenda dell’Esm come un successo della nostra diplomazia la quale sarebbe riuscita a rinviare la firma di un progetto di trattato sul Meccanismo di stabilità. L’Esm, in italiano Mes, è un trattato internazionale il che significa che il testo va prima firmato dai plenipotenziari dei vari stati (a ciò autorizzati dai propri governi) e poi ratificato (nella maggior parte degli Stati con apposita legge approvata dia parlamenti, in alcuni casi con referendum). Ma chi scrive il testo da firmare e poi da ratificare. Non certo i ministri dei vari stati coinvolti nell’esercizio. Il lavoro di drafting viene fatto dalle burocrazie dei vari Stati.

Qui è cruciale che tra i funzionari che prendono parte alle defatiganti riunioni di lavoro per mettere a punto ed i rispettivi vertici politici ci sia intesa. Intesa che dovrebbe svilupparsi in due sensi: (a) dai vertici politici dovrebbe andare verso i tecnici che partecipano alle riunioni di lavoro indicazioni su come orientare le scelte e, quindi, il testo da scrivere, (b) dai tecnici dovrebbero andare verso i vertici politici chiare, puntuali, sistematiche, frequenti e tempestive informazioni sull’andamento dei lavori e dei negoziati.

Se questo meccanismo funziona senza intoppi, il testo su cui si trova l’accordo viene firmato dai governi e poi ratificato senza problemi. La firma da parte del governo diventa una fatto puramente ritualistico e la ratifica da parte del parlamento diventa un momento autocelebrativo per affermare davanti all’opinione pubblica la politica della maggioranza e, talvolta, l’unità nazionale. I problemi nascono quando questo meccanismo non è sufficientemente oliato. Il rinvio della firma del testo non è un successo della nostra diplomazia. Il rinvio segnala solo che da noi non funziona il rapporto tra vertici politici e tecno-struttura. A livello di opinione pubblica internazionale, il rinvio prende la forma di una pesante perdita di immagine del nostro Paese: “di questi italiani non ci si può proprio fidare”.

L’Esm è un trattato internazionale. Questo fatto ci dovrebbe suggerire due ulteriori considerazioni. Una relativa al processo decisionale nell’ambito dell’Unione europea ed uno relativo al rapporto tra i meccanismi decisionali della Ue e i trattati internazionali tra alcuni degli Stati membri dell’Unione (il trattato sull’Esm non coinvolge tutti i 27 Stati Membri ma solo gli Stati dell’euro). Vediamo i due punti separatamente. Il processo decisionale nella Ue. La Ue non è una organizzazione internazionale ma –marcatamente per le materie regolamentate dal Trattato sul Funzionamento della Ue- è una organizzazione sopranazionale. La legislazione comunitaria non è un trattato che deve essere firmato e ratificato ma una legislazione vincolante il cui mancato rispetto da parte degli Stati Membri comporta pesanti sanzioni pecuniarie.

Qui, dunque, non c’è la possibilità di salvarsi in corner rifiutando la firma o non dando luogo alla ratifica. I testi di delle direttive e dei regolamenti UE vengono messi a punto dai così detti gruppi di esperti, laddove gli esperti non sono ricercatori di chiara fama ma i funzionari (di solito appartenenti al middle management) delle rispettive burocrazie nazionali. Il testo licenziato da questi gruppi di funzionari nazionali (ce ne sono più di un migliaio) viene, in più del 90% dei casi, approvato dalla Commissione in maniera semplicemente ritualistica, senza discussione. Trattamento simile riceve il testo licenziato dalla Commissione nel seno del Consiglio (qui esistono 267 gruppi di lavoro parimenti formati da funzionari degli Stati Membri, qui una più dettagliata descrizione di questo meccanismo). Qui è indispensabile che la nostra presenza nei comitati e gruppi di lavoro dei funzionari italiani sia costante e puntigliosa ed è indispensabile che questi funzionari siano ben raccordati con i vertici politici. Il che non avviene (qui una descrizione della presenza italiana nei meccanismi decisionali Ue)

Il rapporto tra i meccanismi decisionali della Ue e i trattati internazionali tra alcuni degli Stati Membri. Se prendiamo in considerazione la Svizzera o la Germania (Stati federali o confederali) ci si rende conto che, accanto alle due fonti tradizionali di diritto e cioè le norme federali e le norme prodotte dai Laender o dai Cantoni, esiste una terza fonte: gli accordi tra i Laender o gli accordi intercantonali. Dobbiamo renderci conto che accanto al meccanismo Ue, l’architettura della cui governance è delineata nel Trattato sul Funzionamento della Ue (uno dei due trattati di Lisbona), vedremo sempre più di frequente il fiorire di trattati tra alcuni Stati Membri. Non solo trattati ma anche Memorandum of Understanding e, perché, scambio di lettere tra funzionari degli Stati Membri o di articolazioni locali (Regioni, Comuni) di più Stati Membri, sopra tutto al livello di collaborazione transfrontaliera e amministrativa in senso più generale. Coordinare una efficace presenza italiana in questi gangli decisionali diviene cruciale. La modernizzazione della nostra Amministrazione deve farsi carico anche di questa problematica.


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