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Gas a Cipro, Erdogan accende la miccia nel Mediterraneo?

Un incidente militare tra Turchia e Israele riapre la questione sulle conseguenze geopolitiche e strategiche delle reiterate provocazioni di Ankara nel Mediterraneo orientale. Il presidente turco Erdogan accende una miccia intrecciando i destini di Libia, Grecia, Israele e Cipro? E quali altre mosse si prefigurano all’orizzonte, dopo l’accordo stipulato con la Libia che investe anche la situazione alle porte di Tripoli?

SCONTRO O INTIMIDAZIONE?

Si apprende oggi che due settimane fa una nave da guerra turca ha “espulso” una nave da ricerca israeliana situata all’interno della Zee cipriota. La notizia è stata confermata dal ministero israeliano dell’energia. La nave Bat Galim del Servizio di ricerca oceanografica e lagunare aveva a bordo ricercatori dell‘Università Ben-Gurion e un geologo cipriota che conduceva ricerche subacquee sul gasdotto EastMed per volere del governo israeliano. La nave turca ha inviato un messaggio intimando l’allontanamento della nave israeliana perché si trovava “all’interno della Zee turca”, nonostante la nave stesse navigando su autorizzazione da parte delle autorità cipriote.

LE PROVOCAZIONI TURCHE

Appare evidente come in questo momento Ankara intenda contrastare in ogni modo la cooperazione trilaterale esistente tra Israele, Cipro e Grecia che si è compattata sul dossier energetico. Tel Aviv ritiene ormai strategica l’interlocuzione con Atene proprio perché fondata su interessi di lungo termine, come ribadito recentemente dall’ambasciatore israeliano ad Atene Yossi Amrani, annunciando altre partnership oltre il gas come quella nei settori della difesa. All’orizzonte la possibilità che il cosiddetto triumvirato del gas tra Atene, Nicosia e Tel Aviv si “allarghi” ad una sorta di alleanza di difesa, al fine di tutelare gli interessi nazionali dei tre player.

“La tensione sta effettivamente aumentando e sta diventando più frequente – ha puntualizzato Amrani con riferimento alle provocazioni di Erdogan – Siamo pienamente consapevoli delle implicazioni di politiche specifiche per la sovranità e la sicurezza, ma anche della nostra capacità di sfruttare le risorse naturali. Il nostro messaggio è chiaro”.

TENSIONI NEL MEDITERRANEO

Rispetto a 12 mesi fa, le tensioni sul gas in questo fazzoletto di acque mediterranee stanno aumentando esponenzialmente, soprattutto a seguito dell’accordo tra Turchia e Libia per un corridoio di Zee tra Ankara e Tripoli. Sul punto, dopo la crisi diplomatica tra Libia e Atene dettata dal fatto che l’accordo siglato non tiene conto dell’isola di Creta, ecco un nuovo punto di frizione. L’ambasciata libica in Egitto ha chiuso i battenti a causa di “preoccupazioni per la sicurezza” come recita una nota apparsa sul profilo Facebook.

L’ambasciata, che rappresenta il governo di unità nazionale (ECE) riconosciuto a livello internazionale, ha negato in una successiva dichiarazione che la sospensione della missione diplomatica fosse legata ai motivi di carattere interno (Haftar vs Serraj), citando generiche “violazioni” e tentativi di estorsione, senza fornire ulteriori dettagli. Lo stesso Serraj è stato ieri ospite del presidente turco (per la seconda volta in meno di un mese) senza che l’incontro fosse ufficialmente presente in agenda. Nonostante non siano trapelati elementi di merito, è verosimile che abbiano parlato del possibile invio di forze militari turche in Libia a sostegno del governo di Tripoli contro gli uomini di Haftar.

I SOSPETTI

A dimostrazione dell’elevato stato di agitazione nell’Egeo e nel Mediterraneo orientale, un ulteriore momento di confronto ci sarà oggi a Ginevra tra il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres e il ministro degli Esteri greco Nikos Dendias, per discutere di sicurezza regionale. Sullo sfondo le minacce di Erdogan non solo di sconfessare apertamente il Trattato di Losanna che nel 1923 stabilì i confini nell’Egeo (ma che Ankara contesta strumentalmente solo adesso per la scoperta del gas a Cipro), ma di impedire l’accesso degli Usa alla base turca di Incirlik, da cui il Pentagono ha da tempo avviato un progressivo disimpegno spostando uomini e mezzi in quattro basi elleniche.

twitter@FDepalo

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