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Aramco vola in Borsa. Ma manca (per ora) l’obiettivo di bin Salman

La petrolifera saudita Aramco parte scoppiettando all’esordio in borsa. Le azioni saudite sono schizzate del 10 per cento appena sono iniziate le negoziazioni, oggi, chiudendo un debutto in borsa che ha infranto i record, sebbene non sia riuscito a raggiungere la valutazione di 2 trilioni di dollari. Traguardo che  il principe ereditario, il factotum del regno Mohammed bin Salman, aveva fissato come obiettivo — parte vitale del progetto “Vision 2030” con cui vuole diversificare l’economia del suo Paese dal petrolio”.

La scorsa settimana il gigantesco monopolio petrolifero statale dell’Arabia Saudita ha realizzato la più grande Ipo della storia, raccogliendo 25,6 miliardi vendendo l’1,5 per cento della società — battendo il record del debutto sul mercato di Alibaba nel 2014 a New York. L’Ipo sulla borsa Tadawul di Riad valutava Aramco a circa 1,7 trilioni di dollari, rendendola già la società di valore pubblico più preziosa al mondo, prima di Apple (AAPL) — ferma sui 1,2 trilioni di dollari. Le azioni di Aramco in Arabia Saudita hanno raggiunto i 35,20 riyal (9,39 dollari), il massimo aumento giornaliero consentito dallo scambio (il limite di fluttuazione dei prezzi giornaliero del 10 per cento). Questo ha fatto crescere a 1,88 trilioni la valutazione complessiva. Sarah al Suhaimi, presidente della borsa Tadawul, ha definito la quotazione “un evento straordinario nel Regno dell’Arabia Saudita e nel mondo in generale”.

Spiegava MFMilano Finanza: “In totale la dimensione dell’offerta è di 3 miliardi di azioni, pari all’1,5 per cento del capitale della società che ha avuto una domanda boom. Il gruppo ha comunicato che, alla fine del periodo di collocamento sono arrivate richiesta da investitori istituzionali pari a 106 miliardi di dollari Usa che, insieme alla domanda totale de investitori individuali, hanno portato gli ordini totali a 119 miliardi di dollari, ovvero il 465 per cento delle azioni messe in vendita in totale”. La stragrande maggioranza degli acquirenti per il titolo Aramco è in Arabia Saudita. Samba Capital, che ha gestito l’Ipo, ha dichiarato martedì che il 97 per cento degli investitori al dettaglio che hanno ricevuto azioni proveniva dal Paese, oltre il 75 delle azioni vendute a investitori istituzionali è andato a società, fondi e istituzioni governative saudite.

Dopo che nel 2016 erano state rese note le volontà di para isole privatizzazione, il Regno aveva iniziato a sondare le piazze di New York e Londra, ma la scelta finale è ricaduta su Riad anche per mandare il messaggio che il Paese era aperto agli investimenti globali. Obiettivo non esattamente raggiunto, visto che solo il 10 per cento delle offerte è extradomestico. Non solo però, perché l’Arabia Saudita ha preferito non rischiare col mercato estero, visto anche i prezzi del petrolio e i rischi geopolitici associati all’azienda — a settembre dimostrati con l’attacco Houthi/Iran a due infrastrutture che, danneggiate, hanno portato la produzione saudita al dimezzamento. Dal canto loro gli investitori stranieri potrebbero aver preferito di restare in fase di osservazione per via dell’alto costo delle azioni.

I funzionari sauditi starebbero in queste settimane portando avanti contatti con diversi attori internazionali per spostare all’estero una successiva quotazione. Si parla molto di Asia, Giappone e Cina in cima alla lista dei Paesi le cui borse potrebbero fare da piattaforme per un’altra tranche di quotazioni. Il prezzo delle azioni però sarà probabilmente sostenuto nei prossimi giorni dalla decisione della scorsa settimana dell’Opec, della Russia e di altre nazioni produttrici di petrolio di approfondire i tagli alla produzione nel tentativo di aumentare i prezzi. Il Brent, il punto di riferimento internazionale per il petrolio, è aumentato dell’1,8 per cento nell’ultima settimana.

La Aramco è la seconda compagnia del mondo per riserve controllare, dopo la venezuelana Pdvsa. Ha un capacita estrattiva senza eguali. Tira fuori petrolio da 498 pozzi disposti in 136 giacimenti, tutti con caratteristiche geologiche tali da abbassare i costi di produzione. Vale la pena ricordare che, come citato da MF, le tecniche estrattive saudite garantiscono una longevità dei reservoir superiore alla norma: “52 anni rispetto ai 9-17 anni di quelle dei concorrenti”.

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